A partire dall'esperienza associativa vissuta nelle ACLI e da quella amministrativa a Napoli e Castellammare di Stabia utilizzo questo spazio per affrontare i temi del dialogo tra le generazioni, del lavoro, della formazione, del welfare, della partecipazione e della loro necessaria innovazione.
Visualizzazione post con etichetta Walter Veltroni. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Walter Veltroni. Mostra tutti i post
domenica, gennaio 10, 2010
mercoledì, febbraio 18, 2009
LUIGI BOBBA: ORA RIPENSIAMO IL PD.
Onorevole Bobba, Veltroni si è dimesso. Aveva altra scelta? Avrebbe avuto senso restare? Bobba: La sua scelta è stata sicuramente un atto di coraggio, ma era anche inevitabile, dopo quattro sconfitte. In più, il Partito democratico è nato un anno e mezzo fa incardinato sulla sua leadership grazie alle primarie, un sistema che non era mai stato realizzato prima, e quindi con una forte legittimazione popolare, elettorale del leader. Credo quindi che l’identificazione di Veltroni con il Pd fosse nella nascita stessa del partito, e quindi oggi uno shock come le sue dimissioni, che è sicuramente pesante, forse vale più di una rassicurazione. Veltroni ha detto in queste ora: «Per tanti ero un problema». Per lei lo era? Bobba: Il tema non è da porre in questo modo. Queste dimissioni sono un punto di svolta: o partito si unisce, cercando di salvare questo esperimento ancora fragile, oppure rischia di liquefarsi, e che l’esperimento fallisca è nelle cose. Forse questo shock non ci dice se ci piace di più questo o quel dirigente, ma sicuramente ci obbliga a confrontarci e chiederci se siamo coinvinti o meno di questo esperimento, se vogliamo portarlo fino in fondo. Adesso che succede? Bobba: Non lo so, non ho la palla di cristallo; so comunque che chiunque prenderà il timone del partito dovrà cercare di fare quattro cose: primo, abbandonare un certo "nuovismo" che Veltroni aveva incarnato e che si è rivelato incapace di cogliere dinamiche reali della società; secondo, avere più chiarezza e linearità nel sistema delle alleanze; terzo, avviare una gestione meno leaderistica e più collegiale e coinvolgente, se si vuole salvare l’esperimento del Pd; da ultimo, curare maggiormente le modalità con cui il partito si relaziona, interpreta, ascolta e dà voce alle istanze della società, verificando la sua capacità di reinterpretare le domande del paese trasformandole in iniziative e proposte politiche. Sono queste le questioni obbligate su cui qualunque leader dovrà misurarsi. Lei ha preferenze? Bobba: È difficile dire. La mia preferenza è più nel metodo che nelle persone: a mio parere non può essere il solito caminetto a sciogliere il nodo della leadership, ma deve essere convocata l’assemblea, eletta con suffragio popolare, e da lì deve nascere sia la responsabilità del nuovo leader sia, soprattutto, la linea politica. Ripeto, se si vuole salvare questo esperimento occorre nettezza e chiarezza nelle scelte; altrimenti sarà difficile che gli elettori ci capiscano. |
sabato, ottobre 25, 2008
Discorso integrale di Walter Veltroni
Circo Massimo, 25 ottobre 2008
Quella di oggi, diciamocelo con orgoglio, è la prima grande manifestazione di massa del riformismo italiano, finalmente unito. E lo è perché il Partito Democratico è il più grande partito riformista che la storia d’Italia abbia mai conosciuto.
Un italiano su tre si riconosce, crede nel disegno di un riformismo moderno. E’ un fatto inedito nella lunga vicenda nazionale. E oggi, in questo luogo splendido e immenso, siamo qui, in tanti, perché vogliamo bene all’Italia, perché amiamo il nostro Paese.
Con lo stesso amore, il 14 ottobre di un anno fa, il Partito Democratico nasceva da un grande evento di popolo.
L’Italia è un Paese migliore della destra che lo governa in questo momento. Migliore della destra che nel tempo recente lo ha già governato, anche se qualcuno troppo spesso finge di dimenticarlo, per sette lunghi e improduttivi anni.
L’Italia è un grande Paese democratico, è un Paese che ama la democrazia.
Perché l’Italia non dimentica, non potrà mai dimenticare quanti hanno sofferto, quanti hanno dato la vita per la sua libertà.
Lunedì scorso ci ha lasciati un grande amico, un padre della Repubblica, un maestro di vita per tutti noi. Aveva venticinque anni, Vittorio Foa, quando fu condannato e messo in galera: perché era antifascista, perché pensava diversamente da chi era al potere.
E per chi crede che fino ad un certo punto ci sia stato un fascismo in fondo non troppo cattivo, va ricordato che era il 1935. Non era ancora arrivata la vergogna delle leggi razziali. Ma il regime aveva già fatto in tempo a sopprimere la libertà di stampa e quella di associazione, a chiudere partiti e sindacati, a calpestare il Parlamento e a incarcerare, mandare in esilio o uccidere chi non si piegava alla dittatura: Don Minzoni, Giacomo Matteotti, Piero Gobetti. E due anni dopo la stessa sorte sarebbe stara di Carlo e Nello Rosselli e di Antonio Gramsci.
L’Italia, signor Presidente del Consiglio, è un Paese antifascista.
clicca qui per leggere tutto
Un italiano su tre si riconosce, crede nel disegno di un riformismo moderno. E’ un fatto inedito nella lunga vicenda nazionale. E oggi, in questo luogo splendido e immenso, siamo qui, in tanti, perché vogliamo bene all’Italia, perché amiamo il nostro Paese.
Con lo stesso amore, il 14 ottobre di un anno fa, il Partito Democratico nasceva da un grande evento di popolo.
L’Italia è un Paese migliore della destra che lo governa in questo momento. Migliore della destra che nel tempo recente lo ha già governato, anche se qualcuno troppo spesso finge di dimenticarlo, per sette lunghi e improduttivi anni.
L’Italia è un grande Paese democratico, è un Paese che ama la democrazia.
Perché l’Italia non dimentica, non potrà mai dimenticare quanti hanno sofferto, quanti hanno dato la vita per la sua libertà.
Lunedì scorso ci ha lasciati un grande amico, un padre della Repubblica, un maestro di vita per tutti noi. Aveva venticinque anni, Vittorio Foa, quando fu condannato e messo in galera: perché era antifascista, perché pensava diversamente da chi era al potere.
E per chi crede che fino ad un certo punto ci sia stato un fascismo in fondo non troppo cattivo, va ricordato che era il 1935. Non era ancora arrivata la vergogna delle leggi razziali. Ma il regime aveva già fatto in tempo a sopprimere la libertà di stampa e quella di associazione, a chiudere partiti e sindacati, a calpestare il Parlamento e a incarcerare, mandare in esilio o uccidere chi non si piegava alla dittatura: Don Minzoni, Giacomo Matteotti, Piero Gobetti. E due anni dopo la stessa sorte sarebbe stara di Carlo e Nello Rosselli e di Antonio Gramsci.
L’Italia, signor Presidente del Consiglio, è un Paese antifascista.
mercoledì, aprile 09, 2008
martedì, marzo 04, 2008
Partito democratico: ecco le liste, i nomi, le sorprese, i mugugni.
Partito Democratico: presentate le liste elettorali con molte sorprese e molti mugugni
di Guido Laudani
Molte sorprese nelle liste delle candidature approvate dal Partito Democratico; innanzittutto due assenza eccellenti: non saranno presenti il costituzionalista Stefano Ceccanti e Giuseppe Lumia, vice-presidente della Commissione Antimafia.
In lista invece l’attuale ministro Vannini Chiti, che è capolista in Toscana al Senato, e Dario Franceschini, capolista alla Camera sempre per la Toscana. Ci saranno anche sei prodiani, compreso Silvio Sircana, portavoce del governo, e i cinque teodem che sono attualmente in Parlamento (Paola Binetti passa dal Senato alla Camera).
Francesco Rutelli sarà capolista al Senato in Umbria, l’oncologo Umberto Veronesi in Lombardia. Nessuna dichiarazione ufficiale alla fine della lunga riunione (prolungata per il problema di Caserta) e lo stesso Walter Veltroni, molto abbottonato, si è limitato a dire ai giornalisti "Tutto fatto".
Ecco l’elenco dei capolista per il Pd:
PIEMONTE: Piero Fassino e Luigi Bobba alla Camera, Emma Bonino al Senato.
LOMBARDIA: Matteo Colaninno, Enrico Letta e Antonello Soro alla Camera, Umberto Veronesi al Senato.
LIGURIA: Giovanna Melandri alla Camera e Roberta Pinotti al Senato.
VENETO: Massimo Calearo e Rosy Bindi alla Camera, Enrico Morando al Senato.
FRIULI VENEZIA GIULIA: Cesare Damiano alla Camera e Carlo Pegorer al Senato.
TRENTINO ALTO ADIGE: Gianclaudio Bressa alla Camera.
EMILIA ROMAGNA: Pierluigi Bersani alla Camera e Anna Finocchiaro al Senato.
TOSCANA: Dario Franceschini alla Camera e Vannino Chiti al Senato.
UMBRIA: Marina Sereni alla Camera e Francesco Rutelli al Senato.
MARCHE: Maria Paola Merloni alla Camera e Giorgio Tonini al Senato.
LAZIO: Marianna Madia e Donatella Ferranti alla Camera, Franco Marini al Senato.
ABRUZZO: Livia Turco alla Camera e Franco Marini al Senato.
MOLISE: Roberto Ruta alla Camera e Augusto Massa al Senato.
CAMPANIA: Massimo D’Alema e Pina Picierno alla Camera, Marco Follini al Senato.
BASILICATA Salvatore Margiotta alla Camera e Nicola La Torre al Senato.
CALABRIA: Marco Minniti alla Camera e Luigi De Sena al Senato.
PUGLIA: Massimo D’Alema alla Camera e Paolo De Castro al Senato.
SICILIA: Giuseppe Fioroni e Giuseppe Beretta alla Camera, Ignazio Marino al Senato.
SARDEGNA: Arturo Parisi alla Camera e Antonello Cabras al Senato.
"Rivolta" a Caserta, dove il coordinatore del Pd Sandro De Franciscis per protesta si è dimesso per l’assenza di esponenti locali nelle liste, dichiarando: "nelle liste campane sono presenti due rappresentanti della provincia di Benevento, un numeroso gruppo da Salerno e nessuno di Caserta. È una vergogna, evidentemente il Pd non ha bisogno dei voti casertani. Io voterò democratico, ma non posso garantire per i miei conterranei. Tanti auguri". Assenti quindi i fedelissimi di De Mita. E’ ipotizzabile localmente una forma di "assenza" dalla campagna elettorale, che non è una "diserzione" dal partito, ma un coinvolgimento solo individuale e non collettivo in politica.
di Guido Laudani
Molte sorprese nelle liste delle candidature approvate dal Partito Democratico; innanzittutto due assenza eccellenti: non saranno presenti il costituzionalista Stefano Ceccanti e Giuseppe Lumia, vice-presidente della Commissione Antimafia.
In lista invece l’attuale ministro Vannini Chiti, che è capolista in Toscana al Senato, e Dario Franceschini, capolista alla Camera sempre per la Toscana. Ci saranno anche sei prodiani, compreso Silvio Sircana, portavoce del governo, e i cinque teodem che sono attualmente in Parlamento (Paola Binetti passa dal Senato alla Camera).
Francesco Rutelli sarà capolista al Senato in Umbria, l’oncologo Umberto Veronesi in Lombardia. Nessuna dichiarazione ufficiale alla fine della lunga riunione (prolungata per il problema di Caserta) e lo stesso Walter Veltroni, molto abbottonato, si è limitato a dire ai giornalisti "Tutto fatto".
Ecco l’elenco dei capolista per il Pd:
PIEMONTE: Piero Fassino e Luigi Bobba alla Camera, Emma Bonino al Senato.
LOMBARDIA: Matteo Colaninno, Enrico Letta e Antonello Soro alla Camera, Umberto Veronesi al Senato.
LIGURIA: Giovanna Melandri alla Camera e Roberta Pinotti al Senato.
VENETO: Massimo Calearo e Rosy Bindi alla Camera, Enrico Morando al Senato.
FRIULI VENEZIA GIULIA: Cesare Damiano alla Camera e Carlo Pegorer al Senato.
TRENTINO ALTO ADIGE: Gianclaudio Bressa alla Camera.
EMILIA ROMAGNA: Pierluigi Bersani alla Camera e Anna Finocchiaro al Senato.
TOSCANA: Dario Franceschini alla Camera e Vannino Chiti al Senato.
UMBRIA: Marina Sereni alla Camera e Francesco Rutelli al Senato.
MARCHE: Maria Paola Merloni alla Camera e Giorgio Tonini al Senato.
LAZIO: Marianna Madia e Donatella Ferranti alla Camera, Franco Marini al Senato.
ABRUZZO: Livia Turco alla Camera e Franco Marini al Senato.
MOLISE: Roberto Ruta alla Camera e Augusto Massa al Senato.
CAMPANIA: Massimo D’Alema e Pina Picierno alla Camera, Marco Follini al Senato.
BASILICATA Salvatore Margiotta alla Camera e Nicola La Torre al Senato.
CALABRIA: Marco Minniti alla Camera e Luigi De Sena al Senato.
PUGLIA: Massimo D’Alema alla Camera e Paolo De Castro al Senato.
SICILIA: Giuseppe Fioroni e Giuseppe Beretta alla Camera, Ignazio Marino al Senato.
SARDEGNA: Arturo Parisi alla Camera e Antonello Cabras al Senato.
"Rivolta" a Caserta, dove il coordinatore del Pd Sandro De Franciscis per protesta si è dimesso per l’assenza di esponenti locali nelle liste, dichiarando: "nelle liste campane sono presenti due rappresentanti della provincia di Benevento, un numeroso gruppo da Salerno e nessuno di Caserta. È una vergogna, evidentemente il Pd non ha bisogno dei voti casertani. Io voterò democratico, ma non posso garantire per i miei conterranei. Tanti auguri". Assenti quindi i fedelissimi di De Mita. E’ ipotizzabile localmente una forma di "assenza" dalla campagna elettorale, che non è una "diserzione" dal partito, ma un coinvolgimento solo individuale e non collettivo in politica.
lunedì, febbraio 18, 2008
Il dodecalogo di Walter
Veltroni, ecco i dodici punti del suo programa elettorale
LA SCHEDA. Gli impegni programmatici annunciati dal candidato premier del Pd
ROMA - Ecco in sintesi, le "dodici proposte innovative per cambiare l’Italia" che il candidato premier del Pd ha esposto alla platea dell’assemblea costituente del Pd.
Primo. Scegliere come priorità infrastrutture e qualità ambientale. No alla protesta Nimby e sì al coinvolgimento e alla consultazione dei cittadini. Sì agli impianti per produrre energia pulita, ai rigassificatori, ai termovalorizzatori e all’Alta Velocità e al completamento della Tav.
Secondo. Innovazione del Mezzogiorno. No ad una "politica per il Mezzogiorno che disperda fondi in una miriade di programmi, mentre diciamo sì ad una drastica e veloce revisione dei programmi europei.
Terzo. Controllo della spesa pubblica. Il governo Prodi ha risanato e migliorato i conti pubblici. Per questo il nostro slogan è spendere meglio, spendere meno.
Quarto. "Fare quello che non è mai stato fatto": ridurre le tasse ai contribuenti leali ai lavoratori dipendenti e autonomi. A partire dal 2009 un punto in meno di Irpef ogni anno per tre anni
Quinto. Investire sul lavoro delle donne. Noi vogliamo trasformare il capitale umano femminile in un asso per la partita dello sviluppo.
Sesto. Il problema della casa. Aumentare le case in affitto e "costruzione di circa 700 mila nuove case da mettere sul mercato a canoni compresi tra i 300 e i 500 euro".
Settimo. Invertire il trend demografico mediante l’istituzione di una dote fiscale per il figlio. 2500 euro al primo figlio e aiuti per gli asili nido.
Ottavo. L’università. Cento nuovi campus universitari e scolastici entro il 2010.
Nono. Lotta alla precarietà, qualità del lavoro e sua sicurezza. I giovani precari dovranno raggiungere il minimo di 1.000 euro mensili.
Decimo. La sicurezza. Maggiori fondi per le forze dell’ordine e certezza della pena come uno dei cardini dell’azione di governo del centrosinistra.
Undicesimo. Giustizia e legalità. Da troppi anni c’è uno scontro nel Paese. Nell’ordinamento verrà inserito il principio della non candidabilità in Parlamento dei cittadini condannati per reati gravissimi connessi alla mafia, camorra e criminalità organizzata o per corruzione o concussione.
Dodicesimo. L’innovazione. Portare la banda larga in tutta l’Italia, garantire a tutti una tv di qualità, superare il duopolio tv e correggere gli eccessi di concentrazione delle risorse economiche.
LA SCHEDA. Gli impegni programmatici annunciati dal candidato premier del Pd
ROMA - Ecco in sintesi, le "dodici proposte innovative per cambiare l’Italia" che il candidato premier del Pd ha esposto alla platea dell’assemblea costituente del Pd.
Primo. Scegliere come priorità infrastrutture e qualità ambientale. No alla protesta Nimby e sì al coinvolgimento e alla consultazione dei cittadini. Sì agli impianti per produrre energia pulita, ai rigassificatori, ai termovalorizzatori e all’Alta Velocità e al completamento della Tav.
Secondo. Innovazione del Mezzogiorno. No ad una "politica per il Mezzogiorno che disperda fondi in una miriade di programmi, mentre diciamo sì ad una drastica e veloce revisione dei programmi europei.
Terzo. Controllo della spesa pubblica. Il governo Prodi ha risanato e migliorato i conti pubblici. Per questo il nostro slogan è spendere meglio, spendere meno.
Quarto. "Fare quello che non è mai stato fatto": ridurre le tasse ai contribuenti leali ai lavoratori dipendenti e autonomi. A partire dal 2009 un punto in meno di Irpef ogni anno per tre anni
Quinto. Investire sul lavoro delle donne. Noi vogliamo trasformare il capitale umano femminile in un asso per la partita dello sviluppo.
Sesto. Il problema della casa. Aumentare le case in affitto e "costruzione di circa 700 mila nuove case da mettere sul mercato a canoni compresi tra i 300 e i 500 euro".
Settimo. Invertire il trend demografico mediante l’istituzione di una dote fiscale per il figlio. 2500 euro al primo figlio e aiuti per gli asili nido.
Ottavo. L’università. Cento nuovi campus universitari e scolastici entro il 2010.
Nono. Lotta alla precarietà, qualità del lavoro e sua sicurezza. I giovani precari dovranno raggiungere il minimo di 1.000 euro mensili.
Decimo. La sicurezza. Maggiori fondi per le forze dell’ordine e certezza della pena come uno dei cardini dell’azione di governo del centrosinistra.
Undicesimo. Giustizia e legalità. Da troppi anni c’è uno scontro nel Paese. Nell’ordinamento verrà inserito il principio della non candidabilità in Parlamento dei cittadini condannati per reati gravissimi connessi alla mafia, camorra e criminalità organizzata o per corruzione o concussione.
Dodicesimo. L’innovazione. Portare la banda larga in tutta l’Italia, garantire a tutti una tv di qualità, superare il duopolio tv e correggere gli eccessi di concentrazione delle risorse economiche.
lunedì, febbraio 04, 2008
Elezioni probabili il 13 aprile
Consultazioni: confermate le posizioni, si va verso lo scioglimento della Camere
lunedì 04 febbraio 2008
Non ci sono state sorprese nelle consultazioni che Franco Marini ha avuto con i leader dei maggiori partiti. Così Silvio Berlusconi è rimasto sulle sue posizioni chiedendo il voto subuto per avere un governo "immediatamente operativo".Stessa linea per Gianfranco Fini per il quale "non ci sono le condizioni" per formare un governo per le riforme, tanto meno per fare il referendum. Non è stato dello stesso avviso Walter Veltroni che si è detto disposto a varare un governo a termine.
"Al presidente Marini abbiamo detto che per noi rimane valida l'ipotesi di un governo che in tre mesi, non in trent'anni, faccia una nuova legge elettorale per dare agli italiani la possibilità di scegliere, un intervento su salari e produttività e un intervento per la riforma della politica", ha sottolineato il leader del Pd Walter Veltroni dopo l'incontro con il presidente incaricato. "La nostra è una posizione ragionevole alla quale poteva corrispondere l'impegno di tutti. Registro la reazione della Cdl - ha aggiunto il leader del Pd - e credo che il rischio possa essere di un'ulteriore occasione mancata per la politica italiana". "Credo che dietro certe valutazioni ci sia la consapevolezza che uno schieramento di 14 partiti difficilmente può governare il Paese".
"Ho fiducia nella consueta saggezza del presidente Napolitano alla luce dei contenuti che gli trasmetterà il presidente Marini. Quanto dirà Napolitano sarà da noi assolutamente condiviso": così Walter Veltroni risponde a chi gli chiede se esistano spazi per un ulteriore incarico se Franco Marini scioglierà la sua riserva in senso negativo.
Se il presidente Napolitano dovesse optare per lo scioglimento domani, 5 febbraio, la prima domenica utile per le elezioni sarebbe il 23 marzo, ma sarà il giorno di Pasqua e dunque non si potrà votare. L'ultima domenica papabile é invece quella del 13 aprile. La scelta, dunque, dovrebbe cadere tra il 30-31 marzo, il 6-7 aprile e il 13-14 aprile.
lunedì 04 febbraio 2008
Non ci sono state sorprese nelle consultazioni che Franco Marini ha avuto con i leader dei maggiori partiti. Così Silvio Berlusconi è rimasto sulle sue posizioni chiedendo il voto subuto per avere un governo "immediatamente operativo".Stessa linea per Gianfranco Fini per il quale "non ci sono le condizioni" per formare un governo per le riforme, tanto meno per fare il referendum. Non è stato dello stesso avviso Walter Veltroni che si è detto disposto a varare un governo a termine.
"Al presidente Marini abbiamo detto che per noi rimane valida l'ipotesi di un governo che in tre mesi, non in trent'anni, faccia una nuova legge elettorale per dare agli italiani la possibilità di scegliere, un intervento su salari e produttività e un intervento per la riforma della politica", ha sottolineato il leader del Pd Walter Veltroni dopo l'incontro con il presidente incaricato. "La nostra è una posizione ragionevole alla quale poteva corrispondere l'impegno di tutti. Registro la reazione della Cdl - ha aggiunto il leader del Pd - e credo che il rischio possa essere di un'ulteriore occasione mancata per la politica italiana". "Credo che dietro certe valutazioni ci sia la consapevolezza che uno schieramento di 14 partiti difficilmente può governare il Paese".
"Ho fiducia nella consueta saggezza del presidente Napolitano alla luce dei contenuti che gli trasmetterà il presidente Marini. Quanto dirà Napolitano sarà da noi assolutamente condiviso": così Walter Veltroni risponde a chi gli chiede se esistano spazi per un ulteriore incarico se Franco Marini scioglierà la sua riserva in senso negativo.
Se il presidente Napolitano dovesse optare per lo scioglimento domani, 5 febbraio, la prima domenica utile per le elezioni sarebbe il 23 marzo, ma sarà il giorno di Pasqua e dunque non si potrà votare. L'ultima domenica papabile é invece quella del 13 aprile. La scelta, dunque, dovrebbe cadere tra il 30-31 marzo, il 6-7 aprile e il 13-14 aprile.
sabato, febbraio 02, 2008
Ora e sempre Resistenza (anche nel Pd, meno male....)
"Ritengo che i principi della Resistenza e dell'antifascismo debbano essere richiamati nel Manifesto dei valori del Partito democratico". Lo afferma Walter Veltroni in una lettera ad Alfredo Reichlin e a tutti i componenti la Commissione Valori del Pd. "Ho letto, questa mattina - osserva Veltroni - alcune osservazioni e perplessita' sull'assenza di un riferimento esplicito alla Resistenza e all'antifascismo nel Manifesto dei valori del Partito democratico. Non puo', evidentemente, essersi trattato di altro che la conseguenza del fatto che quei valori, che sono quelli della democrazia e della liberta', sono parte integrante di noi, della nostra storia e identita'. Cio' e' tanto piu' vero se solo si pensa che uno dei protagonisti dell'estensione del documento e' Alfredo Reichlin, che fu uno degli artefici della Resistenza romana". "La Resistenza, i principi che l'hanno animata e sostenuta, sono - prosegue Veltroni - patrimonio fondamentale e naturale del Partito democratico. Fanno parte della nostra cultura, accompagnano il nostro modo di essere e di intendere la politica. Sono un valore acquisito, nostro e degli italiani. E' nella Resistenza, che affonda le sue radici la nostra Repubblica. E' grazie a quella rinascita civile e morale che l'Italia ha riguadagnato la liberta' e si sono potuti affermare i principi fondamentali della nostra Costituzione. E' li', in quel tempo e in quelle scelte, il valore del "patriottismo costituzionale" richiamato dal Presidente Giorgio Napolitano. Ed e' li' il momento fondante della nostra unita' nazionale, della nostra democrazia, della nostra convivenza civile, del nostro orgoglioso essere italiani. Tutto questo e' scritto nell'identita' del Partito democratico".
sabato, gennaio 26, 2008
D'Alema: Governo per salvare Italia, ma se si vota Pd e' pronto
di Corrado Sessa
ROMA - "Un governo per salvare l'Italia", evitando di precipitarla, invece, verso una "irresponsabile resa dei conti". Massimo D'Alema si schiera al fianco di Walter Veltroni nel pressing su Silvio Berlusconi perché la crisi non abbia come sbocco solo il voto. Vicepremier e segretario del Pd sostengono ad una voce la possibilità di un governo a tempo che cambi la legge elettorale, in modo da evitare "coalizioni caravanserraglio" e esecutivi con le mani legate dai veti incrociati. La mattina, al convegno dei liberal del Pd al Teatro Ambra Jovinelli, Veltroni fa appello alla "responsabilità" di Berlusconi e Fini, apprezza l'apertura di Casini ad un esecutivo istituzionale. Nel pomeriggio, davanti a una platea di 4.000 persone arrivate all'Auditorium del Massimo per celebrare i 10 anni della Fondazione ItalianiEuropei, D'Alema ha ripetuto il concetto. Ma è andato anche oltre, avvertendo Berlusconi che il Pd "non ha paura" del voto ed è pronto alla sfida, "rispettando la propria vocazione maggioritaria, cioé presentando un programma di governo e facendo accordi con chi lo condivide". Parole che hanno galvanizzato una platea delusa per la crisi di governo e anche preoccupata per la piega che può prendere il confronto nel partito ("No al centralismo democratico", ha chiesto nel suo intervento il professor Roberto Gualtieri). "Piuttosto che fiondarsi in una contesa senza senso in un fracasso che non può che peggiorare le cose - dice D'Alema - la classe dirigente dovrebbe dimostrare senso di responsabilità. Occorre un governo per salvare il paese". Il vicepremier invita a ripartire dalla bozza Bianco, dal testo di riforma della Costituzione all'esame della Camera, dalla riforma dei regolamenti parlamentari per bloccare l'effetto "cluster bomb" delle attuali liste elettorali, che portano alla moltiplicazione di micropartiti in Parlamento, e dalla riduzione dei costi della politica. "Abbiamo dei dubbi però - aggiunge - che l'appello rivolto a Berlusconi possa essere accolto, vista la sua propensione a privilegiare il proprio interesse".
D'Alema dipinge il Cavaliere come una persona la cui "bramosia di tornare al potere è più forte degli interessi generali". "Temo questo suo atteggiamento, ma dobbiamo insistere fino all'ultimo", dice. Se poi il centrodestra chiuderà la porta, "dobbiamo essere pronti anche alla sfida elettorale". "Non siamo mossi da paure sull'esito al limite - ironizza - torneremo a fare quello che abbiamo fatto per una vita, l'opposizione... Se avessimo voluto stare sempre al governo, avremmo scelto un'altra vita". D'Alema tende la mano a Veltroni. "La grande novità" del Pd, sarà il punto di forza della contesa elettorale, un partito che si stringe intorno al suo segretario: "E' evidente che chi lo ha eletto deve conferirgli, oggi più che mai, quella delega di autorità e fiducia di cui c'é bisogno in questo momento". Ed è anche sul tema delle alleanze che i due leader sembrano convergere. "Vogliamo programmi chiari e alleanze che in quei programmi si riconoscano", aveva detto in mattinata Veltroni. Una versione attenuata dell' "andiamo da soli" di Orvieto, mantenendo però il punto che il Pd, come ha precisato D'Alema "é una forza votata a governare con ispirazione maggioritaria, così come avviene in Europa, dove i partiti non si limitano ad essere solo parti di una coalizione". Insomma, "una via di mezzo" tra l'andare da soli e il presentarsi tutti insieme, come ha chiesto il fassiniano Cesare Damiano. E un modo per aderire anche all'invito di Pier Luigi Bersani a "non partire dal presupposto di correre da soli". A suggellare l'intesa al vertice del Pd arriva, a fine giornata, il plauso di Goffredo Bettini, braccio destro di Veltroni, alle parole di D'Alema: "Un contributo di grande rilievo per affrontare nel migliore dei modi i giorni difficili che ci stanno di fronte. Un aiuto decisivo a rafforzare l'unità del gruppo dirigente del Pd".
ROMA - "Un governo per salvare l'Italia", evitando di precipitarla, invece, verso una "irresponsabile resa dei conti". Massimo D'Alema si schiera al fianco di Walter Veltroni nel pressing su Silvio Berlusconi perché la crisi non abbia come sbocco solo il voto. Vicepremier e segretario del Pd sostengono ad una voce la possibilità di un governo a tempo che cambi la legge elettorale, in modo da evitare "coalizioni caravanserraglio" e esecutivi con le mani legate dai veti incrociati. La mattina, al convegno dei liberal del Pd al Teatro Ambra Jovinelli, Veltroni fa appello alla "responsabilità" di Berlusconi e Fini, apprezza l'apertura di Casini ad un esecutivo istituzionale. Nel pomeriggio, davanti a una platea di 4.000 persone arrivate all'Auditorium del Massimo per celebrare i 10 anni della Fondazione ItalianiEuropei, D'Alema ha ripetuto il concetto. Ma è andato anche oltre, avvertendo Berlusconi che il Pd "non ha paura" del voto ed è pronto alla sfida, "rispettando la propria vocazione maggioritaria, cioé presentando un programma di governo e facendo accordi con chi lo condivide". Parole che hanno galvanizzato una platea delusa per la crisi di governo e anche preoccupata per la piega che può prendere il confronto nel partito ("No al centralismo democratico", ha chiesto nel suo intervento il professor Roberto Gualtieri). "Piuttosto che fiondarsi in una contesa senza senso in un fracasso che non può che peggiorare le cose - dice D'Alema - la classe dirigente dovrebbe dimostrare senso di responsabilità. Occorre un governo per salvare il paese". Il vicepremier invita a ripartire dalla bozza Bianco, dal testo di riforma della Costituzione all'esame della Camera, dalla riforma dei regolamenti parlamentari per bloccare l'effetto "cluster bomb" delle attuali liste elettorali, che portano alla moltiplicazione di micropartiti in Parlamento, e dalla riduzione dei costi della politica. "Abbiamo dei dubbi però - aggiunge - che l'appello rivolto a Berlusconi possa essere accolto, vista la sua propensione a privilegiare il proprio interesse".
D'Alema dipinge il Cavaliere come una persona la cui "bramosia di tornare al potere è più forte degli interessi generali". "Temo questo suo atteggiamento, ma dobbiamo insistere fino all'ultimo", dice. Se poi il centrodestra chiuderà la porta, "dobbiamo essere pronti anche alla sfida elettorale". "Non siamo mossi da paure sull'esito al limite - ironizza - torneremo a fare quello che abbiamo fatto per una vita, l'opposizione... Se avessimo voluto stare sempre al governo, avremmo scelto un'altra vita". D'Alema tende la mano a Veltroni. "La grande novità" del Pd, sarà il punto di forza della contesa elettorale, un partito che si stringe intorno al suo segretario: "E' evidente che chi lo ha eletto deve conferirgli, oggi più che mai, quella delega di autorità e fiducia di cui c'é bisogno in questo momento". Ed è anche sul tema delle alleanze che i due leader sembrano convergere. "Vogliamo programmi chiari e alleanze che in quei programmi si riconoscano", aveva detto in mattinata Veltroni. Una versione attenuata dell' "andiamo da soli" di Orvieto, mantenendo però il punto che il Pd, come ha precisato D'Alema "é una forza votata a governare con ispirazione maggioritaria, così come avviene in Europa, dove i partiti non si limitano ad essere solo parti di una coalizione". Insomma, "una via di mezzo" tra l'andare da soli e il presentarsi tutti insieme, come ha chiesto il fassiniano Cesare Damiano. E un modo per aderire anche all'invito di Pier Luigi Bersani a "non partire dal presupposto di correre da soli". A suggellare l'intesa al vertice del Pd arriva, a fine giornata, il plauso di Goffredo Bettini, braccio destro di Veltroni, alle parole di D'Alema: "Un contributo di grande rilievo per affrontare nel migliore dei modi i giorni difficili che ci stanno di fronte. Un aiuto decisivo a rafforzare l'unità del gruppo dirigente del Pd".
martedì, gennaio 22, 2008
GOVERNO: PRODI NON MOLLA, VERIFICA CRISI SIA IN PARLAMENTO
Andare fino in fondo, come sempre. E prima di salire al Colle, verificare in Aula se davvero la maggioranza di centrosinistra non esiste piu'. Se davvero, insomma, l'Udeur votera' contro il governo che ha contribuito a far nascere e che ha sostenuto. Solo in quel caso, la crisi sarebbe reale e la via d'uscita inevitabile: tornare alle urne.
Romano Prodi, ancora una volta, non molla. E dopo la sorpresa e l'amarezza per lo strappo di Clemente Mastella, annunciato ai giornalisti prima che allo stesso presidente del Consiglio (al quale l'ex Guardasigilli fa recapitare una lettera in cui spiega le ragioni del suo abbandono), indica la strada che intende seguire per uscire dall'ennesima, e per molti stavolta decisiva, fase critica. E lo fa convocando a Palazzo Chigi un vertice - dopo avere informato telefonicamente il Capo dello Stato, Giorgio Naplitano - ''aperto a tutti'', che vede riunirsi a caldo, nel tardo pomeriggio di ieri, i vari esponenti del Partito democratico, a cominciare dal segretario Walter Veltroni, a cui si aggiungono poi, in serata, leader e segretari di partito. A Prodi, dunque, secondo quanto riferiscono anche alcuni dei presenti alla riunione, non basta constatare che Mastella per due giorni si sia reso irraggiungibile. Non basta apprendere dalle agenzie, mentre si trovava a colloquio con il presidente della Repubblica di Timor Est, che un pezzo dell'Unione non c'e' piu'. E non intende recarsi al Quirinale senza l'assoluta certezza che i fatti stavolta siano conseguenti ad annunci e minacce di crisi, ipotesi ventilate gia' numerose volte negli ultimi mesi. Quindi, tecnicamente, il premier intende parlamentarizzare la crisi. Partendo dalla Camera, dove oggi interverra' in Aula, nell'orario che stabiliranno stamattina i capigruppo: sara' il primo banco di prova. Non tanto per una questione prettamente numerica, perche' a Montecitorio, visto lo scarto elevato tra maggioranza ed opposizione, un voto di fiducia al governo, anche senza Udeur, appare scontato. Ma e' proprio la mossa del Campanile, in un verso o nell'altro, che potrebbe far decidere al Professore se insistere, incaponirsi, e andare contro una quasi certa sconfitta, riproponendo la questione all'Aula di Palazzo Madama. Oppure, prendere atto della caduta inevitabile e desistere, preferendo a quel punto recarsi dal presidente della Repubblica e rimettere nelle sue mani il mandato. Comunicandogli, al contempo, la propria indisponibilita' a guidare un governo di transizione.
BERLUSCONI: LA PAROLA AI CITTADINI.
''Una crisi che era gia' evidente nei fatti'' ha detto Silvio Berlusconi commentando l'annuncio dell'Udeur. ''Ora - ha aggiunto - e' indispensabile e urgente ridare la parola ai cittadini''. Pierferdinando Casini ha detto che a questo punto ''la crisi e' inevitabile. Mi auguro che questo sia l'epilogo di una fase politica determinata dall'accanimento con cui all'indomani delle elezioni non si e' guardata in faccia la realta'. Si tratta di un fatto politico e istituzionale di rilievo che non puo' non coinvolgere il Quirinale''.
Anche la Lega chiedera' che Prodi si dimetta subito per andare direttamente alle elezioni ''e che non si facciano pasticci con governi tecnici o istituzionali. Quando Prodi verra' alla Camera alle 9 per il dibattito sulla relazione sulla giustizia - ha detto Roberto Maroni - chiedero' la sospensione dei lavori e la convocazione immediata della conferenza dei capigruppo: non si puo' discutere della relazione della giustizia con un premier che non ha piu' la maggioranza''.
BERTINOTTI: E' CRISI. RIFORME SONO URGENTI.
Con la scelta di Clemente Mastella di uscire dalla maggioranza si apre di fatto la crisi di governo. Una crisi che deve portare non alle elezioni ma ad un governo istituzionale che realizzi quelle riforme che ''non possono aspettare''. Lo lascia intendere il presidente della Camera Fausto Bertinotti in una intervista alla Stampa.
Per Bertinotti, la soluzione della crisi passerebbe per questa strada e ''il modo con cui questo accade, il carattere tortuoso, e ora extraparlamentare di questa crisi, dice quanto sia acuta la malattia politico-istituzionale del paese''.
Di fronte a quanto sta accadendo la priorita' sono le riforme, sostiene con forza la terza carica dello Stato.
Riforme, afferma, che ''il Paese non puo' piu' attendere''.
Secondo Bertinotti ''dobbiamo tutti insieme operare interventi di riforma, e non coprire la crisi con l'idea di un presunto conflitto tra poteri dello Stato. Da qui, da questa istituzione, non si apprezza nessun conflitto con la magistratura. Ci sono semmai puntiformi, e ripeto puntiformi elementi di conflitto, che in quanto tali sono perfettamente risolvibili''. Il Parlamento, per Bertinotti, ''soffre una specie di separatezza col Paese, quella agitata dall'antipolitica. La soluzione non puo' che essere l'avvio di una puntuale risposta, con grandi riforme che sblocchino il sistema politico-istituzionale. E vorrei sottolineare che la riforma della legge elettorale, le modifiche costituzionali e dei regolamenti parlamentari non sono una deviazione - conclude Bertinotti - dai grandi temi sociali, ma il modo per poter affrontare e risolvere quei problemi''.
venerdì, gennaio 11, 2008
Il magistero della Chiesa: Casavola sul Papa e Roma
È sperabile che l’incontro di Benedetto XVI con il sindaco di Roma e i presidenti della Regione Lazio e della Provincia di Roma, non dia adito a insidiosi commenti critici, ma sia accolto nei suoi profili positivi. Che nella capitale della Repubblica risieda un’autorità religiosa non allineabile nella scacchiera dei leader istituzionali e politici dovrebbe agevolarne l’ascolto quando parli dello stato della vita urbana in Roma. La sincerità e serietà dei rilievi è fuori discussione. I dati di esperienza, che affiorano nelle cronache cittadine e su cui si muovono frequenti inchieste giornalistiche, sono filtrati da quella rete particolare di sensori di cui la Chiesa dispone, con le sue comunità parrocchiali e le tante capillari realtà associative del laicato.Gli stati d’animo della popolazione sono colti non nell’attimo emozionale di un evento eccezionale o drammatico, ma nella loro lunga durata e permanente giustificazione. La insicurezza della povertà per i senza lavoro o con lavoro insufficientemente retribuito, o per abitazioni esosamente locate, o per famiglie non soccorse dalla solidarietà pubblica o dalla carità privata. Insicurezza dinanzi alla vecchiaia o alla malattia o alla solitudine. Insicurezza per la estraneazione reciproca di una popolazione mescolata di residenti e di migranti, divisi da sempre crescenti disparità di condizioni economiche, da origini regionali e nazionali e etniche e religiose diverse. E poi si tocca il culmine della insicurezza nell’impatto con la violenza delle aggressioni, delle rapine, degli stupri, degli omicidi in strada e in casa. Il Papa ha citato il caso tragicamente emblematico della uccisione della signora Giovanna Reggiani a Tor di Quinto. Le periferie, sempre più evocatrici delle favelas sudamericane, rifluiscono con i loro erratici marginali nei quartieri del centro. E allora la insicurezza strutturale diventa problema di polizia. E si dimentica che ne sono causa politiche sociali e urbanistiche. Ma che cosa può dire la Chiesa, oltre la rilevazione dei fatti? Non può disegnare una strategia di welfare, né un progetto di riordino o risanamento urbano. Non ne ha competenza. La Chiesa arresta la sua missione alla educazione delle coscienze, perché gli uomini spendano la loro vita nel bene, non la distruggano nel male arrecato a sé e agli altri. Perciò la Chiesa su questo confine si fa sollecita delle famiglie. La istituzione familiare da millenni assolve il compito di umanizzare sin dalla nascita gli esseri umani, negli affetti, nelle virtù morali, nella disciplina sociale. Questo ruolo della famiglia ha da sempre richiesto una organizzazione al costume sociale, alla legge civile, alla costituzione politica, e per i credenti a una religione. Oggi al modello di famiglia, consegnatoci attraverso un lungo processo di civilizzazione, cui hanno contribuito il diritto romano, il cristianesimo e i legislatori liberali, sembra volersi contrapporre, e non soltanto affiancare, un modello più immediatamente funzionale agli ideali individualistici della post-modernità. Il Novecento ha avuto come problema cruciale quello dello Stato, nelle sue filosofie e nelle sue guerre. Il nuovo millennio lo sta incontrando nella famiglia, come dilemma del suo superamento o della sua rinnovazione. Perché rifiutarsi di discuterne, quando si condivida una comune speranza nel migliore futuro dell’uomo?
Francesco Paolo Casavola
Francesco Paolo Casavola
ROMA: "Riduttivo leggere parole di Benedetto XVI in chiave negativa"
PAPA/ ACLI ROMA: SPRONE A MIGLIORARE CONDIZIONI DI NOSTRA CITTA'
"Riduttivo leggere parole di Benedetto XVI in chiave negativa"
Roma, 10 gen. (Apcom) - "La parole del Papa sono uno sprone ad andare avanti e a migliorare le condizioni di vita nella nostra città": questo il pensiero del presidente delle Acli di Roma, Gianluigi De Palo, dopo il discorso di Benedetto XVI nell'udienza per gli auguri di inizio anno con il sindaco Walter Veltroni, la giunta comunale, il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, e il presidente della Provincia, Enrico Gasbarra.
"Credo sia importante ristabilire una gerarchia di priorità. Non è possibile lavorare sempre sull'emergenza. Anche perché la sensazione è che ci sia una città reale, che è quella di cui parla il Papa, dove le famiglie in difficoltà riescono a malapena ad arrivare a fine mese, dove i giovani non trovano il lavoro e gli immigrati vivono vite al limite della dignità; e una città virtuale dove i problemi maggiori sembrano essere quelli relativi alle battaglie ideologiche. In tal senso vedo necessaria una pianificazione e un coinvolgimento maggiore delle Associazioni che non solo sono insostituibili, ma in molti casi sono le uniche che lavorano in quelle zone di frontiera dove le Istituzioni latitano. Le Acli di Roma sono disponibili per una seria politica di concertazione".
De Palo vuole andare oltre le "sterili polemiche", di legge in una nota, e richiama l'attenzione di Comune, Provincia e Regione in particolare verso le famiglie: "Sono sicuro che il Vescovo di Roma con il suo intervento voleva richiamare l'attenzione sulle reali difficoltà delle persone. E' riduttivo leggere ogni volta le parole di Benedetto XVI in chiave negativa. Semmai il suo intervento ha evidenziato come ogni scelta deve tenere sempre presente il Bene Comune e mai il singolo individuo, a cominciare dall'attenzione all'istituzione della famiglia, spesso minata da attacchi insistenti e minacciosi".
"Riduttivo leggere parole di Benedetto XVI in chiave negativa"
Roma, 10 gen. (Apcom) - "La parole del Papa sono uno sprone ad andare avanti e a migliorare le condizioni di vita nella nostra città": questo il pensiero del presidente delle Acli di Roma, Gianluigi De Palo, dopo il discorso di Benedetto XVI nell'udienza per gli auguri di inizio anno con il sindaco Walter Veltroni, la giunta comunale, il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo, e il presidente della Provincia, Enrico Gasbarra.
"Credo sia importante ristabilire una gerarchia di priorità. Non è possibile lavorare sempre sull'emergenza. Anche perché la sensazione è che ci sia una città reale, che è quella di cui parla il Papa, dove le famiglie in difficoltà riescono a malapena ad arrivare a fine mese, dove i giovani non trovano il lavoro e gli immigrati vivono vite al limite della dignità; e una città virtuale dove i problemi maggiori sembrano essere quelli relativi alle battaglie ideologiche. In tal senso vedo necessaria una pianificazione e un coinvolgimento maggiore delle Associazioni che non solo sono insostituibili, ma in molti casi sono le uniche che lavorano in quelle zone di frontiera dove le Istituzioni latitano. Le Acli di Roma sono disponibili per una seria politica di concertazione".
De Palo vuole andare oltre le "sterili polemiche", di legge in una nota, e richiama l'attenzione di Comune, Provincia e Regione in particolare verso le famiglie: "Sono sicuro che il Vescovo di Roma con il suo intervento voleva richiamare l'attenzione sulle reali difficoltà delle persone. E' riduttivo leggere ogni volta le parole di Benedetto XVI in chiave negativa. Semmai il suo intervento ha evidenziato come ogni scelta deve tenere sempre presente il Bene Comune e mai il singolo individuo, a cominciare dall'attenzione all'istituzione della famiglia, spesso minata da attacchi insistenti e minacciosi".
sabato, ottobre 27, 2007
INTERVENTO DI WALTER VELTRONI alla Costituente del PD
“Siamo giunti fin qui, si è aperta una porta di speranza”. Sono parole che vengono dalla rivoluzione democratica inglese, e mi paiono particolarmente adatte a una giornata straordinaria come questa.
Siamo giunti fin qui: finalmente i democratici, i riformisti italiani, hanno un partito. Una casa comune, grande e nuova. Il sogno che insieme a Romano Prodi abbiamo coltivato per così tanto tempo è diventato realtà. Con lui abbiamo camminato a lungo. Sono stati anni di lavoro e di impegno, che hanno messo alla prova la nostra fiducia e la nostra tenacia.
Siamo giunti fin qui: finalmente i democratici, i riformisti italiani, hanno un partito. Una casa comune, grande e nuova. Il sogno che insieme a Romano Prodi abbiamo coltivato per così tanto tempo è diventato realtà. Con lui abbiamo camminato a lungo. Sono stati anni di lavoro e di impegno, che hanno messo alla prova la nostra fiducia e la nostra tenacia.
domenica, ottobre 14, 2007
lunedì, luglio 16, 2007
Pd,Rosy Bindi ( foto ) si candida alla segreteria,per "competizione vera"
Il ministro per la Famiglia Rosy Bindi ha deciso di candidarsi alla segreteria del Partito democratico, "per una nuova competizione" e per dare un'opportunità alle donne, come si legge in una nota.
"Anch'io, come tanti, sento la responsabilità di un impegno in prima persona. Ho riflettuto a lungo sul contributo che avrei potuto dare a questa straordinaria opportunità per la politica e il Paese. Sono ormai convinta che la scelta più giusta e più utile sia quella di presentare la mia autonoma candidatura alla segreteria del nuovo partito", dice Bindi in una nota diffusa nel pomeriggio.
Tra le motivazioni della decisione, la necessità di "una competizione vera ... che favorisca il confronto delle idee e porti alla luce le differenze e la ricchezza culturale del partito nuovo", ma anche la convinzione "che le donne non possano più aspettare... E' il momento di far contare il peso e l'autorevolezza di straordinarie energie femminili presenti nella vita sociale, economica, culturale del Paese".
Il ministro sottolinea poi il "bisogno di dar vita ad un bipolarismo finalmente maturo, senza ambiguità e tatticismi nella politica delle alleanze (e di) cogliere fino in fondo la sfida di una nuova laicità".
Bindi chiede "un'Italia più ricca ma anche più libera e più giusta", e si aspetta che "in tantissimi, donne e uomini e soprattutto giovani e giovanissimi, che già si sentono democratici pur non militando nei partiti esistenti o sentendosi estranei ai loro apparati organizzativi, si aspettano e vogliono essere protagonisti di questa nuova stagione".
La candidatura al Pd sarà "un percorso che richiederà molte energie, passione e dedizione. Sarà un impegno quotidiano, a tempo pieno. E se sarò eletta rinuncerò a qualunque altro incarico", aggiunge Bindi.
La settimana scorsa, il presidente del Consiglio Romano Prodi in una lettera ha detto che c'è spazio per nuove candidature alla leadership del partito democratico, dopo quella del sindaco di Roma Walter Veltroni, che alla fine di giugno ha sciolto le riserve e si è proposto per la segreteria.
Il ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani lunedì scorso ha invece annunciato che non si candiderà alla guida del partito per evitare di disorientare i simpatizzanti della nuova forza di centrosinistra.
"Anch'io, come tanti, sento la responsabilità di un impegno in prima persona. Ho riflettuto a lungo sul contributo che avrei potuto dare a questa straordinaria opportunità per la politica e il Paese. Sono ormai convinta che la scelta più giusta e più utile sia quella di presentare la mia autonoma candidatura alla segreteria del nuovo partito", dice Bindi in una nota diffusa nel pomeriggio.
Tra le motivazioni della decisione, la necessità di "una competizione vera ... che favorisca il confronto delle idee e porti alla luce le differenze e la ricchezza culturale del partito nuovo", ma anche la convinzione "che le donne non possano più aspettare... E' il momento di far contare il peso e l'autorevolezza di straordinarie energie femminili presenti nella vita sociale, economica, culturale del Paese".
Il ministro sottolinea poi il "bisogno di dar vita ad un bipolarismo finalmente maturo, senza ambiguità e tatticismi nella politica delle alleanze (e di) cogliere fino in fondo la sfida di una nuova laicità".
Bindi chiede "un'Italia più ricca ma anche più libera e più giusta", e si aspetta che "in tantissimi, donne e uomini e soprattutto giovani e giovanissimi, che già si sentono democratici pur non militando nei partiti esistenti o sentendosi estranei ai loro apparati organizzativi, si aspettano e vogliono essere protagonisti di questa nuova stagione".
La candidatura al Pd sarà "un percorso che richiederà molte energie, passione e dedizione. Sarà un impegno quotidiano, a tempo pieno. E se sarò eletta rinuncerò a qualunque altro incarico", aggiunge Bindi.
La settimana scorsa, il presidente del Consiglio Romano Prodi in una lettera ha detto che c'è spazio per nuove candidature alla leadership del partito democratico, dopo quella del sindaco di Roma Walter Veltroni, che alla fine di giugno ha sciolto le riserve e si è proposto per la segreteria.
Il ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani lunedì scorso ha invece annunciato che non si candiderà alla guida del partito per evitare di disorientare i simpatizzanti della nuova forza di centrosinistra.
giovedì, giugno 28, 2007
da Walter parole importanti ma non c'è troppa distanza dall'attuale politica?
Parole importanti per chi è credente
Un meraviglioso viaggio collettivo in allegria». Non pensavo di ascoltare parole così coraggiose e forse anche utopisliche da parte di un leader che si apprestava a candidarsi a guidare un partito nuovo in una fase confusa della politica italiana. Veltroni mi ha spiazzato. Per il coraggio, la chiarezza e l'ampiezza degli orizzonti che ha aperto. Chi, come noi aclisti, ha sempre cercato di mettere al centro il domani, non può non apprezzare il grande sforzo di futuro del suo discorso, teso a portare la sinistra fuori dal conservatorismo, dai vecchi schemi ideologici, dalla contrapposizione di classe e da una visione rigida dei diritti che rischia di condannare i più giovani alla precarietà. Costruire un nuovo patto generazionale non è retorica ma una necessità vitale e richiede scelte concrete: riforma previdenziale, fondo per la non autosufficienza, nuovi aminortizzatori . Importante l'accento sulla necessità di chiudere con la politica dell’odio e il rilancio sulla formazione. E parole importanti anche per chi è credente: la fede non deve essere lasciata fuori dalla vita pubblica e non si può imma ginare un bipolarismo etico. Rimane un unico grande dubbio: non c’è troppa distanza con l’attuale politica?
Andrea Olivero
mercoledì, giugno 27, 2007
Walter scende in pista: «E' il momento di voltare pagina»
Un’Italia nuova, sicura, equa, unita e solidale. Walter Veltroni disegna il Paese del futuro come leader in pectore del Partito Democratico. Con un discorso lungo, dettagliato e appassionato, il sindaco di Roma ha scandito quelli che, a suo avviso, devono essere gli obiettivi del nascente Partito unitario del centrosinistra. «Una nuova Italia chiede un cambiamento profondo, in alcuni casi un cambiamento radicale», ha spiegato Veltroni.
"Grazie a Romano Prodi"
Nelle prime battute del discorso con cui ha annunciato la sua candidatura alla guida del Pd, Veltroni ha ringraziato il «fondatore dell’Ulivo, Romano Prodi», che «per questo progetto si è speso». «Il Partito democratico - ha proseguito il sindaco di Roma - è la grande forza riformista che l’Italia non ha mai avuto». «Il primo compito del Partito democratico è dare un pieno e coerente sostegno al governo». Poi, dopo aver ringraziato anche Francesco Rutelli, Piero Fassino e Carlo Azeglio Ciampi, Veltroni è sceso nei particolari del suo «programma».
"Più lotta contro la precarietà"
La lotta alla precarietà è - ha detto il sindaco della capitale - la grande frontiera attuale che il Partito democratico ha davanti a sé. «È la precarietà, soprattutto la precarietà die giovani quella che noi dobbiamo combattere. In un tempo fantastico della loro vita - ha detto tra gli applausi - a loro viene detto solo di aspettare, aspettare di avere un lavoro serio, un mutuo per la casa. Ma la vita non può essere saltuaria, non può essere part-time».
Poi ha lanciato un appello perché vengano superati gli «odi e i rancori, le divisioni che frenano». «La ripresa non è né di destra né di sinistra, dobbiamo tutti fare il possibile per rafforzarla», ha detto Veltroni. Il sindaco di Roma ha citato Olaf Palme secondo il quale «la battaglia non è contro la ricchezza ma contro la povertà».
L'apertura sulle pensioni
Quindi ancora attualità: «Vorrei che il Pd lavorasse al buon esito dell’ammorbidimento dello scalone e auguriamo successo all’azione riformista del governo ma anche che si concentri sui disagi e le disuguaglianze determinate dal mancato adeguamento dello stato sociale». «Il sindacato - ha poi aggiunto - deve saper tutelare i giovani perché faticano ad entrare nel mondo del lavoro».
"Serve un patto generazionale"
«Serve un nuovo patto generazionale» dal momento che la vita degli italiani si è allungata e dunque occorre garantire che il sistema pensionistico regga. «Una politica finanziaria rigorosa non è figlia di una ideologia ma è una necessità», ha detto Veltroni, sostenendo che «per la nuova Italia» è necessario un patto intergenerazionale.
"Grazie a Romano Prodi"
Nelle prime battute del discorso con cui ha annunciato la sua candidatura alla guida del Pd, Veltroni ha ringraziato il «fondatore dell’Ulivo, Romano Prodi», che «per questo progetto si è speso». «Il Partito democratico - ha proseguito il sindaco di Roma - è la grande forza riformista che l’Italia non ha mai avuto». «Il primo compito del Partito democratico è dare un pieno e coerente sostegno al governo». Poi, dopo aver ringraziato anche Francesco Rutelli, Piero Fassino e Carlo Azeglio Ciampi, Veltroni è sceso nei particolari del suo «programma».
"Più lotta contro la precarietà"
La lotta alla precarietà è - ha detto il sindaco della capitale - la grande frontiera attuale che il Partito democratico ha davanti a sé. «È la precarietà, soprattutto la precarietà die giovani quella che noi dobbiamo combattere. In un tempo fantastico della loro vita - ha detto tra gli applausi - a loro viene detto solo di aspettare, aspettare di avere un lavoro serio, un mutuo per la casa. Ma la vita non può essere saltuaria, non può essere part-time».
Poi ha lanciato un appello perché vengano superati gli «odi e i rancori, le divisioni che frenano». «La ripresa non è né di destra né di sinistra, dobbiamo tutti fare il possibile per rafforzarla», ha detto Veltroni. Il sindaco di Roma ha citato Olaf Palme secondo il quale «la battaglia non è contro la ricchezza ma contro la povertà».
L'apertura sulle pensioni
Quindi ancora attualità: «Vorrei che il Pd lavorasse al buon esito dell’ammorbidimento dello scalone e auguriamo successo all’azione riformista del governo ma anche che si concentri sui disagi e le disuguaglianze determinate dal mancato adeguamento dello stato sociale». «Il sindacato - ha poi aggiunto - deve saper tutelare i giovani perché faticano ad entrare nel mondo del lavoro».
"Serve un patto generazionale"
«Serve un nuovo patto generazionale» dal momento che la vita degli italiani si è allungata e dunque occorre garantire che il sistema pensionistico regga. «Una politica finanziaria rigorosa non è figlia di una ideologia ma è una necessità», ha detto Veltroni, sostenendo che «per la nuova Italia» è necessario un patto intergenerazionale.
Iscriviti a:
Post (Atom)