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martedì, gennaio 20, 2009

Il discorso integrale di inaugurazione del presidente Barack Obama.

’Miei concittadini.
Sono qui oggi pieno di umiltà di fronte al compito che abbiamo di fronte, grato per la fiducia che mi avete dimostrato, conscio dei sacrifici compiuti dai nostri antenati. Ringrazio il presidente Bush per il suo servizio alla nostra nazione, come anche per la generosità e la cooperazione che ha dimostrato in questo periodo di transizione.

Quarantaquattro americani adesso hanno pronunciato il giuramento presidenziale, parole che sono state dette in tempi di prosperità e nelle acque tranquille della pace. Ma ogni tanto il giuramento è pronunciato in mezzo a nuvole che si addensano e a temporali furiosi. In questi momenti, l’America è andata avanti non solo grazie alla abilità e alla lungimiranza di chi la guidava ma perchè ‘Noi, il popolo’, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati, e fedeli ai nostri documenti fondatori.

Così è stato. Così deve essere in questa generazione di americani. Che siamo nel mezzo di una crisi ormai è stato ben capito. Il nostro Paese è in guerra, contro una rete dai lunghi tentacoli di violenza e di odio. La nostra economia è gravemente indebolita, conseguenza della rapacità e della irresponsabilità di alcuni, ma anche della nostra collettiva incapacità di fare scelte difficili e preparare il paese per una nuova era. Alcuni hanno perso la casa, altri il lavoro, imprese sono fallite. Il nostro sistema sanitario è troppo costoso, le nostre scuole non funzionano per troppi, e ogni giorno ci porta altre prove che il modo in cui usiamo l’energia rafforza i nostri avversari e minaccia il nostro pianeta.

Questi sono gli indicatori della crisi, misurabili con le cifre e le statistiche. Meno misurabile ma non meno profonda è la perdita di fiducia in tutta la nostra terra, l’insistente timore che il declino dell’America sia inevitabile, e che la nuova generazione dovrà abbassare le sue mire.

Oggi vi dico che le sfide che affrontiamo sono reali. Sono serie e sono molte. Non sarà possibile risolverle facilmente né in breve tempo. Ma sappi questo, America: le risolveremo. In questo giorno, ci riuniamo perché abbiamo scelto la speranza invece della paura, l’unità d’intenti invece del conflitto e della discordia.
In questo giorno, veniamo a proclamare la fine delle meschine divergenze e delle false promesse, delle recriminazioni e dei dogmi usurati che per troppo tempo hanno strangolato la nostra politica.

Rimaniamo una giovane nazione, ma nelle parole delle Scritture, è giunto il momento di mettere da parte le cose da bambino (NdT: Lettera Ai Corinzi, 13:11). E’ giunto il momento di riaffermare il nostro spirito; di scegliere la nostra storia migliore, di sostenere quel dono prezioso, quella nobile idea passata di generazione in generazione: la promessa divina che tutti sono uguali, tutti sono liberi, tutti meritano l’opportunità di perseguire la loro piena felicità.

Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, capiamo che la grandezza non va mai data per scontata. Bisogna guadagnarsela. Il nostro viaggio non è mai stato fatto di scorciatoie o di ribassi. Non è stato un sentiero per i deboli di cuore, per chi preferisce l’ozio al lavoro, o cerca solo i piaceri delle ricchezze e della celebrità. E’ stato invece il percorso di chi corre rischi, di chi agisce, di chi fabbrica: alcuni celebrato ma più spesso uomini e donne oscuri nelle loro fatiche, che ci hanno portato in cima a un percorso lungo e faticoso verso la prosperità e la libertà.

Per noi hanno messo in valigia le poche cose che possedevano e hanno traversato gli oceani alla ricerca di una nuova vita. Per noi hanno faticato nelle fabbriche e hanno colonizzato il West; hanno tollerato il morso della frusta e arato il duro terreno. Per noi hanno combattuto e sono morti in posti come Concord e Gettysburg, la Normandia e Khe Sahn.

Ancora e ancora questi uomini e queste donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato fino ad avere le mani in sangue, perché noi potessimo avere un futuro migliore. Vedevano l’America come più grande delle somme delle nostre ambizioni individuali, più grande di tutte le differenze di nascita o censo o partigianeria’. ‘Questo è il viaggio che continuiamo oggi.

Rimaniamo il paese più prosperoso e più potente della Terra. I nostri operai non sono meno produttivi di quando la crisi è cominciata. Le nostre menti non sono meno inventive, i nostri beni e servizi non meno necessari della settimana scorsa o del mese scorso o dell’anno scorso. Le nostre capacità rimangono intatte. Ma il nostro tempo di stare fermi, di proteggere interessi meschini e rimandare le decisioni sgradevoli, quel tempo di sicuro è passato. A partire da oggi, dobbiamo tirarci su, rimetterci in piedi e ricominciare il lavoro di rifare l’America.

Perché ovunque guardiamo, c’è lavoro da fare. Lo stato dell’economia richiede azioni coraggiose e rapide, e noi agiremo: non solo per creare nuovi lavori ma per gettare le fondamenta della crescita. Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche, le linee digitali per nutrire il nostro commercio e legarci assieme. Ridaremo alla scienza il posto che le spetta di diritto e piegheremo le meraviglie della tecnologia per migliorare le cure sanitarie e abbassarne i costi. Metteremo le briglie al sole e ai venti e alla terra per rifornire le nostre vetture e alimentare le nostre fabbriche. E trasformeremo le nostre scuole e i college e le università per soddisfare le esigenze di una nuova era.

Tutto questo possiamo farlo. E tutto questo faremo. Ci sono alcuni che mettono in dubbio l’ampiezza delle nostre ambizioni, che suggeriscono che il nostro sistema non può tollerare troppi piani grandiosi. Hanno la memoria corta. Perché hanno dimenticato quanto questo paese ha già fatto: quanto uomini e donne libere possono ottenere quando l’immaginazione si unisce a uno scopo comune, la necessità al coraggio.

Quello che i cinici non riescono a capire è che il terreno si è mosso sotto i loro piedi, che i diverbi politici stantii che ci hanno consumato tanto a lungo non hanno più corso. La domanda che ci poniamo oggi non è se il nostro governo sia troppo grande o troppo piccolo, ma se funziona: se aiuta le famiglie a trovare lavori con stipendi decenti, cure che possono permettersi, una pensione dignitosa. Quando la risposta è sì, intendiamo andare avanti. Quando la risposta è no, i programmi saranno interrotti.

E quelli di noi che gestiscono i dollari pubblici saranno chiamati a renderne conto: a spendere saggiamente, a riformare le cattive abitudini, e fare il loro lavoro alla luce del solo, perché solo allora potremo restaurare la fiducia vitale fra un popolo e il suo governo’.

‘Né la domanda è se il mercato sia una forza per il bene o per il male. Il suo potere di generare ricchezza e aumentare la libertà non conosce paragoni, ma questa crisi ci ha ricordato che senza occhi vigili, il mercato può andare fuori controllo, e che un paese non può prosperare a lungo se favorisce solo i ricchi. Il successo della nostra economia non dipende solo dalle dimensioni del nostro prodotto interno lordo, ma dall’ampiezza della nostra prosperità, dalla nostra capacità di ampliare le opportunità a ogni cuore volonteroso, non per beneficenza ma perché è la via più sicura verso il bene comune.

Per quel che riguarda la nostra difesa comune, respingiamo come falsa la scelta tra la nostra sicurezza e i nostri ideali. I Padri Fondatori, di fronte a pericoli che facciamo fatica a immaginare, prepararono un Carta che garantisse il rispetto della legge e i diritti dell’uomo, una Carta ampliata con il sangue versato da generazioni. Quegli ideali illuminano ancora il mondo e non vi rinunceremo in nome del bisogno. E a tutte le persone e i governi che oggi ci guardano, dalle capitali più grandi al piccolo villaggio in cui nacque mio padre, dico: sappiate che l’America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che cerca un futuro di pace e dignità, e che siamo pronti di nuovo a fare da guida.

Ricordate che le generazioni passate sconfissero il fascismo e il comunismo non solo con i carri armati e i missili, ma con alleanze solide e convinzioni tenaci. Capirono che la nostra forza da sola non basta a proteggerci, né ci dà il diritto di fare come ci pare. Al contrario, seppero che il potere cresce quando se ne fa un uso prudente; che la nostra sicurezza promana dal fatto che la nostra causa giusta, dalla forza del nostro esempio, dalle qualità dell’umiltà e della moderazione.

Noi siamo i custodi di questa eredità. Guidati ancora una volta da questi principi, possiamo affrontare quelle nuove minacce che richiedono sforzi ancora maggiori - e ancora maggior cooperazione e comprensione fra le nazioni. Inizieremo a lasciare responsabilmente l’Iraq al suo popolo, e a forgiare una pace pagata a caro prezzo in Afghanistan. Insieme ai vecchi amici e agli ex nemici, lavoreremo senza sosta per diminuire la minaccia nucleare, e allontanare lo spettro di un pianeta surriscaldato.

Non chiederemo scusa per la nostra maniera di vivere, né esiteremo a difenderla, e a coloro che cercano di ottenere i loro scopi attraverso il terrore e il massacro di persone innocenti, diciamo che il nostro spirito è più forte e non potrà essere spezzato. Non riuscirete a sopravviverci, e vi sconfiggeremo.

Perché sappiamo che il nostro multiforme retaggio è una forza, non una debolezza: siamo un Paese di cristiani, musulmani, ebrei e indù - e di non credenti; scolpiti da ogni lingua e cultura, provenienti da ogni angolo della terra. E dal momento che abbiamo provato l’amaro calice della guerra civile e della segregazione razziale, per emergerne più forti e più uniti, non possiamo che credere che odii di lunga data un giorno scompariranno; che i confini delle tribù un giorno si dissolveranno; che mentre il mondo si va facendo più piccolo, la nostra comune umanità dovrà venire alla luce; e che l’America dovrà svolgere un suo ruolo nell’accogliere una nuova era di pace.

Al mondo islamico diciamo di voler cercare una nuova via di progresso, basato sull’interesse comune e sul reciproco rispetto. A quei dirigenti nel mondo che cercano di seminare la discordia, o di scaricare sull’Occidente la colpa dei mali delle loro società, diciamo: sappiate che il vostro popolo vi giudicherà in base a ciò che siete in grado di costruire, non di distruggere. A coloro che si aggrappano al potere grazie alla corruzione, all’inganno, alla repressione del dissenso, diciamo: sappiate che siete dalla parte sbagliata della Storia; ma che siamo disposti a tendere la mano se sarete disposti a sciogliere il pugno.

Ai popoli dei Paesi poveri, diciamo di volerci impegnare insieme a voi per far rendere le vostre fattorie e far scorrere acque pulita; per nutrire i corpi e le menti affamate. E a quei Paesi che come noi hanno la fortuna di godere di una relativa abbondanza, diciamo che non possiamo più permetterci di essere indifferenti verso la sofferenza fuori dai nostri confini; né possiamo consumare le risorse del pianeta senza pensare alle conseguenze. Perché il mondo è cambiato, e noi dobbiamo cambiare insieme al mondo.

Volgendo lo sguardo alla strada che si snoda davanti a noi, ricordiamo con umile gratitudine quei coraggiosi americani che in questo stesso momento pattugliano deserti e montagne lontane. Oggi hanno qualcosa da dirci, così come il sussurro che ci arriva lungo gli anni dagli eroi caduti che riposano ad Arlington: rendiamo loro onore non solo perché sono custodi della nostra libertà, ma perché rappresentano lo spirito di servizio, la volontà di trovare un significato in qualcosa che li trascende.

Eppure in questo momento - un momento che segnerà una generazione - è precisamente questo spirito che deve animarci tutti. Perché, per quanto il governo debba e possa fare, in definitiva sono la fede e la determinazione del popolo americano su cui questo Paese si appoggia. E’ la bontà di chi accoglie uno straniero quando le dighe si spezzano, l’altruismo degli operai che preferiscono lavorare meno che vedere un amico perdere il lavoro, a guidarci nelle nostre ore più scure. E’ il coraggio del pompiere che affronta una scala piena di fumo, ma anche la prontezza di un genitore a curare un bambino, che in ultima analisi decidono il nostro destino.

Le nostre sfide possono essere nuove, gli strumenti con cui le affrontiamo possono essere nuovi, ma i valori da cui dipende il nostro successo - il lavoro duro e l’onestà, il coraggio e il fair play, la tolleranza e la curiosità, la lealtà e il patriottismo - queste cose sono antiche. Queste cose sono vere.

Sono state la quieta forza del progresso in tutta la nostra storia. Quello che serve è un ritorno a queste verità. Quello che ci è richiesto adesso è una nuova era di responsabilità - un riconoscimento, da parte di ogni americano, che abbiamo doveri verso noi stessi, verso la nazione e il mondo, doveri che non accettiamo a malincuore ma piuttosto afferriamo con gioia, saldi nella nozione che non c’è nulla di più soddisfacente per lo spirito, di più caratteristico della nostra anima, che dare tutto a un compito difficile.

Questo è il prezzo e la promessa della cittadinanza. Questa è la fonte della nostra fiducia: la nozione che Dio ci chiama a forgiarci un destino incerto. Questo il significato della nostra libertà e del nostro credo: il motivo per cui uomini e donne e bambine di ogni razza e ogni fede possono unirsi in celebrazione attraverso questo splendido viale, e per cui un uomo il cui padre sessant’anni fa avrebbe potuto non essere servito al ristorante oggi può starvi davanti a pronunciare un giuramento sacro.

E allora segnamo questo giorno col ricordo di chi siamo e quanta strada abbiamo fatto. Nell’anno della nascita dell’America, nel più freddo dei mesi, un drappello di patrioti si affollava vicino a fuochi morenti sulle rive di un fiume gelato. La capitale era abbandonata. Il nemico avanzava, la neve era macchiata di sangue.

E nel momento in cui la nostra rivoluzione più era in dubbio, il padre della nostra nazione ordinò che queste parole fossero lette al popolo: ‘Che si dica al mondo futuro... Che nel profondo dell’inverno, quando nulla tranne la speranza e il coraggio potevano sopravvivere... Che la città e il paese, allarmati di fronte a un comune pericolo, vennero avanti a incontrarlo’.

America. Di fronte ai nostri comuni pericoli, in questo inverno delle nostre fatiche, ricordiamoci queste parole senza tempo. Con speranza e coraggio, affrontiamo una volta ancora le correnti gelide, e sopportiamo le tempeste che verranno. Che i figli dei nostri figli possano dire che quando fummo messi alla prova non ci tirammo indietro né inciampammo; e con gli occhi fissi sull’orizzonte e la grazia di Dio con noi, portammo avanti quel grande dono della libertà, e lo consegnammo intatto alle generazioni future’.

mercoledì, novembre 05, 2008

Barack Obama; il discorso integrale della vittoria.. Bello, davvero!




Salve, Chicago.

Se c’è ancora qualcuno là fuori che ancora dubita che l’America sia un luogo in cui ogni cosa è possibile, che ancora si chiede se i sogni dei nostri Padri Fondatori siano ancora vivi ai giorni nostri, che ancora si interroga sulla reale potenza della nostra democrazia, stanotte ha trovato le sue risposte.

E’ la risposta che viene dalle code che si sono allungate intorno alle scuole e alle chiese, con numeri che questa nazione non aveva mai visto, formate da persone che hanno aspettato 3, 4 ore, molti per la prima volta nella loro vita, perchè hanno creduto che questa volta dovesse essere diversa, che la loro voce potesse fare la differenza.

E’ la risposta data da giovani e vecchi, ricchi e poveri, democratici e repubblicani, bianchi, neri, ispanici, asiatici, nativi americani, omosessuali, eterosessuali, disabili e non disabili, Americani che hanno lanciato un messaggio al mondo che dice che noi non siamo mai stati solo un insieme di stati blu e stati rossi ma che siamo e saremo sempre gli Stati Uniti d’America.

E’ la risposta di chi si è sentito dire per tantissimo tempo che bisognava essere cinici, spaventati e dubbiosi in merito a quanto avremmo potuto ottenere, e che hanno messo la loro impronta sul corso della storia, e che si sono mossi verso la speranza di avere giorni migliori.

E’ stata dura, ma stanotte, proprio grazie a ciò che abbiamo fatto in questo giono, in queste elezioni, in questo momento cruciale, il cambiamento è arrivato in America.

Poco fa ho ricevuto la straordinaria e gentile chiamata del Senatore John McCain.

Il sen. McCain ha combattuto a lungo e duramente durante questa campagna e ha combattuto ancor più a lungo e più duramente per la nazione che ama.

Ha affrontato sacrifici per l’America che molti di noi non possono nemmeno iniziare ad immaginare. Siamo diventati migliori anche grazi ai servizi resi da questo altruista e coraggioso leader.

Mi complimento con lui e con la governatrice Palin per tutto ciò che hanno ottenuto e guardo alla prospettiva di lavorare con loro per rinnovare le promesse fatte a questa nazione nei prossimi mesi.

Voglio ringraziare il mio compagno in questo viaggio, un uomo che ha fatto campagna con il cuore e che ha combattuto per gli uomini e le donne con cui è cresciuto. Il Vice Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden.

Non sarei qui oggi senza l’instancabile supporto della mia migliore amica da 16 anni a questa parte, la roccia della nostra famiglia, l’amore della mia vita, la nuova first lady, Michelle Obama. Sacha e Maliya, vi amo entrambe più di quanto immaginate e vi siete meritate un nuovo cagnolino che verrà con noi alla Casa Bianca.

Sebbene non sia più con noi, so che mia nonna ci sta guardando insieme alla famiglia che mi ha reso quello che sono. Stanotte sento la loro mancanza e so che il mio debito nei loro confronti è smisurato. Mia sorella Mya, mia sorella Almond, tutti i miei fratelli e le mie sorelle, grazie mille per tutto il supporto che mi avete dato. Gli sono molto grato.

Un grazie va al manager della mia campagna elettorale, l’eroe silenzioso di questa campagna che l’ha resa la migliore di sempre; al mio consulente capo di strategia, che mi è stato accanto ad ogni passo.Grazie al miglior team mai messo insieme nella storia della politica, voi avete reso tutto ciò possibile e vi sarò grato per sempre per tutto ciò che avete sacrificato per arrivare fino a qui.

Ma soprattutto non dimenticherò mai a chi realmente appartiene questa vittoria. Appartiene a voi. Appartiene a voi. Non sono mai stato il candidato perfetto per questo incarico, sin dall’inizio, senza tanti soldi e con nessun supporto importante. La nostra campagna non si è tenuta nei salotti di Washington ma è iniziata nei cortili di DeMoines, nei soggiorni di Concorde e nei portici di Charleston, costruita da lavoratori e lavoratrici che hanno scavato nei loro risparmi per trovare 5, 10, 20 dollari da devolvere alla causa.

E’ cresciuta forte fra i giovani che rifiutavano il mito che vorrebbe descrivere la loro generazione come una generazione apatica e che hanno lasciato le loro famiglie per lavori che offrono pochi soldi e ancora meno riposo.

E’ cresciuta forte grazie agli anziani, che hanno affrontato il freddo pungente e il caldo assoluto per bussare alle porte di perfetti sconosciuti e grazie ai milioni di Americani che hanno contribuito come volontari e hanno organizzato tutto dimostrando che oltre 200 anni dopo la nostra fondazione un governo che nasce e cresce dal popolo non è un’illusione irrealizzabile.

Questa è la vostra vittoria!

So che non lo avete fatto solo per vincere un’elezione e so che non l’avete fatto per me.

Lo avete fatto perchè avete compreso l’enormità della prova che ci troviamo ad affrontare.

Anche se siamo qui a festeggiare, oggi, conosciamo già le sfide che si presenteranno domani e sappiamo che sono le più importanti della nostra vita.

Due guerre, un pianeta in crisi, la peggior crisi finanziaria del secolo.

Anche se siamo qui a festeggiare, oggi, sappiamo che ci sono americani coraggiosi che si stanno svegliando, adesso, nel deserto dell’Iraq, nelle montagne dell’Afghanistan e rischiano la loro vita per noi.

Le madri e i padri che, una volta messi a letto i bambini, si raccapezzano per capire come fare a pagare il mutuo, o le spese mediche., o per risparmiare abbastanza per garantire l’educazione ai loro figli.

Bisogna reperire nuova energia, creare nuovi posti di lavoro, costruire nuove scuole.

La strada difronte a noi è lunga e ripida, potremmo non raggiungere l’obiettivo in un anno o forse nemmeno in un mandato ma, America, non sono mai stato tanto speranzoso come oggi.

Vi prometto che noi come popolo, ce la faremo.

Ci saranno ostacoli, ci saranno false partenze e molti potranno non concordare con molte delle decisioni che prenderò da Presidente, e sappiamo che il Governo non può risolvere ogni problema ma sarò sempre onesto con voi sulle sfide che affronteremo.

Vi ascolterò, specialmente quando non saremo d’accordo e vi chiederò di unirvi a me nell’opera di ricostruzione di questa nazione nell’unico modo in cui è stato fatto da 220 anni a questa parte: quartiere per quartiere, mattone per mattone.

Ciò che è iniziato 21 mesi fa nel pieno dell’nverno non può finire in questa sera d’autunno.

Questa vittoria da sola non rappresenta il cambiamento di cui abbiamo bisogno, è solo la possibilità che abbiamo per creare quel cambiamento ma ciò non avverrà se torneremo indietro allo stato in cui erano prima le cose. Non può avvenire senza di voi, senza un nuovo spirito di servizio, senza un nuovo spirito di sacrificio.

Costruiamo quindi un nuovo spirito fatto di patriottismo, di responsabilità in cui ognuno di noi risolve un piccolo tassello del problema e lavora duro, e non si preoccupa solo di se stesso ma anche degli altri.

Indirizziamo questo nuovo spirito ai responsabili di questa crisi finanziaria affinchè sia chiaro che non possiamo avere una strada (Wall Street) che si gonfia mentre la strada principale della città muore (nel senso di centro del commercio, NdS).

In questo paese noi cadiamo e ci rialziamo come una sola nazione, come un unico popolo.

Dobbiamo resistere alla tentazione di cadere di nuovo sui vecchi passi sbagliati, sull’immaturità che ha avvelenato la nostra politica per così tanti anni.

Dobbiamo ricordare che fu un uomo di questo Stato che per primo issò la bandiera del Partito Repubblicano sulla Casa Bianca, un partito fondato sui valori della libertà individuale, dell’autonomia e dell’unità nazionale. Valori che noi tutti condividiamo e sebbene il Partito Democratico abbia ottenuto una grande vittoria oggi noi ci presentiamo con umiltà e con la volontà di ricucire le divisioni che hanno rallentato il nostro progresso.

Lincoln disse ad una nazione molto più divisa della nostra:

“Non siamo nemici ma amici. La passione che ci anima non potrà spezzare l’affetto che ci unisce.”

A tutti gli Americani che non mi hanno supportato dico che potrò non aver avuto il vostro voto oggi ma ascolterò le vostre voci. Ho bisogno del vostro aiuto e sarò anche il vostro Presidente.

A tutti coloro che ci guardano stanotte dall’estero, da Parlamenti e Palazzi stranieri, a tutti coloro che ci ascoltano per radio da qualche sperduto angolo del mondo io dico che le nostre storie sono diverse ma il nostro destino è uno e una nuova alba nella leadership Americana sta sorgendo.

A coloro che vogliono distruggere il mondo dico che li sconfiggeremo. A coloro che cercano la pace e la sicurezza dico che li aiuteremo. E a tutti coloro che si chiedono se la fiamma dell’America brucia ancora io rispondo che la forza di questa nazione non arriva dal livello della nostra potenza o della nsotra sanità ma arriva dal potere dei nostri ideali.

Democrazia, libertà, opportunità e un’instancabile speranza.

La vera genialità dell’America sta nella capacità che ha di cambiare.

La nostra unione può essere perfezionata e ciò che abbiamo già ottenuto ci dà forza e speranza per ciò che dobbiamo e possiamo ottenere domani.

Quest’elezione ha tanti record e molte storie in merito verrano raccontate alle prossime generazioni.

Ciò che è nella mia mente oggi è una donna che ha votato ad Atlanta. E’ simile ai tanti che hanno atteso in fila per far sentire la propria voce eccetto per una cosa: Ann Nixon Cooper ha 106 anni.

E’ nata una sola generazione dopo la schiavitù, in un tempo in cui non c’erano auto per le strade nè aerei nei cieli, in un tempo in cui una persona come lei non poteva votare per ben due ragioni: perchè è una donna e per via del colore della sua pelle.

Stanotte penso a tutto ciò che lei ha visto durante questo secolo Americano. I giorni difficili e la speranza, la fatica e il progresso, i tempi in cui ci veniva detto “Non potete” (You can’t) e il tempo in cui una parte dell’America rispose “Possiamo” (Yes, We can).

In un tempo in cui la voce delle donne era zittita e le loro speranze ignorate, lei ha vissuto abbastanza per vedere le donne alzarsi e reclamare i loro diritti, fino a raggiungere le urne e dire “Noi possiamo”.

Quando c’era sconforto e la depressione si spandeva nella nazione, lei ha visto l’America rialzarsi sulle proprie gambe con nuovi obiettivi, nuovo lavoro, un nuovo senso di intento comune. “Noi possiamo”

Quando le bombe sono cadute sui nostri porti e il terrore ci ha attanagliati lei era li ad osservare una generazione cresciuta per salvare la democrazia. “Noi possiamo”

Era li durante le rivolte di Montgomery, gli scontri di Birmingham, le impiccagioni di Selma e era li difronte ad un pastore di Atlanta che disse <> (noi ce la faremo). “Noi possiamo”

Un uomo è arrivato sulla luna, un muro è caduto a Berlino, un mondo intero è stato avvicinato dalla scienza e dall’immaginazione e quest’anno, in queste elezioni, lei ha avvicinato il dito ad uno schermo e ha votato. Perchè dopo 106 anni in America, attraverso i tempi belli e i momenti peggiori, sa come l’America può cambiare.

Yes we can.

America, siamo arrivati molto lontano, abbiamo visto così tanto, ma c’è molto altro ancora da fare.

Quindi stanotte chiediamoci:

Se i nostri figli vivranno fino a vedere il nuovo secolo, se le mie figlie saranno così fortunate da poter vivere quanto Ann Nixon Cooper, quali cambiamenti vedranno? Quali progressi avremo compiuto?

Questa è la nostra occasione per dare delle risposte. Questo è il nostro momento. Questo è il nostro tempo.

E’ il momento di riportare la nostra gente al lavoro, di creare opportunità per i nostri figli. Il momento di ricreare la prosperità e di promuovere la causa della pace. Per ricreare il sogno americano e riconfermare la verità che tutti insieme siamo una cosa sola, che respiriamo e speriamo e che risponderemo a coloro che con cinismo e dubbio ci dicono che non ce la faremo con un unica voce che racchiude lo spirito del nostro popolo:

YES WE CAN.

Grazie, che Dio vi benedica e che benedica gli Stati Uniti d’America.

Barack Obama: alla fine diciamo la verità: americani sò forti!

alla fine diciamo la verità: americani sò forti!

un pò di malinconia per la politica nostra....

sabato, ottobre 27, 2007

INTERVENTO DI WALTER VELTRONI alla Costituente del PD


“Siamo giunti fin qui, si è aperta una porta di speranza”. Sono parole che vengono dalla rivoluzione democratica inglese, e mi paiono particolarmente adatte a una giornata straordinaria come questa.

Siamo giunti fin qui: finalmente i democratici, i riformisti italiani, hanno un partito. Una casa comune, grande e nuova. Il sogno che insieme a Romano Prodi abbiamo coltivato per così tanto tempo è diventato realtà. Con lui abbiamo camminato a lungo. Sono stati anni di lavoro e di impegno, che hanno messo alla prova la nostra fiducia e la nostra tenacia.

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