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giovedì, maggio 15, 2008

15 MAGGIO: POVERA FAMIGLIA AL TEMPO DEL GOVERNO BERLUSCONI! DAL FAMILY DAY AL FAMILY WAY.

“Oggi 15 maggio, in occasione della Giornata Internazionale della Famiglia, il Parlamento Europeo ha organizzato un importante convegno sulle prospettive delle politiche familiari in Europa.
La lettura del programma, che prevede la presenza dei Ministri tedesco e sloveno, non può che suscitare rammarico a noi italiani: siamo costretti a prendere atto che nel nostro Paese la famiglia, tanto celebrata e invocata in campagna elettorale, è stata ridotta a un Sottosegretariato, anzi a una delle tre deleghe di un Sottosegretario.
Tra il servizio civile e l’emergenza delle tossicodipendenze è legittimo dubitare che vi possa essere un adeguato spazio per politiche di profilo europeo di tutela e valorizzazione della famiglia. A distanza di un anno da un grande momento di passione civile quale è stato il Family Day, l’Italia con il nuovo Governo ha declassato la famiglia a una problematica di second’ordine.
Non ci resta che sperare che il milione di firme consegnate dal Forum delle famiglie al Presidente della Repubblica per chiedere un fisco più equo, possa rappresentare il punto di partenza di un rinnovato impegno a favore della famiglia: e dopo il family day individuare una possibile ‘family way’”.
Questo scrive il deputato PD Luigi BOBBA.

sabato, giugno 30, 2007

Se i vescovi ora parlano più piano

Riprendo da La Stampa un interessante articolo di Franco Garelli sull'attuale fase della Chiesa italiana. (link cliccando il titolo) po

FRANCO GARELLI
Da qualche mese sembra essersi attenuata la voce dei vertici della Chiesa italiana sui temi di rilevanza pubblica. Non mancano ovviamente i richiami di fondo, come sulla centralità della famiglia o sulla questione - che si profila all’orizzonte - del testamento biologico, ma essi vengono formulati con maggior cautela rispetto al recente passato, quando la Chiesa non perdeva occasione per affermare con forza le proprie posizioni, quasi a porsi come un nuovo soggetto «cultural-politico nella società italiana.

Questo mutamento di strategia può avere molte spiegazioni. Le più contingenti chiamano in causa le numerose e scomposte reazioni che si sono innescate nella società a seguito del nuovo protagonismo della Chiesa cattolica, che avrebbero indotto i vescovi ad agire con maggior prudenza nel farsi portavoce dei valori cattolici e del bene comune sulla scena pubblica. Il riferimento in questo caso non è soltanto alla campagna d’intimidazioni che ha colpito monsignor Bagnasco all’inizio del mandato da capo dei vescovi italiani; ma anche alla recente prova di muscoli che si è consumata nella piazza più famosa d’Italia, quando una folla mai vista ai Gay Pride ha invaso S. Giovanni a Roma proprio per contrapporsi al Family Day cattolico celebrato nello stesso luogo pochi giorni prima; o ancora, al montare dell’anticlericalismo di cui emergono vari segni sia nella produzione di pamphlet che scalano le classifiche dei libri più venduti sia in trasmissioni televisive (come quella di Santoro sulla pedofilia dei preti) che vanno a fare le pulci in casa ecclesiale.

Altri motivi sembrano indurre i vescovi italiani a un atteggiamento di maggior prudenza pubblica. La Chiesa sta vivendo una nuova fase, dopo il cambio di chi la dirige. Monsignor Bagnasco non ha una linea diversa da quella del cardinal Ruini, ma l’interpreta più in termini pastorali che con l’idea d’incidere sugli equilibri del Paese. Oltre a ciò, il cattolicesimo più impegnato è alle prese con tensioni e riflessioni interne, per il peso di alcune scelte ecclesiali maturate nel tempo.

Negli ultimi anni la Chiesa ha promosso una serie di grandi eventi pubblici, sia per meglio far sentire le sue proposte nella società della comunicazione, sia per far emergere il consenso sociale attorno ai valori che promuove. In parallelo, sui temi caldi del dibattito pubblico sono sorti vari Comitati (Forum delle famiglie, delle associazioni, Scienza e vita, ecc.), con lo scopo di rappresentare un punto di riferimento organizzativo e culturale per la battaglia sui valori. Queste nuove formule organizzative hanno creato non pochi problemi alla vita delle grandi associazioni cattoliche da tempo radicate nel Paese. Realtà come Azione cattolica, Acli, Cl, scout, movimenti spirituali, Comunità di Sant’Egidio sono state chiamate a mobilitarsi su campagne particolari e temi emergenti, a farsi carico di compiti impropri o non previsti, ad aderire a iniziative che non rientravano nei loro progetti; tutti aspetti che hanno creato disagio nel mondo della militanza cattolica, che si è sentita esposta alla dispersione dell’impegno e fors’anche a un ruolo di cinghia di trasmissione di progetti pensati altrove. Inoltre, i forum e le strutture nati dai grandi eventi ecclesiali, o per sostenere le diverse battaglie sui valori promosse dalla Chiesa, possono entrare in concorrenza con i movimenti e le associazioni che da sempre rappresentano l’asse portante del cattolicesimo impegnato. Talvolta, infine, i grandi eventi consacrano leader (come nel caso di Savino Pezzotta per il Family Day) che possono sentirsi investiti di un ruolo pubblico che scompagina gli equilibri già precari che si riscontrano nell’associazionismo cattolico organizzato.

Non mancano dunque le ragioni interne al mondo cattolico che orientano i piani alti della Chiesa a una presenza più cauta nella società italiana. Il cattolicesimo impegnato corre il rischio della frammentazione, proprio in un momento storico in cui più si avverte l’esigenza di gruppi e associazioni che s’impegnino dal basso a testimoniare i grandi valori e a costruire positive condizioni di convivenza.

giovedì, maggio 17, 2007

Le Acli propongono un Patto Campano per la Famiglia

A pochi giorni dal Family Day chiesta la nascita di un laboratorio che coinvolga tutte le parti sociali, civili, economiche e religiose

Napoli, 17 maggio 2007 - A pochi giorni dal Family Day, a cui hanno partecipato recandosi a Roma con ben 135 pullman, le Acli della Campania ribadiscono le ragioni di una manifestazione non di protesta ma di promozione e lanciano una sfida: che la Campania diventi laboratorio di una nuova politica di sostegno alla famiglia come soggetto sociale e attore di sviluppo. Un laboratorio di analisi e studio delle buone pratiche esistenti a livello locale, nazionale ed internazionale non solo con riferimento alle politiche sociali ma a tutte le politiche e pratiche che producono conseguenze sulla promozione della famiglia.
“Chiediamo la nascita di un laboratorio che coinvolga tutte le parti, Istituzioni civili e religiose, società civile, sindacati, parti economiche e partiti, per arrivare ad un Patto Campano per la Famiglia – afferma la presidente regionale Eleonora Cavallaro - che attui un approccio sistemico e preveda una rete articolata di misure capaci di incidere finalmente su problemi che riguardano tutta la società campana.”
“Un Patto – continua la Cavallaro - che declini soluzioni per una povertà al 27% che nega l’esigibilità di diritti elementari, per favorire il lavoro delle donne e la conciliazione con il desiderio di maternità, per fermare la denatalità che ormai comincia ad interessare anche la Campania (se è vero come dice l’Istat che si fanno meno bambini che a Bolzano!). Un Patto che disinneschi una sorta di scontro tra generazioni e che torni a valorizzare gli anziani come risorsa sociale anche fornendo loro i servizi e le cure di cui necessitano e torni a parlare di età lavorativa non solo di età pensionabile. E’ necessario che si investa per creare più opportunità di lavoro per i giovani anziché pretendere che i padri e le madri continuino a lavorare (forse nella sadica speranza che non arrivino a godere della loro pensione!). Un Patto che risponda ai nuovi bisogni, di assistenza, di formazione di casa di lavoro di un’immigrazione caratterizzata sempre di più dalla presenza di donne e bambini.”
“Dal momento che i problemi sono tanti non è forse ora di mettere da parte le ideologie e le polemiche e iniziare a lavorare tutti insieme, ciascuno per il suo ruolo, per costruire un futuro di coesione sociale per la nostra regione? Le ACLI sono pronte a fare le loro parte.”

Per comunicazioni: Michele M. Ippolito (Portavoce Acli Campania) - 3403008340

mercoledì, maggio 16, 2007

«La famiglia non è a destra, ma serve la svolta»

Commento di Olivero alle parole di Fassino: «La famiglia non è un tema di destra». «Il Governo si impegni portare la spesa sociale per le famiglie, al termine di questa Legislatura, allo stesso livello degli altri Paesi europei».

«Fassino ha ragione: la famiglia non è un tema della destra e le strumentalizzazioni appaiono inaccettabili. Ma alla sinistra chiediamo un salto di qualità». Il presidente delle Acli Andrea Olivero commenta le parole del leader dei Ds a pochi giorni dalla manifestazione di Piazza San Giovanni e alla vigilia del convegno che le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani hanno organizzato per giovedì 17 maggio, a Roma, proprio sul tema 'Famiglia. Bene di tutti'.

«Personalmente l’ho già detto dal palco del Family Day e lo ripeto: quella piazza e quelle famiglie non possono essere strumentalizzate da nessuno. E chi proverà a farlo andrà incontro a brutte sorprese. Si rassegni quindi Berlusconi: quella non era la sua piazza e non era la sua gente. La varietà e la ricchezza del mondo sociale ed ecclesiale presente a San Giovanni non può essere ‘appaltato’ da nessun partito o schieramento. E questo vale, ovviamente, anche per chi ha voluto dipingere a sinistra quella piazza come ‘reazionaria’».

«Tuttavia – aggiunge il presidente delle Acli – vorrei anche dire a Fassino che noi ci aspettiamo dalla sinistra qualcosa di più. Ci aspettiamo – e anche quella piazza se lo aspetta - un salto di qualità. Sicuramente sul piano della capacità di ascolto e di lettura di una realtà popolare che ancora una volta, dopo il referendum sulla procreazione assistita, esprime sentimenti e istanze che non possono essere ignorate, salvo lavorare per il proprio suicidio politico. Ma è soprattutto sul piano concreto delle politiche familiari che ci aspettiamo dalla sinistra, e dall’intera coalizione di Governo, un salto evidente di qualità. Occorre ribaltare la logica rispetto alla pratica attuale di intervento, che finisce per limitarsi a misure di sostegno alla povertà, doverose ma sempre insufficienti. Noi vogliamo invece che la famiglia sia considerata come risorsa, come motore dello sviluppo umano e sociale del Paese e quindi come perno delle politiche sociali dell’Esecutivo. Se questa, come credo, è la visione della famiglia condivisa da Fassino, agisca perché il Governo si impegni a portare la spesa sociale per le famiglie, al termine di questa Legislatura, almeno allo stesso livello degli altri Paesi europei. Sarebbe una bella risposta, e coraggiosa, al popolo di Piazza San Giovanni».

lunedì, maggio 14, 2007

Sinistra ascolta S. Giovanni: un articolo di Lucia Annunziata per far riflettere e discutere

Vabbè, capisco. Un milione di persone cosa volete che sia? Per altro non è nemmeno sicuro che siano state davvero un milione, perché si sa che in questi casi gli organizzatori esagerano. Così come si sa che quando ci sono le parrocchie di mezzo la folla si fa subito, e infatti che tipo di folla era, alla fine? Brutti, brutti, brutti persino peggio di quelli di Cl che almeno hanno l’estetica giusta, visto che sono espressione del Nord. Poi, se non bastasse, non avete guardato le tendenze demografiche, non avete forse visto che i dati ci danno ragione, in Italia, e anche in America, aumentano le famiglie senza matrimonio, e i figli fuori dal matrimonio? Mi arrendo, dunque, alla valanga di rassicurazioni che i pensatori, i leaders (e un po’ di basso cicaleccio) della sinistra, oggi tutta in versione «esperta di Vangelo», mi dicono per aiutarmi a dimenticare presto la giornata del Family Day. Nulla è successo, tutto è come prima.

Personalmente, i Vangeli non li sfoglio con frequenza, ma qualche conto con le mani, senza scomodare un pallottoliere, credo di saperlo ancora fare: e secondo questi conti, in un Paese in cui la coalizione al governo ha vinto per ventimila voti, c’è un’alta possibilità che quei ventimila voti fossero domenica in quella piazza. Se si aggiunge che la manifestazione è stata organizzata da Savino Pezzotta, uomo non esattamente sconosciuto alla sinistra, e da Luigi Bobba, senatore a pieno titolo del nuovo Pd, i dubbi sulla presenza di quei ventimila voti si fanno quasi certezza. Era davvero scontato, ed è oggi davvero indifferente, che quella piazza non sia stata parte delle mobilitazioni del centrosinistra? Sullo scontato non possiamo pronunciarci, visto che con i se non si va da nessuna parte; quanto all’efficacia basta guardarsi intorno.

I coraggiosi della laicità a Piazza Navona hanno messo su una bella festa, ma con lo sguardo rivolto indietro, rivelando di quanta nostalgia siano intessute le loro aspirazioni di oggi. La lontana equidistanza in cui si sono rifugiati i Ds ha negato quella che è, ancora oggi, la loro migliore qualità: la forza di stare in mezzo alle cose. Più che in ascolto sono apparsi così in imbarazzo. Ma il vero disastro ha attraversato come una lama i cattolici del futuro Partito Democratico: con Acli, Sant’Egidio, sindacato in piazza, e Bindi (e simili) a tentare freneticamente di lanciare un ponte qualunque con quella stessa piazza: chi pensa che una conferenza nazionale sulla famiglia sia una ottima risposta a tanti cattolici in piazza alzi la mano.

Del resto, dicono i commentatori, spaccare, infilare questo paletto nel cuore della unità dei cattolici del futuro Partito Democratico era proprio lo scopo di questa manifestazione. Se questo era l’obiettivo di Pezzotta, dei focolarini, e della Chiesa abbiamo solo da congratularci con loro: l’obiettivo è stato raggiunto. La domanda rimane: com’è possibile che gli italiani che vogliono difendere la famiglia - obiettivo in sé non così disprezzabile (dopotutto non si trattava di svastiche o croci uncinate) - partiti con Savino Pezzotta siano arrivati poi sotto il cappello di Silvio Berlusconi. Ed è una domanda cui la sinistra ancora non ha dato risposta. Sostenere infatti che questo sia il risultato di una enorme pressione della Chiesa, o di una abilità tattica della destra, non è credibile. La Chiesa era molto più forte e attiva nel lontano 1974, eppure il referendum vinse. E il centrodestra appare oggi più confuso e diviso del centrosinistra: persino in piazza San Giovanni domenica i suoi leader sono riusciti a litigare.

Invece di guardare indietro alla gloriosa data del referendum sull’aborto, il pensiero del centrosinistra avrebbe dovuto forse rivolgersi a un altro referendum, quello sulla procreazione assistita, perso drammaticamente pochi anni fa. Dopo quella sconfitta la sinistra avviò una riflessione sul proprio stesso voto, che aveva rifiutato quella scelta. Si disse, allora, che evidentemente stava crescendo nella popolazione italiana una ricerca intorno all’etica pubblica e privata dai profili diversi, in cui si coniugava il desiderio di cambiamento a un bisogno di certezze. Famiglia, Stato, cittadinanza, sicurezza sono del resto in tutta Europa (nelle analisi dello stesso centrosinistra) il grumo intorno a cui si desidera trovare quella solidità che serve ad affrontare tutto un mondo in rapida evoluzione: aperto dalla rottura delle frontiere dell’economia, della scienza e delle nazioni. Riflessioni che sono state riproposte recentemente anche dalle trasformazioni in corso in grandi Paesi guida come l’Inghilterra, e poi la Francia. Nazioni in cui nuove domande economiche e spirituali hanno - secondo l’opinione di tutti - provocato la fine dell’idea tradizionale di destra e sinistra.

Dunque, perché non riconoscere che sui temi della famiglia, dei diritti, della sicurezza, è al lavoro anche in Italia questa talpa che lentamente cambia la coscienza pubblica, inclusa quella di sinistra? Si è preferito invece dare vita a una vecchia competizione fra laici e cattolici, in cui, se di questo si tratta, si è finito con il dare la vittoria alle forze più conservatrici.

Certo, i principi sono importanti, e la politica è innanzitutto difesa di principi: non si può ammainare la bandiera della laicità. Ma se questi principi non si è capaci di trasformarli in provvedimenti reali, perché mancano i numeri nello stesso governo, perché c’è dissenso nella stessa base delle forze politiche che li propongono, perché c’è divisione nel Paese, bisognerà almeno dirsi che questa politica è inefficace? Se di recente c’è stato caso più perfetto di errata gestione di un percorso politico, certo io non lo ricordo.
(Lucia Annunziata su La Stampa di oggi. clicca il titolo)

domenica, maggio 13, 2007

www.acli.it . Olivero (Acli): “Continuità tra Family Day e Conferenza nazionale per la famiglia”

“Secondarie” le differenze di valutazione sui Dico, perché “sarà il Parlamento a trovare una soluzione il più possibile condivisa”. Il Governo chiamato a proporre politiche familiari “audaci e impegnative”

ROMA – “C'è una confortante continuità tra i contenuti della Conferenza nazionale della Famiglia illustrati oggi dal ministro Rosi Bindi e le questioni sollevate dal manifesto programmatico del Family Day”. Lo afferma il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero, sottolineando positivamente la vicinanza tra due iniziative che pongono “finalmente al centro il tema della famiglia come mai, forse, era accaduto in passato”.

Il presidente delle Acli rileva come indicativa la consonanza degli slogan scelti per le due manifestazioni. “Ciò che è bene per la famiglia è bene per il Paese” affermano i promotori del Family Day. “Cresce la famiglia, cresce l'Italia” sembrano rispondere gli organizzatori della Conferenza nazionale di Firenze.

“La questione famiglia - spiega Andrea Olivero - è uscita dall'anonimato in cui era stata confinata da anni ed emerge oggi con tutta la sua rilevanza culturale, sociale e politica. L'idea di una Conferenza nazionale sulla famiglia aperta dal Presidente della Repubblica, che coinvolga le associazioni e le istituzioni da sempre impegnate su questo fronte, e che impegni direttamente il Governo del Paese, ci pare una novità particolarmente rilevante e carica di aspettative. Spetta a questo punto alla politica evitare che tutto si risolva in uno sterile esercizio di retorica proponendo e soprattutto realizzando quelle politiche familiari 'audaci e impegnative' che il manifesto delle associazioni cattoliche chiede con grande forza e chiarezza”.

Non sfuggono certo, in questo contesto, le differenze di valutazione sul disegno di legge 'sui diritti e i doveri delle persone stabilmente conviventi' proposto dal Governo al Parlamento e contestato dalle Acli e dalle associazioni promotrici del Family Day. “Ma la questione diventa secondaria dal momento che sarà il Parlamento a lavorare per trovare una soluzione ci auguriamo ampiamente condivisa, mentre la Conferenza nazionale di Firenze porrà come centrale - stando alle dichiarazioni ufficiali - il tema di 'una grande alleanza per la famiglia tra governo, enti locali, sindacati e associazionismo'”. “Finalmente in questo Paese - conclude il presidente delle Acli - il tema famiglia inizia ad essere declinato al futuro, perché è evidente a tutti che se non c'è futuro per la famiglia non c'è futuro neanche per il Paese”. (Inform)ACLI :: Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani
Acli - Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani - Via G. Marcora, 18/20 - 00153 Roma - tel.06.58401 - www.acli.it - acli@acli.it.

sabato, maggio 12, 2007

FAMILY DAY/ OLIVERO (ACLI): NON STRUMENTALIZZARE QUESTA PIAZZA

"La famiglia italiana non chiusa in se stessa"


Roma, 12 mag. (Apcom) - La piazza del Family Day "non può essere strumentalizzata": lo ha detto il presidente delle Acli, Andrea Olivero, da palco installato in piazza San Giovanni in Laterano. "Chi provasse a strumentalizzarla avrebbe brutte sorprese", ha aggiunto.

Il presidente delle Acli, che ha citato il coraggio delle famiglie italiane di fronte ai problemi dell'alloggio e del lavoro, ha sottolineato che la famiglia italiana "è aperta alla solidarietà" e "non è la famiglia tradizionale chiusa in se stessa".

giovedì, maggio 10, 2007

FAMILY DAY: 135 PULLMAN DELLE ACLI SI MUOVERANNO DALLA CAMPANIA

"Le Acli di ogni provincia della Campania parteciperanno al Family Day non per contestare il Governo ma per chiedere una maggiore attenzione alle potenzialità della famiglia come soggetto sociale e come attore di sviluppo." Lo afferma la presidente regionale dell'associazione dei lavoratori cristiani Eleonora Cavallaro. Dalla Campania partiranno alla volta di Roma sabato mattina ben 135 pullman pieni di iscritti all'associazione.

"La famiglia - prosegue la Cavallaro - realizza al suo interno quell’equità distributiva e quel sostegno intergenerazionale a favore degli anelli più deboli come bambini ed anziani che lo Stato ancora non riesce a garantire. Ma le condizioni economiche sempre più precarie impongono con urgenza la costruzione di una rete strutturata di sostegno alla famiglia, soprattutto in Campania.. Ecco perché per le ACLI parlare di famiglia non è una semplificazione ideologica ma significa parlare e trovare soluzioni ad una povertà al 27% che nega l’esigibilità di diritti elementari. Significa porre l’accento sulla necessità di creare condizioni per favorire il lavoro delle donne e la conciliazione con il desiderio di maternità, parlare di costi di un figlio da intendersi non solo come costi economici diretti ma anche costi in termini di rinuncia alla carriera per la madre innanzitutto ma anche per il padre."

Condivide il presidente provinciale delle Acli di Napoli Pasquale Orlando: dal solo capoluogo e dalla sua provincia si muoveranno ben 52 pullman. "Per supportare la famiglia - afferma - dobbiamo chiedere che si investa per creare più opportunità di lavoro per i giovani anziché pretendere che i padri e le madri continuino a lavorare e chiedere alle istituzioni di attrezzarsi di fronte a fenomeni come la femminilizzazione dell’immigrazione. A noi spetta invece prendere consapevolezza che occorre cercare di modificare la cultura dominante troppo individualista e consumistica, dare sostegno alla genitorialità, costruire una visione ottimista delle responsabilità familiari da intendere da parte dei genitori non come sacrificio ma come dono e da parte della società come investimento sul futuro anziché come scelta improduttiva."

Per comunicazioni: Michele M. Ippolito - 3403008340

mercoledì, maggio 09, 2007

Bindi: "Accuse sbagliate e strumentali" sulla Conferenza sulla famiglia di Firenze


INTERVISTA – Bindi: "Accuse sbagliate e strumentali" - Giovanna Casadio - LA REPUBBLICA

ROMA - Chiamano dal Quirinale. Il presidente Giorgio Napolitano sarà all'inaugurazione della Conferenza sulla famiglia di Firenze e bisogna accordarsi con il cerimoniale. Rosy Bindi dimentica per un attimo la bufera politica scatenata dal suo "no" alle associazioni gay. «Che bufera? Qualcuno ha le idee confuse, o è in malafede - contrattacca il ministro della Famiglia - Abbiamo sempre sostenuto il riconoscimento dei diritti delle persone conviventi anche omosessuali, ma altresì abbiamo affermato che i Dico non erano matrimoni di serie B, non rappresentavano un altro tipo di famiglia. Ora non si può pretendere che nella Conferenza nazionale del governo sulla famiglia ci sia confusione. La famiglia è quella dell'articolo 29 della Costituzione».

Ministro Bindi, non potrebbe ripensarci? «Perché dovrei? Allora va ripensato il programma di governo».

Il ministro della Solidarietà, il comunista Paolo Ferrerò non sarà a Firenze per protesta. Ne ci sarà Emma Bonino. L'Unione è divisa persino sugli Stati generali della famiglia? «Il ministro Ferrerò non può permettersi di non venire, il suo mi sembra un atteggiamento strumentale. Ha un dovere istituzionale come responsabile della Solidarietà sociale, molte delle richieste che saranno rivolte al governo interessano in particolare il suo ministero, quindi non deve sottrarsi».

Barbara Pollastrini, autrice con lei della legge sui Dico, afferma che le porte vanno aperte, non chiuse. Cominciate a litigare anche voi due? «Barbara convochi, come ministro dei Diritti e delle Pari opportunità, una Conferenza sui diritti degli omosessuali. Ma io sono ministro della Famiglia. Fare politiche familiari non è in contrapposizione con i diritti delle persone, però le carte non si possono mischiare. Sono critica nei confronti di chi ha convocato il Family day, e li ci si accusa di avere confuso tra convivenze e famiglia. Non è così e sono coerente».

Come risponde alle associazioni gay che l'accusano di discriminazione e le dicono: «Cara Bindi, fartene una ragione, noi siamo famiglie»? «Da un punto di vista sociologico, affettivo, saranno pure famiglie, ma giuridicamente non lo sono. Dopodiché, il governo fa una politica che non discrimina. Inoltre, le associazioni dei genitori omosessuali sono state invitate, anche se adesso annunciano che non verranno».

Lei vuole conquistare la benevolenza dei cattolici? «Casomai quello che sta accadendo mette in evidenza la contraddizione di chi si ostina a fare del Family day, sabato prossimo, solo una manifestazione contro i Dico».

È un nuovo braccio di ferro tra laici e cattolici? «Questa non è distinzione tra cattolici e laici, bensì tra chi legge la Costituzione e chi non la legge. Io non sto sostenendo queste cose perché sono cattolica, ma perché così c'è scritto nella Carta»

Il Partito democratico nasce con fibrillazioni sui diritti civili.«Non credo. In questo paese si va avanti per fazioni: da un lato, ci sono le tentazioni neoclericali, che vedono nel riconoscimento dei diritti delle persone un attentato alla famiglia; dall'altro c'è chi, anche nella mia coalizione, ritiene il riconoscimento dei diritti sia l'equiparazione alla famiglia. No. Chi sta scatenando questa bufera forse ha nascosto prima la realtà a se stesso».

Fatto sta che si trova sotto un fuoco incrociato di critiche.«Vuoi vedere che ho ragione? Qui c'è qualcuno che è stato in malafede, ha giocato sull'equivoco dei Dico: sbaglia chi li legge contro la famiglia come chi li ritiene una forma di famiglia surrettizia. Paradossalmente rischiano di darsi ragione a vicenda. Se avessero ragione gli organizzatori della giornata del 12 maggio, dovrei invitare gli omosessuali alla Conferenza e chi mi critica perché non li invito da ragione alla piazza del Family day secondo cui i Dico sono un attentato alla famiglia».

Perché ritiene che i ministri non debbano manifestare al raduno cattolico? «I ministri non devono andare. È buffo che alcuni non vengano alla conferenza del governo e altri vadano alla manifestazione contro il governo o comunque contro un atto del governo. Mastella, che da ministro della Giustizia ha firmato il provvedimento sulle unioni civili, evidentemente si dissocia da quella parte di sé che fa il Guardasigilli. Fioroni è in contraddizione con se stesso, dal momento che non ha mai criticato i Dico. Dal Family day mi aspetto serie proposte per la politica della famiglia, e quella è la parte della manifestazione che ascolterò e con cui entrerò in sintonia, ma dal mio posto di ministro».

9 maggio 2007

lunedì, maggio 07, 2007

Family day, piazza San Giovanni è già quasi piena

12 MAGGIO. PROCEDE A PIENO RITMO LA MACCHINA ORGANIZZATIVA DEL FORUM DELLE FAMIGLIE
Soltanto le Acli, che hanno chiuso ieri le “prenotazioni”, porteranno in piazza San Giovanni almeno quindicimila persone. Hanno organizzato duecentocinquanta pulman «ma - fanno sapere -la domanda era molto più alta, abbiamo dovuto dire molti no».Tra questi cinquanta da Napoli. E i neocatecumenali, movimento spirituale di origine spagnola che ai tempi fu il vero motore organizzativo della piazza madrilena antizapatero, sanno che possono contare su numeri decisamente più alti. Forse solo loro saranno centomila. E almeno ventimila saranno gli aderenti a Comunione e Liberazione. Le proporzioni sono queste, e se si tiene conto del fatto che le organizzazioni che fino a oggi hanno aderito al family day del 12 maggio sono più di trecento (e ci sono realtà capillari come l’Azione cattolica e il grosso delle parrocchie italiane) il conto è presto fatto; si dice centomila pensando a dieci volte di più e cioè a grattare il milione dal basso. La macchina organizzativa del Forum delle famiglie, a cui aderiscono tre milioni di nuclei familiari, punta a stupire. Per il momento colpisce che uno dei portavoce della manifestazione. il solitamente cauto Savino Pezzotta abbia detto esplicitamente che il 12 maggio si manifesterà per la famiglia ma anche contro i Dico. Il punto di mediazione raggiunto fra le associazioni che puntavano a una cosa più politica e quelle che invece insistevano per depoliticizzare l’evento ai tempi della convocazione della mobilitazione (Acli, Sant'Egidio, Ac) era stato proprio quello di evitare la contrapposizione frontale, sottolineando più l’aspetto pro che quello contro. Gli equilibri sono cambiati? «La natura della manifestazione non cambia», spiega a Europa un autorevole esponente dei "frenatori". «Lo slogan non sarà quello, il centro sarà la famiglia». Ma nei fatti, l’evento rischia davvero di colorirsi in un altro modo e di essere se non una manifestazione strumentale, comunque strumentalizzabile.
Intanto procede anche il toto presenze dei partiti, accettati in piazza senza bandiere. II centrodestra ci sarà in forze: praticamente tutta l’Udc (parrebbe anche Casini), un bel pezzo di Forza Italia, molta An. Il centro sinistra vedrà la presenza di due ministri, Fioroni e Mastella (con famiglia) e di una certa fetta di Margherita con tutti i teodem e il sottosegretario alla solidarietà sociale Cristina De Luca. Un drappello di liberali Dl, fra cui Natale D'Amico sarà nell’altra piazza, quella dell"orgoglio laico", piazza Navona. Dove manifesterà una nutrita rappresentanza di Rifondazione con il suo segretario Franco Giordano, il leader dello Sdi Boselli, un pezzo dell’ex correntone, e naturalmente i Radicali. Guidati dal ministro Emma Bonino. Anche in piazza Navona si attende molta gente ma San Giovanni è inarrivabile.
da Europa

giovedì, marzo 29, 2007

LUCIA ANNUNZIATA: PERCHÉ ANDRÒ AL FAMILY DAY

Le ragioni per andare al Family Day, anche per un cittadino che appoggia i Dico, anche al fianco delle organizzazioni cattoliche più conservatrici, sono, a mio parere, scritte nel Dna stesso della sinistra... di Lucia Annunziata.


Andrò al Family Day. Decisione individuale e privata di un elettore qualunque dell’Ulivo. Ma se persino nel più «laico» dei partiti della coalizione di governo, quale i Ds, ci sono segnali di una riflessione in merito, forse è tempo che una serie di scelte individuali vengano dichiarate.

Le ragioni per andare al Family Day, anche per un cittadino che appoggia i Dico, anche al fianco delle organizzazioni cattoliche più conservatrici, sono, a mio parere, scritte nel Dna stesso della sinistra.

1) Nella storia del movimento operaio, la famiglia è sempre stata un punto fermo della propria identità sociale; l’istituzione a cui, nell’esperienza concreta delle classi popolari, si è ancorata la solidarietà più generale, formata a immagine e somiglianza proprio delle relazioni solidali che la famiglia offre. Il movimento operaio e i suoi dirigenti hanno sempre abbracciato (fino al moralismo) un sistema di vita personale e familiare di massima austerità, indicando in questa scelta una intera scala di valori che si opponeva orgogliosamente alla «libertà» con cui il mondo borghese viveva i suoi legami familiari. In Italia la famiglia operaia è stata così elemento propulsore nella creazione della società opulenta di oggi: dagli anni dell’immigrazione ai sacrifici per le scuole ai figli, ai sacrifici per comprare casa, è nell'ambito familiare che le classi più povere hanno trovato il parametro per speranze e riscatto. Infine, dentro la famiglia come luogo innovativo per nuove parità e nuove libertà è passata anche (in negativo e in positivo), più di recente, tutta l’ambizione a nuove relazioni umane. I figli omosessuali, o quelli che non vogliono più il matrimonio tradizionale, i ribelli e i single, l’Italia tutta che vuole i Dico, insomma, esce da questa esperienza familiare consolidata: e nella vita reale è nell’ambito delle famiglie che le irregolarità trovano spesso soluzione. Ancora oggi il popolo della sinistra rivendica così l’orgoglio di scelte familiari etiche - nel rispetto della propria tradizione. La famiglia non è affatto un valore soltanto cattolico.

2) Le ragioni della cronaca e della politica stanno modificando l'immagine della sinistra. Un trans è entrato in Parlamento; la foga della battaglia con la Chiesa ha spostato i Dico su toni di estremismo omosessuale; e la stessa foga di difesa politica ha portato la sinistra ad affrontare il caso Vallettopoli e Sircana rifugiandosi in una sorta di indifferenza di giudizio - con quella frase ripetuta «nel privato ognuno fa quello che vuole». Ma davvero è così? Davvero non ci sono limiti se non quelli dei bigotti alle scelte delle persone? È davvero perfettamente indifferente cosa si fa nel privato - indifferente, ad esempio, nella nostra difesa della dignità delle donne, nel rifiuto dello sfruttamento (sessuale oltre che materiale?); indifferente nella educazione dei figli, nella delineazione di una società diversa? Il rischio insomma è che la sinistra finisca schiacciata oggi, al di là della sua volontà, nel ghetto di una somma di differenze indifferenti. Dire un sì deciso all’idea di famiglia serve anche a strapparsi da questo possibile ghetto.

3) La sinistra è oggi al governo - deve dunque continuare a raccogliere consenso per continuare i suoi progetti. Rompere con la Chiesa, e ancora di più con le organizzazioni cattoliche, è un calcolo che non ha senso neppure dal punto di vista - minimo ma necessario - dei numeri. A chi giova dunque, ed ecco la terza ragione per sfilare nel Family Day, spaccare il dialogo sociale?

È una ragione forse eccessivamente tattica, ma anche squisitamente politica. Perché ripropone al governo di centrosinistra un dilemma decisivo: se cioè nel governare un Paese conti più la battaglia di identità o la costruzione di coesione sociale. La risposta data a questa domanda è stata finora a favore delle identità: la legge sui Dico è diventata infatti infinitamente più rilevante di quello che è nella realtà del Paese per il suo significato simbolico. Ma ai fini del bene pubblico, non è forse più rilevante la possibilità di costruire intorno a un principio una identità condivisa, magari costruita nel tempo, ma decisamente più ampia? Recenti sondaggi sul calo di popolarità del governo sostengono che i Dico vi giocano un grande ruolo: non è questo forse un monito?


Lucia Annunziata

domenica, marzo 25, 2007

Una piazza per, non contro.

Dov’è il vostro tesoro — dice il Vangelo-, là sarà anche il vostro cuore». Potrà sembrare strano a qualcuno, ma queste parole celebri di Gesù mi sono venute in mente in queste ore convulse passate a parlare, riflettere e discutere di Family day, richieste delle famiglie, polemiche poliriche e inaspettate risorse extragettito. C’è una grande manifestazione popolare indetta dalle più importanti organizzazioni del laicato cattolico italiano.
Una manifestazione per mettere finalmente al centro dell’attenzione della politica, e della società, il valore e la realtà concreta della famiglia. C’è un ministro della famiglia che risponde positivamente: «Il mio cuore è con voi». C’è infine un governo che ammette di ritrovarsi nel cassetto un “tesoretto”. Quale migliore occasione per dimostrare a tutti — dico a tutti — che davvero la famiglia è al centro dei pensieri e nel cuore di questo esecutivo? Se il bonus fiscale derivante dalle maggiori entrate tributarie, l’ormai noto tesoretto, sarà destinato effettivamente alla famiglia — ad esempio nella forma dell’abolizione Ici per la prima casa — non avremo ottenuto forse il primo importante risultato del tanto temuto family day? Non avremo dato la prima vera risposta a quella maggioranza silenziosa di famiglie “tradizionali” che da troppo tempo ormai attendono di essere riconosciute e aiutate nella loro “ordinaria” eppure eccezionale quotidianità? Perché allora tanta preoccupazione e agitazione per questo fatidico 12 maggio in piazza San Giovanni? Perché se i cattolici si mobilitano non si guarda all’oggetto delle loro preoccupazioni, ma si valuta strumentalmente quale può essere l’obiettivo politico-partitico che sta dietro alle loro scelte?
Nei mesi passati abbiamo assistito a scioperi e a manifestazioni per tutelare salari e orari di lavoro, anche imponenti, organizzate dalle confederazioni sindacali, alcune delle quali non certo politicamente neutre, eppure nessuno si è sognato di parlare di spallata o di iniziativa antigovernativa. Invece, quando al centro si è collocata la tutela della famiglia e come promotrici sono comparse le più importanti organizzazioni del laicato cattolico italiano, subito s’è destata la paura ed è emerso il sospetto.
Proviamo capirne il motivo. Innanzitutto la famiglia: un tema assai desueto per il politichese, almeno fino alle ultime elezioni, quando tutti i programmi elettorali sono stati infiocchettati con proposte, più o meno demagogiche, a suo sostegno e fino a che, non senza coraggio, il governo Prodi ha fatto nascere un apposito ministero con il compito di promuovere questo straordinario soggetto sociale. Da allora in avanti, però, pur con qualche tentativo di dare concretezza ai programmi, comparso in Finanziaria — con risultati invero ancora assai modesti — si è parlato principalmente di famiglia solo per darne definizioni e per chiarirne i limiti. E il dibattito, invece di portare a una mobilitazione per sostenere un valore dimenticato da tanti governi, anche cattolicissimi, che si sono susseguiti negli anni passati, è rimasto imprigionato nelle sabbie mobili della sterile contrapposizione ideologica. La politica, la buona politica, come tutti ben sappiamo, comporta la scelta coraggiosa delle priorità: in questi mesi, invece, ci si è accontentati di seguire l’onda del dibattito mediatico, spesso lontano dalla realtà e manipolato da minoranze organizzate. Allora perchè stupirsi se alcuni soggetti, che da sempre lottano per i diritti della famiglia, che si spendono in mille modi diversi per darle concreto aiuto, decidono anche di scendere un piazza? L’attenzione mediatica, una volta tanto, oggi c’è, le proposte concrete queste organizzazioni le hanno predisposte da tempo e tra loro affinate, l’entusiasmo e il desiderio di fare dei propri associati è palese. La politica sembra aver bisogno di una piccola spinta, per poter andare finalmente nella giusta direzione, rimettendosi in sintonia con il sentire dei più. Il family day, quindi, può divenire un vivace e partecipato momento di rilancio, uno sprone perché la conferenza sulla famiglia, che il governo ha indetto per la fine di maggio, non sia un incontro rituale, ma davvero l’avvio di una grande stagione di riforme e di investimenti coraggiosi. Quanto agli organizzatori, diversi nella loro storia, per sensibilità e interessi specifici, credo non debba stupire nessuno il fatto che abbiano trovato su questo tema un convinto motivo di unità. Sono infatti, ciascuno a proprio modo, associazioni e movimenti che vivono la loro ecclesialità nel servizio, di annuncio, testimonianza e carità, alle persone concrete, in carne ed ossa, con tutti i problemi che il mondo oggi ci pone innanzi. Parlare di famiglia per queste organizzazioni non può essere astratta elucubrazione sui massimi principi, ma nemmeno riduttivistica elencazione di problemi. Come emerge dal manifesto “Più famiglia”, al cuore vi è il desiderio che si affermi la bellezza di questo bene umano fondamentale, che se ne riconosca il ruolo sociale, la soggettività, la capacità di produrre coesione sociale e, ancor più, dì dare significato alla vita.
Non si nega l’attenzione anche alle istanze di quanti vivono in unioni differenti da quelle familiari, che pure sono spesso oggetto delle cure delle organizzazioni promotrici, ma si ribadisce la necessità di non fare confusione. Lasciando poi al legislatore, come è giusto che sia, opera. re le scelte più coerenti con il dettato della Costituzione e con i valori che vengono enunciati. Possiamo sperare che da oggi al 12 maggio si affievoliscano le polemiche e crescano le proposte concrete? I segnali di queste ore, la richiesta di molte forze politiche di investire l’intero gettito aggiuntivo sul sostegno alla famiglia, ci fanno ben sperare. L’importante è che sia chiaro a tutti che la famiglia è il vero tesoro di questo paese.
Andrea OLIVERO - Presidente Nazionale delle Acli