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sabato, giugno 30, 2007

Se i vescovi ora parlano più piano

Riprendo da La Stampa un interessante articolo di Franco Garelli sull'attuale fase della Chiesa italiana. (link cliccando il titolo) po

FRANCO GARELLI
Da qualche mese sembra essersi attenuata la voce dei vertici della Chiesa italiana sui temi di rilevanza pubblica. Non mancano ovviamente i richiami di fondo, come sulla centralità della famiglia o sulla questione - che si profila all’orizzonte - del testamento biologico, ma essi vengono formulati con maggior cautela rispetto al recente passato, quando la Chiesa non perdeva occasione per affermare con forza le proprie posizioni, quasi a porsi come un nuovo soggetto «cultural-politico nella società italiana.

Questo mutamento di strategia può avere molte spiegazioni. Le più contingenti chiamano in causa le numerose e scomposte reazioni che si sono innescate nella società a seguito del nuovo protagonismo della Chiesa cattolica, che avrebbero indotto i vescovi ad agire con maggior prudenza nel farsi portavoce dei valori cattolici e del bene comune sulla scena pubblica. Il riferimento in questo caso non è soltanto alla campagna d’intimidazioni che ha colpito monsignor Bagnasco all’inizio del mandato da capo dei vescovi italiani; ma anche alla recente prova di muscoli che si è consumata nella piazza più famosa d’Italia, quando una folla mai vista ai Gay Pride ha invaso S. Giovanni a Roma proprio per contrapporsi al Family Day cattolico celebrato nello stesso luogo pochi giorni prima; o ancora, al montare dell’anticlericalismo di cui emergono vari segni sia nella produzione di pamphlet che scalano le classifiche dei libri più venduti sia in trasmissioni televisive (come quella di Santoro sulla pedofilia dei preti) che vanno a fare le pulci in casa ecclesiale.

Altri motivi sembrano indurre i vescovi italiani a un atteggiamento di maggior prudenza pubblica. La Chiesa sta vivendo una nuova fase, dopo il cambio di chi la dirige. Monsignor Bagnasco non ha una linea diversa da quella del cardinal Ruini, ma l’interpreta più in termini pastorali che con l’idea d’incidere sugli equilibri del Paese. Oltre a ciò, il cattolicesimo più impegnato è alle prese con tensioni e riflessioni interne, per il peso di alcune scelte ecclesiali maturate nel tempo.

Negli ultimi anni la Chiesa ha promosso una serie di grandi eventi pubblici, sia per meglio far sentire le sue proposte nella società della comunicazione, sia per far emergere il consenso sociale attorno ai valori che promuove. In parallelo, sui temi caldi del dibattito pubblico sono sorti vari Comitati (Forum delle famiglie, delle associazioni, Scienza e vita, ecc.), con lo scopo di rappresentare un punto di riferimento organizzativo e culturale per la battaglia sui valori. Queste nuove formule organizzative hanno creato non pochi problemi alla vita delle grandi associazioni cattoliche da tempo radicate nel Paese. Realtà come Azione cattolica, Acli, Cl, scout, movimenti spirituali, Comunità di Sant’Egidio sono state chiamate a mobilitarsi su campagne particolari e temi emergenti, a farsi carico di compiti impropri o non previsti, ad aderire a iniziative che non rientravano nei loro progetti; tutti aspetti che hanno creato disagio nel mondo della militanza cattolica, che si è sentita esposta alla dispersione dell’impegno e fors’anche a un ruolo di cinghia di trasmissione di progetti pensati altrove. Inoltre, i forum e le strutture nati dai grandi eventi ecclesiali, o per sostenere le diverse battaglie sui valori promosse dalla Chiesa, possono entrare in concorrenza con i movimenti e le associazioni che da sempre rappresentano l’asse portante del cattolicesimo impegnato. Talvolta, infine, i grandi eventi consacrano leader (come nel caso di Savino Pezzotta per il Family Day) che possono sentirsi investiti di un ruolo pubblico che scompagina gli equilibri già precari che si riscontrano nell’associazionismo cattolico organizzato.

Non mancano dunque le ragioni interne al mondo cattolico che orientano i piani alti della Chiesa a una presenza più cauta nella società italiana. Il cattolicesimo impegnato corre il rischio della frammentazione, proprio in un momento storico in cui più si avverte l’esigenza di gruppi e associazioni che s’impegnino dal basso a testimoniare i grandi valori e a costruire positive condizioni di convivenza.

lunedì, maggio 14, 2007

Sinistra ascolta S. Giovanni: un articolo di Lucia Annunziata per far riflettere e discutere

Vabbè, capisco. Un milione di persone cosa volete che sia? Per altro non è nemmeno sicuro che siano state davvero un milione, perché si sa che in questi casi gli organizzatori esagerano. Così come si sa che quando ci sono le parrocchie di mezzo la folla si fa subito, e infatti che tipo di folla era, alla fine? Brutti, brutti, brutti persino peggio di quelli di Cl che almeno hanno l’estetica giusta, visto che sono espressione del Nord. Poi, se non bastasse, non avete guardato le tendenze demografiche, non avete forse visto che i dati ci danno ragione, in Italia, e anche in America, aumentano le famiglie senza matrimonio, e i figli fuori dal matrimonio? Mi arrendo, dunque, alla valanga di rassicurazioni che i pensatori, i leaders (e un po’ di basso cicaleccio) della sinistra, oggi tutta in versione «esperta di Vangelo», mi dicono per aiutarmi a dimenticare presto la giornata del Family Day. Nulla è successo, tutto è come prima.

Personalmente, i Vangeli non li sfoglio con frequenza, ma qualche conto con le mani, senza scomodare un pallottoliere, credo di saperlo ancora fare: e secondo questi conti, in un Paese in cui la coalizione al governo ha vinto per ventimila voti, c’è un’alta possibilità che quei ventimila voti fossero domenica in quella piazza. Se si aggiunge che la manifestazione è stata organizzata da Savino Pezzotta, uomo non esattamente sconosciuto alla sinistra, e da Luigi Bobba, senatore a pieno titolo del nuovo Pd, i dubbi sulla presenza di quei ventimila voti si fanno quasi certezza. Era davvero scontato, ed è oggi davvero indifferente, che quella piazza non sia stata parte delle mobilitazioni del centrosinistra? Sullo scontato non possiamo pronunciarci, visto che con i se non si va da nessuna parte; quanto all’efficacia basta guardarsi intorno.

I coraggiosi della laicità a Piazza Navona hanno messo su una bella festa, ma con lo sguardo rivolto indietro, rivelando di quanta nostalgia siano intessute le loro aspirazioni di oggi. La lontana equidistanza in cui si sono rifugiati i Ds ha negato quella che è, ancora oggi, la loro migliore qualità: la forza di stare in mezzo alle cose. Più che in ascolto sono apparsi così in imbarazzo. Ma il vero disastro ha attraversato come una lama i cattolici del futuro Partito Democratico: con Acli, Sant’Egidio, sindacato in piazza, e Bindi (e simili) a tentare freneticamente di lanciare un ponte qualunque con quella stessa piazza: chi pensa che una conferenza nazionale sulla famiglia sia una ottima risposta a tanti cattolici in piazza alzi la mano.

Del resto, dicono i commentatori, spaccare, infilare questo paletto nel cuore della unità dei cattolici del futuro Partito Democratico era proprio lo scopo di questa manifestazione. Se questo era l’obiettivo di Pezzotta, dei focolarini, e della Chiesa abbiamo solo da congratularci con loro: l’obiettivo è stato raggiunto. La domanda rimane: com’è possibile che gli italiani che vogliono difendere la famiglia - obiettivo in sé non così disprezzabile (dopotutto non si trattava di svastiche o croci uncinate) - partiti con Savino Pezzotta siano arrivati poi sotto il cappello di Silvio Berlusconi. Ed è una domanda cui la sinistra ancora non ha dato risposta. Sostenere infatti che questo sia il risultato di una enorme pressione della Chiesa, o di una abilità tattica della destra, non è credibile. La Chiesa era molto più forte e attiva nel lontano 1974, eppure il referendum vinse. E il centrodestra appare oggi più confuso e diviso del centrosinistra: persino in piazza San Giovanni domenica i suoi leader sono riusciti a litigare.

Invece di guardare indietro alla gloriosa data del referendum sull’aborto, il pensiero del centrosinistra avrebbe dovuto forse rivolgersi a un altro referendum, quello sulla procreazione assistita, perso drammaticamente pochi anni fa. Dopo quella sconfitta la sinistra avviò una riflessione sul proprio stesso voto, che aveva rifiutato quella scelta. Si disse, allora, che evidentemente stava crescendo nella popolazione italiana una ricerca intorno all’etica pubblica e privata dai profili diversi, in cui si coniugava il desiderio di cambiamento a un bisogno di certezze. Famiglia, Stato, cittadinanza, sicurezza sono del resto in tutta Europa (nelle analisi dello stesso centrosinistra) il grumo intorno a cui si desidera trovare quella solidità che serve ad affrontare tutto un mondo in rapida evoluzione: aperto dalla rottura delle frontiere dell’economia, della scienza e delle nazioni. Riflessioni che sono state riproposte recentemente anche dalle trasformazioni in corso in grandi Paesi guida come l’Inghilterra, e poi la Francia. Nazioni in cui nuove domande economiche e spirituali hanno - secondo l’opinione di tutti - provocato la fine dell’idea tradizionale di destra e sinistra.

Dunque, perché non riconoscere che sui temi della famiglia, dei diritti, della sicurezza, è al lavoro anche in Italia questa talpa che lentamente cambia la coscienza pubblica, inclusa quella di sinistra? Si è preferito invece dare vita a una vecchia competizione fra laici e cattolici, in cui, se di questo si tratta, si è finito con il dare la vittoria alle forze più conservatrici.

Certo, i principi sono importanti, e la politica è innanzitutto difesa di principi: non si può ammainare la bandiera della laicità. Ma se questi principi non si è capaci di trasformarli in provvedimenti reali, perché mancano i numeri nello stesso governo, perché c’è dissenso nella stessa base delle forze politiche che li propongono, perché c’è divisione nel Paese, bisognerà almeno dirsi che questa politica è inefficace? Se di recente c’è stato caso più perfetto di errata gestione di un percorso politico, certo io non lo ricordo.
(Lucia Annunziata su La Stampa di oggi. clicca il titolo)

giovedì, febbraio 01, 2007

Fondazione Sud: incontro a Salerno.

Ieri è stata presentata a Salerno la Fondazione per il Sud. L’appuntamento si è tenuta nella sede di Confindustria. Dopo i saluti del presidente Andrea Prete, l’iniziativa è stata introdotta dal presidente della Fondazione Salernitana Sichelgaita, Giovanni Vietri. Sono intervenuti il presidente della Fondazione per il Sud, Savino Pezzotta, il presidente dell’Acri e della Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, la portavoce del Forum del Terzo Settore e presidente di Federsolidarietà-Confcooperative, Vilma Mazzocco, il vicepresidente della Compagnia di San Paolo, Carlo Callieri, il presidente della Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Gabriello Mancini. La “Fondazione per il Sud” si propone di promuovere e potenziare l’infrastrutturazione sociale del Mezzogiorno. Attraverso l’attuazione di forme di collaborazione e di sinergia con le diverse espressioni delle realtà locali, la Fondazione favorirà lo sviluppo di reti di solidarietà nelle comunità locali. Ciò avverrà rafforzando e integrando le reti del volontariato, del terzo settore e delle fondazioni, con strumenti e forme innovative che, senza sostituirsi al necessario ruolo delle istituzioni pubbliche, operino in sinergico rapporto con esse, per contribuire alla costruzione del bene comune e alla realizzazione dell’interesse generale.
Consiglio di amministrazione.
PresidenteSavino Pezzotta (nominato anche presidente del Comitato tecnico)Componenti:
Per il Forum del Terzo Settore Maria Guidotti portavoce Forum del Terzo Settore — presidente dell’AuserVilma Mazzocco portavoce Forum del Terzo Settore — presidente di Federsolidarietà/ConfcooperativeAndrea Olivero presidente dell’AcliPaolo Beni presidente dell’ArciMarco Granelli presidente di Csv.netFausto Casini presidente dell’Anpas.
Per l’Acri : Giuseppe Guzzetti presidente della Fondazione CariploCaterina Bima vicepresidente della Compagnia San Paolo, Emmanuele Francesco Maria Emanuele presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di RomaAdriano Giannola presidente dell’Istituto Banco di Napoli FondazioneGabriello Mancini presidente della Fondazione Monte dei Paschi di SienaEdoardo Speranza presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di FirenzeLa Fondazione ha sede a Roma ed è amministrata da un Consiglio di Amministrazione i cui componenti durano in carica tre anni e sono rieleggibili per ulteriori due mandati consecutivi. Complessivamente sono 13: 12, suddivisi pariteticamente fra rappresentanti delle organizzazioni del Volontariato e Fondazioni, cui si aggiunge il Presidente del Consiglio di Amministrazione, quale figura super partes.