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lunedì, marzo 30, 2009

Il Tfr va rivalutato anche se l’indice dei prezzi al consumo è in calo

L’art. 2120 del codice civile, dispone che il Trattamento di fine rapporto (TFR) venga "incrementato su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa, e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’Istat, rispetto al mese di dicembre dell'anno precedente".

Nell’applicare il tasso di rivalutazione per frazioni di anno, l’indice Istat è incrementato con riferimento alla differenza tra l’indice maturato nel mese di cessazione del lavoro e l’indice maturato al mese di dicembre dell’anno precedente, considerando come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.
Poiché nei mesi di gennaio e febbraio 2009 l’indice dei prezzi al consumo è risultato più basso dell’indice accertato a dicembre 2008, un’interpretazione rigida della norma avrebbe portato non ad un incremento, ma ad un decremento del Tfr.

In assenza di orientamenti ministeriali, è intervenuta una nota di Confindustria, secondo la quale l’art. 2120 dispone che il Tfr venga "incrementato", in base all’aumento dell’indice Istat, e non "variato" in relazione a tale indice. "Sembra corretto ritenere – conclude Confindustria – che in caso di variazioni negative, la quota variabile del coefficiente di rivalutazione deve essere posta pari a 'zero' ".
Ne consegue che nei mesi di gennaio e febbraio è stato applicato il solo coefficiente di rivalutazione annua pari all’1,5%, che su base mensile ammonta a 0,125%.

venerdì, giugno 27, 2008

I fondi pensione crescono meno del TFR

Preoccupano le Acli i dati presentati oggi della Covip, la Commissione di Vigilanza sui fondi pensione, che denunciano l'andamento negativo dei rendimenti finanziari di tutte le forme di previdenza complementare. Ma ancor più dei dati è preoccupante, per le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, che «a due anni appena dalla riforma, le valutazioni evochino un clima da performance speculativa piuttosto che da previdenza sociale».
Tre sono, invece, secondo le Acli e il loro Patronato, i punti di attenzione che i dati presentati dal presidente Scimìa suggeriscono di tenere ben fermi: la prima questione è che il risparmio previdenziale è necessariamente un progetto di lungo periodo; la seconda è che l’obiettivo di ogni forma di accantonamento è di assicurare, a tutti i lavoratori in pensione, livelli di reddito dignitosi e non di creare distinzioni e sperequazioni tra chi ha aderito ai fondi e chi no; la terza questione è che bisogna far crescere una nuova cultura previdenziale, in grado di promuovere l’azione e la consapevolezza di ciascuno all’interno di uno scenario comune e collettivo.
Rispetto a quest’ultimo punto, le Acli esprimono soddisfazione per l’iniziativa congiunta Covip / Ministero della Pubblica Istruzione, che impegna entrambe le istituzioni a promuovere l’educazione previdenziale nelle scuole secondarie di secondo grado, con particolare riferimento alle prospettive della previdenza complementare.
La crescita della cultura previdenziale è un punto di particolare sensibilità e impegno per le Acli, cui hanno dedicato importanti e reiterate campagne di informazione sociale. Attraverso il loro Patronato e non solo, le Acli si candidano ancora una volta a fare la loro parte, in particolare “informando i lavoratori sulla possibilità, prevista dalla legge, di iscrivere ai fondi pensione i “familiari a carico”, che costituisce un’opportunità per iniziare a costruire il futuro previdenziale dei propri figli, nella consapevolezza che un corretto approccio ai temi del risparmio previdenziale sembra trovare naturale collocazione nel più ampio contesto della tutela dei redditi della famiglia”.

Alcuni dati del Rapporto COVIP
Secondo i dati riportati nella Relazione annuale della Covip, il rendimento medio dei fondi pensione nel 2007 è stato del 2,1% contro il 3,1% del Tfr che è stato spinto dalla crescita dell'inflazione. Solo 70 mila lavoratori hanno detto sì ai fondi con il silenzio-assenso. Molto scarsa ancora l'adesione dei giovani sotto i 35 anni che rappresentano solo il 25% degli aderenti.
Su un potenziale di 12,2 milioni di lavoratori interessati solo 3,5 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato hanno aderito a forme pensionistiche complementari, circa il 28,7% del totale, mentre sono 4,7 milioni in tutto gli iscritti alle forme pensionistiche ad aprile 2008.
I fondi pensione continuano a concentrarsi soprattutto nel nord del paese e nelle grandi imprese, mentre nelle piccole aziende la previdenza complementare rimane essenzialmente assente, come accade anche nel settore pubblico, fatta eccezione per il fondo Espero della scuola.
«Dopo quattro anni di crescita sostenuta - ha detto Scimia - l'andamento negativo delle principali borse mondiali, iniziato in coincidenza con le note vicende legate alla crisi dei mutui subprime e acuitosi nei primi mesi del 2008, si è purtroppo riflesso nei rendimenti non incoraggianti conseguiti dai fondi. In media i risultati sono stati inferiori alla rivalutazione del Tfr». I dati in possesso della Covip sulle performance finanziarie dei fondi dicono che nel 2007 il rendimento medio aggregato dei fondi pensione negoziali è stato del 2,1%, mentre i fondi pensione aperti sono andati addirittura sotto (meno 0,4%), a fronte di un guadagno del 3% del Tfr. «Non è però possibile una valutazione su un solo anno» avverte Scimia. Nell'ultimo quinquennio infatti (2003-2007), i fondi negoziali chiusi hanno messo a segno un rendimento pari al 25%, i fondi aperti +25,5%, il Tfr +14 per cento. Per quanto riguarda il 2008, «il primo trimestre è negativo, ma c'è una ripresa in aprile e maggio; quindi pensiamo che il primo trimestre venga compensato dal secondo trimestre», ha detto il presidente della Covip. Tuttavia, il 2008 non registrerà certamente le performance degli anni fino al 2006 ma «si attesterà sui livelli del 2007» questo perchè, ha sottolineato Scimia, la crisi dei mercati finanziari non ha influito solo sulle quotazioni azionarie, ma anche sui titoli obbligazionari.

venerdì, maggio 25, 2007

Campagna nazionale di informazione e confronto su politiche sociali, pensioni e TFR


Continua la campagna nazionale voluta dalle ACLI e dal Patronato Acli per allargare il confronto e dibattito con i cittadini attorno alle questioni oggi in campo relativamente al varo della previdenza complementare e ai temi scottanti legati alle pensioni e alle politiche sociali.

Si tratta - come è scritto nel testo di presentazione dell'iniziativa - di questioni che riguardano tutti, non 'solo' i milioni di cittadini che entro il 30 giugno dovranno scegliere la destinazione del loro TFR. Per noi delle Acli, si tratta di questioni alla base della nostra ragion d'essere, che si inscrivono nel contesto più ampio del pensiero e dell'azione sociale: dalla tutela dei diritti sociali e previdenziali allo sviluppo di un welfare solidaristico e ispirato a principi universalistici...'.
Con la campagna, di fatto già avviata in tutto il territorio nazionale, le Acli intendono aprire spazi di dibattito e di riflessione con la cittadinanza; dare vita ad incontri sociali a carattere formativo e informativo; promuovere iniziative che coinvolgano le realtà territoriali e le parti sociali, chiamandole a confrontarsi con le proposte avanzate dalle Acli.


Vai alle pagine sulla campagna


Consulta l'agenda delle iniziative in corso

lunedì, marzo 26, 2007

Destinazione del TFR

Destinazione del TFR maturando, il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale ricorda:
Decreto interministeriale 30 gennaio 2007, recante “Attuazione dell’articolo 1, comma 765, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Procedure di espressione della volontà del lavoratore circa le destinazione del TFR maturando e disciplina della forma pensionistica complementare residuale presso l’INPS (FONDINPS)”.
Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ricorda che ai fini della espressione della volontà circa le destinazione del TFR maturando il lavoratore deve riconfermare la propria scelta eventualmente fatta precedentemente alla pubblicazione del decreto che contiene i moduli ufficiali TFR1 e TFR2
Infatti:
* la manifestazione della volontà di destinazione del TFR deve esse esercitata esclusivamente attraverso la compilazione dei moduli TFR1 e TFR2 allegati al decreto;
* la disposizione di cui al comma 6 dell’articolo 1 del decreto (“Per i lavoratori che successivamente al 31 dicembre 2006 e prima della data di pubblicazione del presente decreto avessero già manifestato al datore di lavoro la propria volontà di conferire il TFR ad una forma pensionistica complementare, è fatta salva la decorrenza degli effetti dalla data della scelta già compiuta, a condizione che tale scelta sia confermata mediante la compilazione del modulo TFR1 o TFR2, allegato al presente decreto, entro 30 giorni dalla predetta pubblicazione”) ha definitivamente chiarito che i soli moduli utilizzabili sono quelli denominati TFR1 e il TFR2, ma che comunque è fatta salva la decorrenza degli effetti della scelta della previdenza complementare già compiuta fino al 31 gennaio 2007, purché sia riconfermata mediante la compilazione dei soli moduli validi TFR1 e TFR2, entro 30 giorni dalla pubblicazione del decreto 30 gennaio 2007.

domenica, febbraio 25, 2007

www.tfr.gov.it

il governo ha dedicato un sito al tema della previdenza complementare e dell'uso del tfr (trattamento di fine rapporto). E' un argomento importante ed attuale che conviene continuare ad approfondire.

Entro giugno molti sono chiamati ad una scelta difficile: liquidazione o pensione integrativa?

La decisione del Governo di anticipare la riforma della previdenza complementare al 2007, trova una più appropriata chiave di lettura se collocata nel quadro dell’intero sistema pensionistico, di cui la previdenza complementare è da considerarsi ormai parte integrante.
L’elemento più rilevante della riforma consiste nel tentativo di “sbloccare” il Tfr dei lavoratori dipendenti e di destinarlo ad un fondo pensione: se è vero che l’adesione alla previdenza complementare avviene su base volontaria, è pur vero che il lavoratore sarà chiamato a scegliere, entro sei mesi, in merito al destino del suo Tfr, e se non opererà alcuna scelta la normativa prevede che il Tfr venga comunque destinato, nel silenzio del lavoratore, ad un fondo pensione, secondo precise modalità.
È dunque una scelta libera, o si tratta di una scelta forzata? per approfondire

lunedì, febbraio 19, 2007

Pensione libera? liquidazione o pensione integrativa?

Entro giugno molti sono chiamati ad una scelta difficile: liquidazione o pensione integrativa?

La decisione del Governo di anticipare la riforma della previdenza complementare al 2007, trova una più appropriata chiave di lettura se collocata nel quadro dell’intero sistema pensionistico, di cui la previdenza complementare è da considerarsi ormai parte integrante.
L’elemento più rilevante della riforma consiste nel tentativo di “sbloccare” il Tfr dei lavoratori dipendenti e di destinarlo ad un fondo pensione: se è vero che l’adesione alla previdenza complementare avviene su base volontaria, è pur vero che il lavoratore sarà chiamato a scegliere, entro sei mesi, in merito al destino del suo Tfr, e se non opererà alcuna scelta la normativa prevede che il Tfr venga comunque destinato, nel silenzio del lavoratore, ad un fondo pensione, secondo precise modalità.
È dunque una scelta libera, o si tratta di una scelta forzata?
Si può ritenere che si tratta di una scelta libera, ma, per così dire, limitata, trattandosi piuttosto di una necessità derivante dalla prevista riduzione degli importi delle future pensioni del sistema obbligatorio, conseguente all’applicazione del calcolo contributivo, in particolare per coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995. In tale anno era stata varata la “Riforma Dini” che aveva perfezionato l’architettura del sistema previdenziale, definendo i “due pilastri” sui quali si sarebbe retto il futuro edificio pensionistico: il “primo pilastro”, costituito dal regime generale obbligatorio, a ripartizione e con metodo di calcolo contributivo, e un “secondo pilastro”, costituito dalla previdenza complementare, costituita su basi volontarie, a capitalizzazione.
Per destinare risorse al secondo pilastro si era individuato, per i lavoratori dipendenti, il Tfr; ma tra ritardi e lungaggini, la previdenza complementare, in poco più di dieci anni, ha interessato solo il 13-14% dei lavoratori italiani. Con le disposizioni entrate in vigore dal 2007 il processo decisionale sarà accelerato, almeno per i lavoratori dipendenti del settore privato.
Regime obbligatorio e regime volontario sono dunque i due pilastri. Si tratta di creare le condizioni perché l’edificio sia solido, o meglio, fuor di metafora, sia in grado di garantire pensioni dignitose alle persone nel momento in cui si ritirano dall’attività lavorativa.
Per questo è necessario un oculato uso delle risorse destinate al secondo pilastro, e affinchè ciò si realizzi è necessario che si diffonda la “cultura” del risparmio previdenziale nel nostro Paese.
In parte questa cultura è già presente, come dimostra l’alta propensione al risparmio degli italiani, ma è necessario un salto di qualità. Va, infatti, osservato che ben raramente, nell’immaginario collettivo, il sistema previdenziale è stato percepito come associato al risparmio per la vecchiaia, per costruire il quale il lavoratore è costretto ad esercitare un ruolo attivo. Il sistema di primo pilastro non contiene, infatti, in sé, per sua configurazione, elementi di responsabilizzazione dei lavoratori: la misura della contribuzione è fissata per legge, e quindi non la si può incrementare a piacimento, l’obbligo dei versamenti contributivi ricade sul datore di lavoro, il calcolo di pensione è stabilito dalla legge, e l’Inps è un ente affidabile perché alla fine paga… La pensione viene, quindi, di fatto percepita come un “qualcosa di dovuto” piuttosto che come un qualcosa da costruire giorno per giorno: al lavoratore non viene chiesto di svolgere un ruolo attivo, se non quello di preoccuparsi di controllare che i contributi gli vengano accreditati correttamente e regolarmente.
Con il varo della previdenza complementare il lavoratore è ora chiamato ad un ruolo attivo e consapevole, perché la caratteristica di volontarietà lo chiama comunque ad operare più di una scelta per costruirsi la seconda pensione: destinare o meno il proprio Tfr al risparmio previdenziale, scegliere un Fondo piuttosto che un altro, incrementare o meno la misura della propria contribuzione, scegliere il comparto di investimenti più appropriato alla propria condizione, cambiare comparto, come pure perfino cambiare Fondo, se i rendimenti del suo risparmio previdenziale non lo soddisfano. E si potrebbe continuare.
“Monitoraggio” e “manutenzione” del risparmio previdenziale sono due azioni che impegneranno le persone nel corso della vita lavorativa, affidandosi anche alla consulenza di soggetti indipendenti e imparziali. In questo senso si può affermare che siamo di fronte ad una svolta che è innanzi tutto “culturale”, che fa appello al senso di responsabilità dei lavoratori e dei cittadini. Ma per esercitare un ruolo attivo occorre che i lavoratori siano adeguatamente informati in modo da poter esercitare scelte libere e consapevoli.
Va sottolineato che la normativa non lascia il lavoratore da solo di fronte ai fondi pensione: è stato definito un efficace sistema di vigilanza a garanzia del risparmio previdenziale, affidandone la responsabilità ad un’unica authority, la Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione), che dispone in merito alla stesura di statuti e regolamenti dei fondi, ne controlla l’operato con visite ispettive periodiche, ed esegue altre operazioni a tutela del risparmio previdenziale.
Perché il cambiamento sia perfezionato occorre tuttavia che vengano messe a punto anche altre misure in grado di favorire la più ampia diffusione della previdenza complementare tra tutti i lavoratori. Occorre che siano presto perfezionate le norme che consentano anche agli operatori del pubblico impiego di iscriversi ad un fondo pensione. Occorre anche che si creino le condizioni perché alcune categorie di lavori molto parcellizzati, come ad esempio la categoria del lavoro domestico, siano messe in condizione di potersi inserire nel secondo pilastro, pur a partire dalle rispettive peculiarità.
Non è possibile, inoltre, nascondersi le difficoltà che potranno incontrare le fasce più deboli del lavoro parasubordinato ed autonomo, per le quali non è possibile disporre del Tfr; analogamente, si presenteranno difficoltà per quei lavoratori dipendenti che prestano lavori precari in modo saltuario, per i quali il Tfr costituisce, di fatto, un ammortizzatore sociale da spendere tra due periodi di disoccupazione.
I problemi, come si vede, non mancano, ma la macchina si è messa in moto. Ora si tratta di operare e di vigilare perché vada nella direzione più favorevole alla tutela del reddito delle persone che hanno dedicato la loro vita al lavoro.
Giuseppe Argentino