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venerdì, luglio 25, 2008

Immigrati: favorire il ricongiungimento familiare

Acli, Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, Comunità di S.Egidio e Centro Astalli chiedono di rivedere le norme sui ricongiungimenti familiari e sull’asilo



Previsioni legislative che creano restrizioni, ostacoli, barriere all’ingresso e al soggiorno proprio di quei cittadini stranieri che si presentano in condizione di particolare vulnerabilità o che intendano ricostituire in Italia l’unità della loro famiglia. Questo il giudizio di Acli, Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, Comunità di S.Egidio e Centro Astalli circa le norme sui ricongiungimenti familiari, sull’asilo e sui comunitari in via di definitiva approvazione. Dopo le forti perplessità già espresse in occasione della presentazione del cosiddetto pacchetto sicurezza, si torna a chiedere di rivedere l’impostazione generale di queste previsioni in modo da garantire l’unità della famiglia anche in migrazione, spesso fondamentale anche in termini di sicurezza.

Il quadro che si delinea va invece in senso contrario, con condizioni estremamente restrittive per il ricongiungimento del coniuge, dei figli maggiorenni e dei genitori a carico e con l’introduzione dell’esame del Dna per accertare la parentela, con spese a carico del richiedente. Inoltre, nei pareri delle commissioni parlamentari, si invita il Governo ad introdurre un ulteriore limite ai ricongiungimenti, basato sul reddito, non più ancorato ad un criterio di progressione, ma al numero dei soggetti da ricongiungere. Così solo i nuclei più agiati potranno permettersi di documentare delle risorse economiche di cui spesso è privo anche un cittadino italiano. Non si considera invece che frequentemente la crescita economica di una famiglia straniera comincia proprio grazie ai ricongiungimenti, che consentono all’altro coniuge o ai figli in età da lavoro di trovare a loro volta un’occupazione per contribuire al miglioramento delle condizioni economiche familiari. Senza contare che l’innalzamento dei parametri di reddito prolungherà la separazione forzata fra membri della stessa famiglia, costringendo in molti casi a scelte dolorose. Si pensi, infatti, a quanto una misura del genere potrebbe incrementare l’aborto, già così diffuso fra le donne straniere. Sempre nei pareri della Camera compare un ulteriore ostacolo: la proposta di eliminare il meccanismo del silenzio – assenso per i nulla osta per i ricongiungimenti, misura che riconosceva il “rango superiore” del diritto all’unità familiare rispetto ad altre situazioni/aspettative circa l’ingresso nel paese, snellendo la procedura per l’ottenimento del titolo.

Per quanto riguarda invece i richiedenti asilo, si ribadisce che la necessità di dare segnali rassicuranti al paese non può andare a discapito di chi è in condizioni di particolare vulnerabilità. Non pare sensato procedere a modifiche del D. Lgs n. 25/2008, che ha recepito una direttiva europea sui rifugiati e richiedenti asilo, e la cui efficacia non è stata neppure ancora sperimentata.

Destano infine preoccupazione anche le restrizioni proposte al soggiorno dei cittadini comunitari, che di fatto ripristinano la situazione precedente all’ingresso nell’Unione.

Se è vero che spetta al mondo politico legiferare in questa materia, è altrettanto vero che la Chiesa e gli organismi che ad essa si ispirano hanno il dovere di fare appello alla coscienza pubblica e a quanti hanno autorità nella vita sociale, economica e politica, affinché vengano tutelati i soggetti più vulnerabili.

mercoledì, luglio 16, 2008

XIV Meeting Internazionale Antirazzista

Le culture, le loro svariate forme di espressione, i processi di mutamento, gli intrecci e le reciproche influenze, in una parola i loro mutui incroci rappresenteranno il filo conduttore della XIV edizione del Meeting Antirazzista che ha preso il via il 12 luglio scorso a Livorno, con il convegno “Città da Paura”, realizzato dall’Arci in collaborazione con la Fondazione Michelucci, il primo degli appuntamenti in calendario che ha visto la partecipazione delle Acli nella persona del presidente nazionale Andrea Olivero.
Quest'anno – è scritto nella presentazione dell’iniziativa che si svolgerà dal 12 al 20 luglio a Cecina “vogliamo affrontare proprio il tema delle relazioni tra culture - che sono relazioni, generalmente ineguali, fra individui e gruppi - dei modi con i quali le culture entrano in relazione con il contesto, lo modificano e ne sono modificate, di come spesso vengano richiamate ambiguamente per etichettare gruppi diversi dal ‘noi' e per giustificare scelte discriminatorie e rappresentazioni distorte”.
Fittissimo di incontri, iniziative e presenze il calendario della manifestazione, da cui già il 13 luglio è partita una netta presa di posizione di Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci, per la notizia che i Prefetti, su disposizione del ministero dell'Interno, pretendono che i dirigenti delle scuole inviino l'elenco degli alunni frequentanti, o nuovo iscritti, stranieri e rom. Con un comunicato stampa diffuso il giorno stesso, Miraglia si è rivolto ai dirigenti scolastici perché boicottino “questa misura, disubbidendo all'imposizione dei Prefetti in nome del diritto universale alla formazione scolastica, così come previsto anche dalla nostra Costituzione”.
Dopo la partecipazione di Andrea Olivero al convegno di apertura del meeting internazionale, le Acli seguiranno i lavori portando il loro contributo in altri appuntamenti in programma, tra i quali:

Domenica 13
Cecina
h 10:30 - 16:00
Assemblea nazionale associazioni: Il razzismo ci rende insicuri.
Interverranno: ACLI, Africa Insieme, Amnesty International, ANOLF, Antigone, ASGI, Cantieri Sociali, Caritas Italiana, Centro Astalli, CGIL, CIR, CISL, CNCA, Comunità di Sant'Egidio, COSPE, CSA Ex Canapificio Caserta, FCEI, Federazione Rom e Sinti Insieme, G2, Lunaria, Libera, Migrantes, MSF, Nosotras, Save the Children, Senza Confine, UIL Nazionale, associazioni, coordinamenti e reti territoriali.
Giovedì 17 luglio
Cecina
h 16:30 – 19:30
Ripartire dai territori per una nuova cultura antirazzista. Per un sistema nazionale di monitoraggio contro le discriminazioni: esperienze a confronto - in collaborazione con UNAR, IMED, ACLI, ANOLF, CGIL e CISL.
Intervengono: Carla Scaramella (IMED), Emanuele Galossi (IRES – Cgil), Fabio Sturani (Sindaco di Ancona e vice-Presidente nazionale delegato sulle politiche di immigrazione ANCI), Lucia Re (Università di Firenze), Marco Buemi (UNAR), Mercedes Frias (Punto di Partenza), Piero Soldini (Responsabile Ufficio Politiche per l’immigrazione CGIL Nazionale), Pino Gulia (responsabile ufficio immigrazione ACLI), Udo Enwereuzor (COSPE), Daniela Consoli (ASGI), Walter Massa (Presidenza Nazionale Arci), Fiamma Nesi (Ass. Comune di Rosignano M.mo), Francesca Betto (Ass. Comune di Bibbona)
Durante il convegno saranno presentati il V Rapporto IRES ‘Discriminazione, precarietà, sicurezza’, il rapporto finale del progetto LEADER e la pubblicazione "Quale parità per i migranti? Norme, prassi e modelli di intervento contro le discriminazioni".

Venerdì 18 luglio
Cecina
h 11:00 – 16:00
Seminario: Migranti per lo sviluppo e la cooperazione internazionale - con la partecipazione di Fairtrade, ACLI, ARCS, banca Etica, CESPI, ETIMOS, IPSIA, UCODEP, WWF.

h 14:30 - 16:30
Il ruolo delle comunità e delle associazioni di migranti nella solidarietà internazionale e nella cooperazione decentrata allo sviluppo.
Coordina: Gianluca Mengozzi (Arci Toscana)
Intervengono: Alessandro Celoni (Banca Etica), Divina Kapalad (Presidente Consiglio degli Stranieri Comune di Firenze), Ghani Adam (Nosotras), Lorenzo Garibaldi (Assessore Sanità e Cooperazione Comune di Siena), Luigi Lusenti (Arci Milano), Marco Baldini (Acli Padova), Michele Consiglio (vice-Presidente nazionale ACLI), Sebastiano Ceschi (CESPI), Andrea Barbieri (Direttore area internazionale UCODEP), Massimo Marini (Comune Cecina).

Per leggere il programma completo dell’iniziativa

lunedì, giugno 16, 2008

L'emergenza sono gli italiani. La questione "rom" vissuta e guardata da un altro punto di vista

L'emergenza sono gli italiani


La questione "rom" vissuta e guardata da un altro punto di vista

(da Aesse 5 2008)

Oggi è venuto un padre di famiglia romeno (e rom). Era in cerca di un posto per sé e per la sua famiglia, dopo gli sgomberi di questi giorni qui a Roma. Sua figlia è malata di idrocefalia triventricolare, operata e seguita già da anni al Policlinico di Roma. Vive con una valvola in testa. Fino a ieri erano in baracca, lungo la riva del fiume. Oggi siamo riusciti a trovar loro un posto, domani non lo so.

Ecco uno dei risvolti della “emergenza rom”, come la definiscono strumentalmente da qualche tempo. Un’emergenza in cui, tra le altre cose, le identità si confondono: rom o romeni? Un’ignoranza in cui tutto è uguale.

Un’emergenza discriminatoria che da secoli si ripresenta a ondate, in genere in corrispondenza di momenti storici difficili. A me sembra che il vero disagio sia quello della società italiana, con una forte crisi di identità e valori che fa nascere la paura. E la paura ha bisogno di qualcuno cui dare la colpa e che non può difendersi. Il popolo rom è un popolo che non ha terra, né rappresentanza, né diritti, perché è un popolo sostanzialmente clandestino. Un popolo con cui ce la si può prendere senza che alcuno, da destra a sinistra, dal campanile o dalla piazza, proferisca parola.

Si parla di “campi rom”… Ma i rom non vivono nei campi, che sono un’invenzione occidentale. La vera causa di tutta la situazione che stiamo vivendo è proprio la politica fallimentare dei “campi nomadi” sorti dagli anni ’60 in poi. Delle riserve dove tra l’altro non vivono più i rom, ma un sottoproletariato urbano che di rom non ha più nulla. Perché è nei famigerati campi rom che si è compiuto quel “genocidio culturale” che neanche Hitler riuscì a ottenere con risultati così vincenti.

Ciascuno di questi campi, poi, costa a Roma circa un milione di euro l’anno all’amministrazione comunale. Soldi che vanno a tutto un indotto (anche di malaffare), che si scanna sui bandi e offre “servizi” collegati alla gestione dei campi: recupero scolastico, servizi igienici, attività culturali e ricreative di vario genere. Servizi e attività sovvenzionate non controllate e che spesso non sono davvero realizzate.

Noi, già nel 2000, abbiamo proposto, insieme ad altre 7 famiglie, un progetto-pilota di un “vero” campo nomadi perfettamente autogestito, a costo zero: attivato con un prestito, tutto restituito, di 80 milioni di lire. È piaciuto in Francia e Spagna, ma non qui.

Io sono un gagiò, non sono un rom. Ma un giorno ho deciso di condividere la vita dei rom nei campi. Dai rom sono stato accolto, e tra i rom ho vissuto e lavorato fino al 2001. Tra loro ho conosciuto anche mia moglie Dzemila, con cui ora divido anche le fatiche e le gioie del centro di accoglienza “Padre Arrupe”, nato col sostegno dei gesuiti del Centro Astalli, e della “Casa di Marco”, una casa famiglia per bambini, italiani e stranieri, che abbiamo aperto nel 2006. Una scelta di accoglienza fatta con lo stesso spirito che avevamo nei campi: fare un cammino “di liberazione” insieme ad altre persone, ad altre famiglie.

Per me la parola integrazione è quindi una bellissima parola. Anche il nostro matrimonio è stato ed è un incontro tra culture diverse, vissuto come una risorsa in più. Anche se mia moglie resta una romnì e io resto un gagiò. E tali dobbiamo rimanere.

(l’autore è il responsabile del Centro di prima accoglienza “Padre Arrupe” di Roma - www.padrearrupe.com)

Carlo Stasolla