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domenica, maggio 24, 2009

Il Papa da Cassino: «Solidarietà ai lavoratori in cassa integrazione»

"Misure urgenti contro il precariato"
Il Papa auspica che Stato e imprenditori trovino «valide soluzioni alla crisi occupazionale, creando nuovi posti di lavoro a salvaguardia delle famiglie», nel corso di una messa celebrata stamane a Cassino.

Ricordando la lezione del padre del monachesimo europeo, San Benedetto - a cui si ispirò, al momento di salire sul trono pontificio, per scegliere il suo nome Benedetto XVI - il Papa ha sottolineato l’importanza del lavoro, «cardine» della spiritualità benedettina insieme alla preghiera. «Umanizzare il mondo lavorativo - ha detto Ratzinger nel corso della messa in piazza Miranda in occasione della solennità dell’ascensione - è tipico dell`anima del monachesimo, e questo è anche lo sforzo della vostra Comunità che cerca di stare a fianco dei numerosi lavoratori della grande industria presente a Cassino e delle imprese ad essa collegate».

«So - ha sottolineato il Papa tra gli applausi dei fedeli - quanto sia critica la situazione di tanti operai. Esprimo la mia solidarietà a quanti vivono in una precarietà preoccupante, ai lavoratori in cassa-integrazione o addirittura licenziati. La ferita della disoccupazione che affligge questo territorio induca i responsabili della cosa pubblica, gli imprenditori e quanti ne hanno la possibilità - ha scandito il Papa - a ricercare, con il contributo di tutti, valide soluzioni alla crisi occupazionale, creando nuovi posti di lavoro a salvaguardia delle famiglie».

Il Papa ha poi lodato l’attenzione rivolta dai monaci benedettini «all’uomo fragile, debole, alle
persone disabili e agli immigrati. Nell’odierno sforzo culturale teso a creare un nuovo umanesimo, fedeli alla tradizione benedettina - ha detto il Papa - voi intendete giustamente sottolineare anche l’attenzione all’uomo fragile, debole, alle persone disabili e agli immigrati. E vi sono grato che mi diate la possibilità di inaugurare quest’oggi la "Casa della Carità", dove si costruisce con i fatti una cultura attenta alla vita». Nel pomeriggio Benedetto XVI visiterà l’abbazia di Monte Cassino.

martedì, dicembre 25, 2007

Natale, l'appello del Papa "Salviamo la terra maltrattata"

Il monito di Benedetto VXI: "La società è troppo occupata da se stessa"
Attesa per il discorso che il Pontefice terrà durante la benedizione Urbi et Orbi

Natale, l'appello del Papa
"Salviamo la terra maltrattata"
CITTA' DEL VATICANO - Un forte appello per il diritto alla salute, al lavoro, alla tutela della dignità umana. Ed ancora un'accorata richiesta di pace, in Medio Oriente e non solo. Mentre piazza San Pietro si riempie filtrano le prime indiscrezioni sul discorso che Papa Benedetto XVI terrà a mezzogiornoNell'occasione il Pontefice benedirà in 63 lingue: compreso, per la prima volta, l'idioma degli indios dell'Amazzonia.

Parole che si aggiungeranno a quelle pronciate durante la messa di mezzanotte, quando il Papa ha lanciato il suo monito contro una Terra "maltrattata", a causa "dell'abuso delle energie e del loro egoistico sfruttamento senza alcun riguardo".

La messa di Mezzanotte. Un augurio di Natale a tutto il mondo e una denuncia: "La nostra società è "troppo occupata con se stessa, da non lasciare nulla per l'altro, per il povero, per Dio". Sono le parole di Benedetto XVI nella solenne messa di mezzanotte celebrata a San Pietro, tra le luci, il risplendere degli ori, i canti. Ed è un Papa che richiama l'uomo alle responsabilità verso la sua "casa".

Ispirandosi alle parole di Luca sulla natività di Cristo nella stalla di Betlemme, dopo che Giuseppe e Maria non avevano trovato posto in un albergo, Ratzinger ha paragonato la stalla alla terra "maltrattata", un mondo "inquinato e minacciato per il suo futuro", a causa "dell'abuso delle energie e del loro egoistico sfruttamento senza alcun riguardo. Gesù venne fra la sua gente , ma i suoi non l'hanno accolto. Parole che riguardano in definitiva noi, ogni singolo e la società nel suo insieme".

"Abbiamo tempo per il prossimo che ha bisogno della nostra, della mia parola del mio affetto ? Per il sofferente che ha bisogno di aiuto? per il rifugiato o il profugo che cerca asilo? Abbiamo tempo e spazio e per Dio? ", si è ancora chiesto Benedetto XVI. "Esistono anche quelli che lo accolgono (Gesù) e così, a cominciare dalla stalla, dall'esterno, cresce silenziosamente la nuova casa, la nuova città, il nuovo mondo", ha ricordato il Papa.

domenica, ottobre 21, 2007

Napoli accoglie il Papa


Napoli, 21 ott. (Adnkronos/Ign) - Nonostante la pioggia, una folla immensa ha accolto Benedetto XVI arrivato poco fa a Napoli. A dare il benvenuto al Papa, giunto in elicottero da Roma, alla Stazione Marittima del porto il presidente del Consiglio Romano Prodi e il Guardasigilli Clemente Mastella.

Il Pontefice, come nel suo stile non si tratterrà molto nel capoluogo partenopeo oggi blindatissimo. La sua partenza è prevista per le 17.30. Poche ore quindi ma estremamente significative per questa giornata che segna l'ottavo viaggio pastorale. Tra breve il Papa celebrerà l'Angelus in piazza del Plebiscito. Poi incontrerà i leader religiosi convenuti nella città per il meeting interreligioso promosso dalla Comunità di Sant'Egidio

Quella di oggi è la terza visita di un Papa nel capoluogo campano e cade nel 28esimo anniversario della prima visita di Karol Wojtyla. Le due volte precedenti, il 21 ottobre del 1979 e il 9 novembre 1990, infatti, fu sempre Giovanni Paolo II a recarsi a Napoli: nel primo caso, il Papa era di ritorno da una visita al santuario di Pompei; nel secondo caso, invece, si trattò di una lunga visita pastorale ricca di incontri e momenti religiosi. Se per Ratzinger questa è la prima volta da pontefice, diversi sono stati invece i viaggi fatti a Napoli da cardinale, l'ultimo, nel 2004, quando ha presieduto nella cattedrale l'ordinazione episcopale di mons. Bruno Forte arcivescovo di Chieti-Vasto e originario del clero di Napoli.

Napoli, Sepe: ''Città pronta a risorgere con il Papa''

Città del Vaticano, 20 ott. (Adnkronos) - ''Napoli è pronta a ricevere il Papa; Napoli è pronta finalmente a risorgere''. E' questo il messaggio che il cardinale Crescenzio Sepe (nella foto) ha voluto inviare all'opinione pubblica in un testo diffuso nella mattinata di oggi dalla sua diocesi, alla vigilia della visita pastorale del Santo Padre nel capoluogo campano. La speranza è il tema del messaggio dell'arcivescovo, speranza che è virtù dei giusti ''per risollevare le sorti di un popolo meraviglioso, di una comunità civile ed economica''. E in questo contesto, afferma ancora il cardinale, la Chiesa di Napoli non può essere che Chiesa missionaria.

''Il Santo Padre, Benedetto XVI - scrive l'arcivescovo alla guida della diocesi partenopea - viene nella nostra terra per confortarci nella fede, per sostenerci nell'esaltante e faticoso lavoro del Vangelo, per incoraggiare gli sforzi di una Chiesa, la nostra adorata Chiesa di Napoli, bella di storia e di coraggio, che cerca con ogni mezzo e instancabile tenacia di rendere ragione della fede che è in lei''.

E ancora Sepe insiste sul nesso forte che esiste fra la ''speranza'' di un futuro diverso e l'arrivo di Ratzinger nel capoluogo campano. ''Il Papa viene tra noi - si legge infatti nel messaggio - nella nostra amata città, per rilanciare il percorso della speranza che è virtù dei giusti, di tutti gli uomini di buona volontà, dei credenti diversi per fede e anche di chi la fede la cerca o ancora non la trova. L'imperativo speranza non può che diventare la parola d'ordine per risollevare le sorti di un popolo meraviglioso, di una comunità civile ed economica, spesso costretta dal pessimismo e dalla sfiducia di una collettività ancora ripiegata su se stessa, ad essere prigioniera solo dei suoi fallimenti, più che essere consapevole delle sue enormi risorse''.

Ancora, scrive il cardinale, ''Il Santo Padre Benedetto XVI viene in mezzo a noi per rafforzare il nostro desiderio di essere Chiesa missionaria, aperta alla novità dei figli di Dio, incarnata nei diversi territori della nostra diocesi. La diocesi di Napoli vuol parlare al cuore dell'uomo contemporaneo che chiede, e ne ha pieno diritto, di ricevere il Vangelo con parole comprensibili, così da farlo diventare cibo quotidiano, vita vissuta''.

''Il Santo Padre Benedetto XVI viene a Napoli perché Napoli, accogliendo Pietro - si legge nella conclusione del messaggio - accolga in lui Cristo che lo ha inviato. Noi tutti siamo pronti a rinnovare la nostra fedeltà al Signore e la nostra passione per una vita trasformata da Cristo. Napoli è pronta a ricevere il Papa; Napoli è pronta finalmente a risorgere''.

venerdì, ottobre 19, 2007

La prima visita pastorale a Napoli di Benedetto XVI in diretta su TELECAPRINEWS e Canale 21

L’evento più atteso dai fedeli napoletani in diretta integrale domenica 21 ottobre su TELECAPRINEWS. L’inizio delle trasmissioni alle 8.30 con la presentazione della visita pastorale del Pontefice nella diocesi di Napoli.

Alle 9.15 le immagini dell’arrivo del Papa in elicottero alla stazione marittima e il tragitto del corteo fino a Piazza del Plebiscito. A seguire la celebrazione della Santa Messa e l’Angelus. TELECAPRINEWS seguirà in diretta anche l’incontro del Pontefice con i capi delle altre religioni a Capodimonte. Nel pomeriggio, dalle 16.00, l’attesa visita al Duomo per la venerazione delle reliquie di San Gennaro e infine la partenza per il rientro in Vaticano.


“BENVENUTO SANTO PADRE” DIRETTA SU CANALE 21
Domenica 21 ottobre no stop televisiva dalle ore 8.30 alle ore 18.00
per la visita a Napoli di Benedetto XVI
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Domenica 21 ottobre Napoli Canale 21 presenta “Benvenuto Santo Padre” una lunga maratona televisiva no-stop dedicata alla visita di Papa Benedetto XVI a Napoli. L’emittente multiregionale seguirà in diretta no-stop ogni momento della domenica partenopea del Pontefice a partire dalle ore 8.30 e fino alle ore 18.00.
Nel corso della trasmissione saranno proposti l’attesa per il Papa, l’arrivo alla Stazione Marittima, la Santa Messa e l’Angelus in piazza Plebiscito, il messaggio pastorale e la benedizione a Napoli ed ai napoletani, l’incontro al Seminario, la venerazione delle reliquie del Santo Patrono S. Gennaro, il grande abbraccio con i fedeli ed i pellegrini provenienti da tutti i quartieri della città e da ogni diocesi della regione.
Gli inviati Lello La Pietra, Brunella Chiozzini, Titti Improta, Nello Mazzone, Veronica Bencivenga e le telecamere di Napoli Canale 21 saranno dislocati nei punti chiave del capoluogo regionale per documentare con immagini esclusive i momenti più intensi del grande avvenimento, raccogliere le dichiarazioni dei protagonisti e dei fedeli, condividere con i telespettatori a casa la ricchezza spirituale della giornata.
Dallo studio centrale , il conduttore Peppe Iannicelli proporrà commenti e riflessioni con ospiti ed esperti del mondo ecclesiale, delle istituzioni, dello sport e spettacolo, della società civile.
I telespettatori da casa potranno interagire con la trasmissione inviando testimonianze, riflessioni, preghiere (all’indirizzo di posta elettronica benvenutosantopadre@canale21.it ) che saranno letti durante la diretta televisiva.
La regia dell’evento è affidata a Stefano Traditi che sarà coadiuvato da uno staff di tra operatori, montaggisti, tecnici del suono e delle trasmissioni.
Uno sforzo organizzativo imponente per la storica emittente campana già vicina ai suoi telespettatori in occasione di altri eventi religiosi (Il miracolo di San Gennaro, la Supplica di Pompei, la veglia pasquale a San Giovanni Rotondo).
Anche domenica 21 ottobre tutti coloro che non potranno esser presenti in piazza o lungo il percorso papale potranno seguire da casa la visita del Santo Padre. Con la lunga diretta Napoli Canale 21 vuole favorire la sintonia tra il Pontefice e la città dando un modesto contributo a questa stagione nuova per la nostra comunità e confermando l’ attenzione agli eventi sociali, religiosi e civili del territorio.

Napoli 19 ottobre 2007 info line 0817623990
0815700290

Chiesa: Il Papa, troppa precarietà sul lavoro

Ecco uno stralcio della lettera del Papa Benedetto XVI a Mons. Arrigo Miglio, Vescovo di Ivrea e Presidente del Comitato Scientifico ed Organizzatore delle Settimane Sociali che si è aperta oggi a Pisa, così leggete da soli e vi fate un'idea personale..

"Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, rifacendosi all'insegnamento del Concilio Ecumenico Vaticano II, specifica che “il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro” (Cost. Gaudium et spes, 164). Già il teologo Francisco Suarez individuava un bonum commune omnium nationum, inteso come “bene comune del genere umano”. In passato, e ancor più oggi in tempo di globalizzazione, il bene comune va pertanto considerato e promosso anche nel contesto delle relazioni internazionali ed appare chiaro che, proprio per il fondamento sociale dell'esistenza umana, il bene di ciascuna persona risulta naturalmente interconnesso con il bene dell'intera umanità. L'amato Servo di Dio Giovanni Paolo II osservava, in proposito, nell'Enciclica Sollicitudo rei socialis che “si tratta dell'interdipendenza, sentita come sistema determinante di relazioni nel mondo contemporaneo, nelle sue componenti economica, culturale, politica e religiosa, e assunta come categoria morale” (n. 38). Ed aggiungeva: “Quando l'interdipendenza viene così riconosciuta, la correlativa risposta, come atteggiamento morale e sociale, come ‘virtù', è la solidarietà. Questa, dunque, non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti” (ibid.).
Nell'Enciclica Deus caritas est ho voluto ricordare che “la formazione di strutture giuste non è immediatamente compito della Chiesa, ma appartiene alla sfera della politica, cioè all'ambito della ragione autoresponsabile” (n. 29). Ed ho poi notato che “in questo, il compito della Chiesa è mediato, in quanto le spetta di contribuire alla purificazione della ragione e al risveglio delle forze morali, senza le quali non vengono costruite strutture giuste, né queste possono essere operative a lungo” (ibid.). Quale occasione migliore di questa per ribadire che operare per un giusto ordine nella società è immediatamente compito proprio dei fedeli laici? Come cittadini dello Stato tocca ad essi partecipare in prima persona alla vita pubblica e, nel rispetto delle legittime autonomie, cooperare a configurare rettamente la vita sociale, insieme con tutti gli altri cittadini secondo le competenze di ognuno e sotto la propria autonoma responsabilità. (...)
La cronaca quotidiana mostra che la società del nostro tempo ha di fronte molteplici emergenze etiche e sociali in grado di minare la sua stabilità e di compromettere seriamente il suo futuro. Particolarmente attuale è la questione antropologica, che abbraccia il rispetto della vita umana e l'attenzione da prestare alle esigenze della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Come è stato più volte ribadito, non si tratta di valori e principi solo “cattolici”, ma di valori umani comuni da difendere e tutelare, come la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato. Che dire, poi, dei problemi relativi al lavoro in rapporto alla famiglia e ai giovani? Quando la precarietà del lavoro non permette ai giovani di costruire una loro famiglia, lo sviluppo autentico e completo della società risulta seriamente compromesso. Riprendo qui l'invito che ebbi a rivolgere nel Convegno Ecclesiale di Verona ai cattolici italiani, perché sappiano cogliere con consapevolezza la grande opportunità che offrono queste sfide e reagiscano non con un rinunciatario ripiegamento su se stessi, ma, al contrario, con un rinnovato dinamismo, aprendosi con fiducia a nuovi rapporti e non trascurando nessuna delle energie capaci di contribuire alla crescita culturale e morale dell'Italia.

Compagno Ratzinger?

di FILIPPO DI GIACOMO
Compagno Ratzinger? Non è il caso di scherzarci sopra. La maggiore difficoltà dei commentatori è di non focalizzare che il «magistero politico» di Benedetto XVI ha bisogno di tempo. Avrà la sua reale comprensione quando si saranno precisati i temi e gli interpreti che ancora mancano a quella «laicità compatibile» di cui l’Italia e gli altri Paesi dell’Ue hanno urgentemente bisogno. A Pistoia e a Pisa i mille del cattolicesimo sociale portano i frutti di lunghe riflessioni tratte da un’Italia che sarebbe ingiusto ritenere meno reale da quella rappresentata dalla politica. Perché, quando si vuole sottrarre al campo della morale universale parole impegnative come «libertà e felicità», illudendosi che possano germogliare meglio negli orticelli della politica, le intenzioni non bastano. Ci vogliono i fatti. Se proprio vogliamo vestire Benedetto XVI con una camicia politica, il suo messaggio al convegno di Pistoia aiuta solo a fare qualche esercizio di memoria. Per esempio: a metà Anni 50, l’espressione «centro sinistra» era una parolaccia per molti, ma non per quei cattolici che proprio nelle Settimane sociali coniarono l’espressione e ne teorizzarono il contenuto. Per molti a lungo rimase un «compromesso». Per per i più era un orizzonte politico verso il quale dirigere riflessioni e progetti sociali dei cattolici. Per poi incontrarvi le altre culture politiche che negli Anni 60 resero possibile la stagione più feconda della nostra storia repubblicana, quella più realistica e onesta.

Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea e presidente del comitato organizzatore delle Settimane sociali, ha precisato che relatori e partecipanti partono dal presupposto che «il pluralismo politico e partitico è un fatto assodato, e un’opportunità. Quello in cui non ci ritroveremmo sarebbe un pluralismo etico, perché vorrebbe dire incitare ad una visione della vita che non è più quella del Vangelo». Sembra dire che i cattolici impegnati a fare politica e azione sociale nelle 275 diocesi italiane continuano la regola aurea che, da Moro in poi, era la bussola al cattolicesimo militante. È la regola evangelica dei talenti, che fruttano solo se messi in gioco e condivisi. Se restano imbalsamati nelle sacrestie e nelle segreterie dei partiti, non servono a nulla. Per questo i laici potrebbero approfittare dell’occasione offerta ieri dal Papa per due esercizi culturali: abituarsi a usare il qualificativo «cattolico» con maggiore parsimonia; poi utilizzarlo sempre in riferimento a coloro che a questa parola ricorrono per vivere e per impegnarsi. Così anche ai cattolici diventerà più facile riconoscere chi tra loro è veramente impegnato a dare il proprio contributo - democratico, legale e solidale - alla costruzione del sistema di valori e di relazioni che fanno pulsare il cuore del nostro Paese. Limitarsi a pensare che il Papa abbia preso ieri posizione a favore di una qualunque parte politica rischia di essere fuorviante per tutti.

venerdì, settembre 21, 2007

SETTIMANE SOCIALI, ITALIA E BENE COMUNE

Editoriale di Claudio Gentili, Direttore de “La Società”

Nel 1907, in occasione della prima Settimana Sociale dei cattolici italiani, furono affrontati, sotto l’attenta regia di Giuseppe Toniolo, temi di grande attualità: la condizione di lavoro degli operai, i contratti di lavoro, la formazione, l’emigrazione.

Pistoia fu scelta non a caso, ma come esempio di una fiorente attività cooperativa. Mons. Pottier, della Scuola Sociale Cattolica di Liegi fu invitato a trattare in modo specifico dei traguardi conquistati dalla cooperazione.

La scelta di Pistoia e di Pisa per celebrare dal 18 al 21 ottobre 2007 il centenario delle Settimane Sociali non è solo una scelta celebrativa. L’auspicio è che si torni a parlare di temi forti, ad affrontare nuovamente la questione sociale, a parlare del lavoro (su cui da tempo si riflette poco), ad affrontare i grandi temi della questione antropologica, a dare ai laici uno spazio da protagonisti e non da spettatori, a ritrovare la capacità pragmatica di evidenziare non solo problemi ma anche soluzioni, a rinunciare al genericismo delle dichiarazioni e degli auspici.

La 45ma Settimana Sociale dei cattolici, a cui la nostra Rivista ha dedicato tutti i numeri del 2007, è un’occasione per riflettere sul bene comune e sull’Italia.

Il bene comune – diciamolo con chiarezza – è l’esatto contrario dei concorsi truccati, dei test di accesso all’università pagati, dei furbetti del quartierino, dell’evasione fiscale, del mancato utilizzo della riscossione fiscale per alleviare le povertà, dello spreco del denaro pubblico, della mancanza di capacità di decisione, delle varie mafie. Recentemente di fronte alla scoperta di un test per l’accesso alla facoltà di medicina che era stato pagato, un giovane ha candidamente risposto: “siamo in un paese di furbi e anch’io faccio il furbo”.

E’ questo il punto da cui partire: il bene comune come vita retta per tutti.

Il bene comune come elemento unificatore di una società pluralista.

Il bene comune come orizzonte etico che precede la politica.



Il nostro è un paese che da circa 20 anni vive in uno stato cronico di divisione profonda. Prima le vicende di Tangentopoli, poi l’emergere di un bipolarismo selvaggio in cui le coalizioni nascevano avendo come unico collante l’odio per l’avversario, infine la progressiva rottura del rapporto fra cittadini e politica, l’incapacità della politica a governare e a ottenere risultati.

Ma soprattutto una crisi di reputazione della politica e una carenza di leader credibili.

In talune forme il bipolarismo selvaggio non ha risparmiato neppure la comunità ecclesiale. Infine la perdita della passione per il bene integrale della persona e per il bene comune causata dalle diverse forme di individualismo e dal relativismo.

Il successo del blog di un famoso comico italiano improvvisatosi capopopolo, che invoca la forca per la politica e i suoi rappresentanti eletti in Parlamento, è un segno della crisi dell’idea di bene comune.

In forma sintetica si può dire che l’Italia ha bisogno di bene comune, ha bisogno di unità, ha bisogno dei cattolici. Far ritrovare all’Italia lo spirito dei padri costituenti è il primo compito della 45ma Settimana Sociale.

In secondo luogo la settimana sociale è una grande occasione di unità e di comunione sinfonica dentro la Chiesa. Franco Garelli, in alcuni recenti e lucidi interventi, ha descritto una cattolicità italiana divisa tra credenti impegnati in esperienze kerigmatiche e spirituali ma privi di sensibilità sociale e i cattolici del volontariato e dell’impegno sociale in taluni casi in difficoltà di sintonia con i temi di fondo dell’insegnamento dei pastori.

Come ha evidenziato la 58ma Settimana Liturgica nazionale, che si è svolta a Spoleto a fine agosto, è proprio la liturgia uno dei luoghi privilegiati per lo sviluppo di una coscienza sociale ispirata al Vangelo. Per vivere da cristiani occorre armonizzare la fedeltà a Cristo con la cittadinanza, cioè con l’impegno ad essere presenti nel mondo. Ogni celebrazione liturgica aiuta ad operare una lettura sapienziale della storia e un discernimento dei fatti e aiuta a scorgere la misteriosa presenza del Risorto nel quotidiano.

E lo stesso Family day che nel maggio scorso ha visto scendere in piazza un milione di cattolici a difesa dell’idea comune di famiglia (quella sancita dall’art. 29 della nostra Carta Costituzionale) ha segnato una evidente discontinuità. Sono scesi in piazza cattolici che non avevano mai partecipato a una manifestazione politica. E’ sceso in piazza il popolo cattolico. Sono scesi in piazza i nuovi movimenti, quella che potrebbe essere definita la società civile della Chiesa.

Per dirla in modo un po’ sbrigativo, accanto ai cattolici liberali, ai cattolici democratici e ai cattolici impegnati nel volontariato emerge una terza figura, che potremmo provvisoriamente definire dei “neo-cattolici”, che si affaccia all’impegno sociale e che a questo impegno è chiamata da una forte esperienza di Dio e da un cammino di conversione personale e comunitario.

Sicuramente nei tanti volti e nelle tante storie presenti a Pisa-Pistoia, accanto ai cattolici impegnati tradizionalmente nel sociale ci saranno i volti dei “neo-cattolici”, con meno esperienza politica ma con una grande domanda di luoghi in cui i cattolici tornino sa far sentire la loro voce e a dare il loro contributo all’unificazione di un paese tanto diviso.

Alla 44ma Settimana Sociale di Bologna il cardinale Carlo Caffarra ha affermato: “abbiamo bisogno di un luogo, creato da tutte le forze associate del laicato cattolico italiano dove sia possibile offrire un’alta formazione a chi intende impegnarsi nella costruzione di una polis nella quale l’ordine delle cose è subordinato all’ordine delle persone”.

Nonostante numerosi e generosi tentativi, nonostante l’impegno di Retinopera, Scienza e Vita, Forum delle famiglie, Scuole diocesane di dottrina sociale, questa domanda è rimasta sostanzialmente inevasa. Ecco allora il terzo grande auspicio per le Settimane Sociali del centenario. Non ridursi ad un evento celebrativo, ma lanciare tre grandi sfide: l’unificazione del paese attorno al bene comune, il nuovo ruolo dei cattolici uniti sui valori non disponibili e alleati con tutti gli uomini di buona volontà, la formazione alla coscienza sociale.

Negli incontri estivi di Bose, Vallombrosa e Subiaco, appuntamenti decisivi per ripensare il ruolo dei cattolici nella società italiana, fortunatamente con toni e sensibilità differenziate è emersa una domanda comune: valorizzare il ruolo dei cattolici come esperti di bene comune.

Tre tratti essenziali sono stati richiamati come caratteristici della formazione alla coscienza sociale. In primo luogo la formazione deve abilitare ad una laicità per la quale il pluralismo è da viversi entro una comune cornice di valori.

In secondo luogo i cattolici sono chiamati a partecipare al dibattito democratico proponendo principi valori e soluzioni, nell’ambito dell’idea della democrazia deliberativa e non meramente competitiva in termini razionali quindi condivisibili da ogni uomo di buona volontà.

In sostanza si tratta di formare ad una idea di laicità intesa come casa comune le cui mura sono costituite dai valori non negoziabili dell’ecologia umana.

In terzo luogo la formazione deve far leva su quel patrimonio dottrinale e sociale costituito dalla tradizione del movimento cattolico e dalla DSC.

Evidentemente la formazione alla coscienza sociale deve evitare forme di moralismo e di velleitarismo e preparare persone competenti capaci di adottare soluzioni efficaci per il bene comune . Alla base di questa auspicata nuova stagione formativa per i cattolici vi è l’idea che l’Italia ha bisogno del contributo dei cattolici per la costruzione del bene comune.

Occorre evitare sia precipitose fughe in avanti nella costruzione di un nuovo partito cattolico che altrettanto immotivate forme di assuefazione al relativismo e alla secolarizzazione e di conseguente programmatica rinuncia a quello che Guardini definiva il “distintivo cristiano”.

Per rafforzare l’impegno sociale i laici cattolici,nella loro autonoma responsabilità di animare le realtà temporali, e soprattutto le loro Associazioni e Movimenti, hanno la necessità di rafforzare il “mettersi in rete” non solo per superare forme sterili di competizione ma soprattutto, come ricorda costantemente Savino Pezzotta, uno dei leader più credibili di questa nuova stagione del movimento cattolico, per evitare il rischio di un neocollateralismo bipolare, palese o occulto.

Fatta salva l’autonomia del sociale come ricchezza e risorsa delle persone (che nessuna “statolatria” può soffocare) la presenza politica dei cattolici in Italia non può oggi che essere plurale. La domanda da porsi quindi è: mentre nasce il Partito democratico e si propone la formazione del Partito delle libertà nell’ottica di un rafforzamento del bipolarismo e di un superamento della frammentazione, come i cattolici possono dare un contributo alla democrazia attraverso la fecondità sociale del loro contributo al bene comune e la sperimentazione di nuove forme di partecipazione.

Nessuno nega ovviamente il ruolo fondamentale dei partiti ma nessuno è obbligato a stare in un recinto. Accanto al nascituro bipartitismo possiamo immaginare espressioni di partecipazione più libere e aperte, in grado di far crescere una domanda politica dal basso, ridando peso e autonomia alla dimensione territoriale. Strumenti che siano capaci di intervenire nel dibattito politico con proposte, mobilitazioni, campagne in grado di generare pensiero politico e di favorire la partecipazione. Un po’ come avvenne in altre stagioni del movimento cattolico con l’Opera dei congressi, la Lega democratica di Donati e le ACLI.

Come è stato nel passato, anche nel futuro il cattolicesimo rimane una risorsa per pensare l’Italia. Come non possiamo immaginare il nostro patrimonio culturale nazionale senza le Madonne di Raffaello e i Crocifissi di Giotto così ci è difficile immaginare il futuro dell’Italia senza un ruolo attivo e propositivo dei cattolici.

L’identità italiana non è quella di una nazione cattolica ma tale identità non si può prospettare senza il cattolicesimo. Direi che scopo precipuo di tale formazione alla coscienza sociale è aiutare i cattolici a ripensare il proprio ruolo di laici impegnati per la costruzione della città dell’uomo.

Il fulcro ispiratore e sintetico della formazione alla coscienza sociale è il concetto di bene comune che va reinterpretato alla luce dei cambiamenti storici. Si tratta quindi di appropriarsi del concetto già elaborato dalla Pacem in Terris di bene comune universale e di quella dimensione universalistica di bene comune che la Centesimus Annus individua nel tema della salvaguardia del creato.

Si tratta infine di legare strettamente bene comune e questione antropologica. Facendo in modo che non vi siano più i cattolici della pace e quelli della famiglia con reciproche antipatie ideologiche ma che pace e famiglia, salvaguardia del creato e rifiuto delle manipolazioni genetiche, attenzione ai poveri e fisco equo, solidarietà con gli immigrati e rafforzamento della legalità, cultura del lavoro e passione educativa, camminino insieme.

Vi sono due motivi dominanti del Magistero di Benedetto XVI che possono ispirare una ripresa di attenzione al ruolo sociale dei cattolici. Innanzitutto l’esigenza di conciliare fede e ragione. In secondo luogo l’idea che dove Dio è grande l’uomo non è mai piccolo e che chi crede non è mai solo.

All’Agorà di Loreto Papa Ratzinger ha dato ai giovani una consegna che penso possa valere per tutti i partecipanti alla 45ma Settimana Sociale: “non abbiate paura di preferire le vie alternative indicate dall’amore vero: uno stile di vita sobrio e solidale, relazioni affettive sincere e pure, un impegno onesto nello studio e nel lavoro, l’interesse profondo per il bene comune”.

Tornano alla memoria gli ambiti del Convegno ecclesiale di Verona: vita affettiva, fragilità umana, lavoro e festa, tradizione, cittadinanza. Tutti temi grandi da declinare attraverso la testimonianza personale, il pensiero sociale e l’azione comune. Per il bene dell’Italia.