La battuta dissacrante che gira da qualche ora, a Roma e dintorni, è che ormai non ha più senso accapigliarsi sul voto cattolico, sulle indicazioni della Cei, sui rapporti fra i candidati alla Regione Lazio e le gerarchie vaticane: è chiaro, da venerdì mattina, che Dio in persona fa il tifo per Emma Bonino. Tra uno che si è andato a mangiare un panino ed un altro che era tornato a prendere i lucidi con i simboli elettorali, infatti, il Pdl non è riuscito a presentare le liste provinciali a Roma.
Il che non significa, naturalmente, che Renata Polverini non si candidi più: intanto, perché il Pdl ha comunque presentato liste nelle altre 4 province del Lazio; inoltre, perché anche a Roma la coalizione che la sostiene è abbastanza ampia da consentire ai suoi elettori l’imbarazzo della scelta. Significa, però, che il Pdl a Roma prenderà zero-voti-zero e che avrà diversi eletti in meno nel Consiglio regionale: nella capitale c’erano infatti 7-8 candidati fortissimi, da 15-20 mila preferenze ciascuno, che non potranno essere eletti semplicemente perché nessuno ha presentato le loro candidature: hanno raccolto firme, godono di un certo consenso, campeggiano da mesi sui manifesti in ogni angolo della città, ma nessuno potrà votarli perché non troverà la lista sulla scheda elettorale. Considerando la natura del voto amministrativo, dunque, l’entità del danno è piuttosto evidente: pensare che il candidato Tizio (Pdl) – che si stava preparando a queste Regionali da anni, che da mesi non dorme più di 4 ore a notte e che ha investito tutti i risparmi della sua famiglia in spazi pubblicitari con il suo faccione – possa trasferire tutti i suoi voti su Caio (Udc) o su Sempronio (La Destra di Storace), per farli eleggere al posto suo, è onestamente folle. E se ne rende conto anche Renata Polverini, che ha annunciato di voler chiamare in causa il presidente della Repubblica nel caso in cui – come sembra – i ricorsi del Pdl vengano respinti dal Tar: con tutto il rispetto dovuto alla politica, che ha la sua ragion d’essere nella competizione leale tra le parti, non mi pare che ci sia molto da ricorrere se una lista non viene presentata entro il termine prestabilito. Così come non c’è la lista di Alleanza per l’Italia, perché Rutelli ha scelto consapevolmente di non schierarsi, nei faldoni presentati venerdì manca pure quella del Pdl, perché i suoi delegati hanno combinato un inguacchio: i motivi possono essere diversi, ma non mi pare che nei concorsi pubblici si distingua tra chi non si è presentato all’esame perché impreparato e chi non si è presentato perché aveva dimenticato di fare benzina ed è rimasto per strada. I radicali, che di queste cose sono maestri, stanno già dando battaglia, citando tutti i precedenti in materia da parte del Consiglio di Stato (che danno naturalmente torto al Pdl). Quelli del Pdl, abituati a confondere il consenso con le regole, parlano invece di “colpo di Stato”. Martedì, con la sentenza del Tar, ne sapremo di più.
Andrea Sarubbi
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