«Un passaggio amaro» che ha colpito tutta la Chiesa.
Il presidente della Cei definisce così la vicenda che ha portato alle dimissioni di Dino Boffo dalla direzione di Avvenire dopo l’attacco del Giornale, un attacco che il cardinale stigmatizza «come segno di un allarmante degrado di quel buon vivere civile che tanto desideriamo e a cui tutti dobbiamo tendere». «La telefonata che il papa mi ha fatto in quei giorni – puntualizza Bagnasco – è stata un grande conforto».
I credenti sanno che attraverso queste prove possono migliorare se stessi e gli altri. Ma «questa consapevolezza, che è fonte di consolazione, non va equivocata: la Chiesa è in questo paese una forza costantemente leale e costruttiva che non può essere coartata né intimidita solo perché compie il proprio dovere ».
Espresso «profondissimo cordoglio » per i soldati italiani caduti in Afghanistan e definita «assurda» la strage considerati i compiti del contingente internazionale, Bagnasco dedica un’ampia parte della sua prolusione all’ultima enciclica di Benedetto XVI, la Caritas in veritate, della quale sottolinea la parte dedicata allo sviluppo come processo che vede al centro la persona umana e dunque l’etica, da considerare non più un optional marginale ma un fattore decisivo. Profitto e interessi non siano gli unici fini, c’è una responsabilità sociale dell’impresa e dell’economia.
Solo la via solidaristica porta al vero sviluppo e alla soluzione globale della crisi.
Circa la sentenza del Tar del Lazio, che ha accolto il ricorso con il quale alcune associazioni ed esponenti di religioni non cattoliche hanno chiesto che la religione non produca crediti nella valutazione scolastica degli alunni, Bagnasco parla di motivazioni «speciose » dell’iniziativa e di discriminazione nei confronti di quel novantuno per cento di alunni che liberamente scelgono di avvalersi dell’insegnamento della religione, la cui specificità, precisa il cardinale, non ne fa venir meno la natura di disciplina scolastica.
Il dibattito sull’ora di religione riguarda per forza di cose il concordato tra Stato e Chiesa, e a questo proposito il cardinale si mostra stupito di «riserve e velleitarismi» anticoncordatari che arrivano «anche da settori insospettabili dell’opinione pubblica». Per Bagnasco lo strumento resta invece valido, perché è «un grande accordo di libertà che accomuna Stato e Chiesa non solo nel riconoscimento della reciproca autonomia, ma anche nell’impegno condiviso di collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del paese».
La Chiesa, dice ancora il presidente dei vescovi, quando parla di temi che riguardano l’uomo e la sua natura non lo fa per invadere campi altrui ma per trarre dalla fede, secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II, conseguenze utili per ogni persona e per la società. È un servizio. «Niente ci è più estraneo della volontà di far da padroni». La Chiesa conosce bene principi e regole della società pluralista, «nella quale tuttavia le religioni sono presenze né abusive né sconvenienti ». Anche quando chiede ai politici di mantenere le promesse fatte prima delle elezioni, la Chiesa non fa che esercitare il proprio ruolo di vigilanza etica. Per questo gli altri, quando guardano al mondo ecclesiale, «hanno il diritto di ricevere da noi una testimonianza genuinamente cristiana ». Sulla situazione italiana dal punto di vista sociale e politico, Bagnasco parla di un nazione che ha saputo affrontare la crisi economica «con grande dignità», ma nota anche un’Italia che ciclicamente viene attraversata da un «malessere tanto tenace quanto misterioso, che non la fa talora essere una nazione serena e del tutto pacificata al suo interno, perché attraversata da contrapposizioni radicali e da risentimenti». Questa Italia, dice il cardinale, ha bisogno di più amore da parte di tutti. Bisogna evitare il clima di scontro permanente riconoscendo le ragioni degli altri. Un ruolo fondamentale spetta alla politica, che deve cercare il bene comune.
L’atteso “capitolo Berlusconi” arriva nella cartella numero nove delle undici lette dal cardinale, e suona così: «Occorre inoltre che chiunque accetta di assumere un mandato politico sia consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda, nell’articolo 54». È un passaggio al quale Bagnasco ha lavorato molto, e che il presidente dei vescovi integra con parole del papa sottolineando «l’importanza dei valori etici e morali nella politica» e invitando tutti a guardare avanti facendo autocritica.
«È urgente e necessario per tutti e per ciascuno guadagnare in serenità. Questo oggi il paese domanda con più insistenza », e in ogni caso è bene ribadire che «la comunità cristiana mai potrà esimersi dal dire, sulla base di un costume di libertà che sarebbe ben strano fosse proprio a lei inibito, ciò che davanti a Dio ritiene sia giusto dire».
Ribadita la condanna della pillola Ru486, Bagnasco parla della questione del “fine vita” auspicando che «un provvedimento, il migliore possibile, possa essere quanto prima varato a protezione e garanzia di una categoria di soggetti tra i più deboli della nostra società », e in materia di immigrazione chiede che la sicurezza dei cittadini sia garantita senza ledere i diritti fondamentali dei migranti.
Infine, ricordando l’ormai prossimo anniversario dei 150 anni dell’unità d’Italia, un forte richiamo: guardando la carta geografica, dice, è impossibile non pensare alla naturale vocazione unitaria del paese. L’anniversario alimenti la cultura dello stare insieme.
«Di questo c’è oggi bisogno: abbassare le difese e gettarci maggiormente nell’incontro con gli altri».
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