Dall'indagine Acli a conclusione del convegno di studi 'Destra e sinistra dopo le ideologie'
Perugia, 13 settembre 2008 – Protagonisti nel volontariato, meno sensibili alle forme di partecipazione civile e di impegno politico. E' questo il ritratto dei cattolici 'praticanti' che emerge dalla ricerca delle Acli presentata questa mattina a conclusione del 41° convegno di studi nazionale, a Perugia, dedicato ai temi della politica e della democrazia 'dopo le ideologie'. Un approfondimento dall'indagine esplorativa dell'Iref – realizzata nel mese di luglio su un campione rappresentativo di 1500 individui – volto ad analizzare 'L'impegno sociale e politico dei cattolici' alla luce del criterio della 'partecipazione'.
Più di un cattolico praticante su 4 svolge attività di volontariato (26%): una percentuale decisamente più alta (+8%) rispetto al resto della popolazione italiana. E non a caso è la parrocchia il luogo principale dove gli italiani dicono di fare volontariato, seguita delle associazioni locali (23%) o nazionali (14%). A fronte, tuttavia, di questo attivismo sul piano dell'azione volontaria, i cattolici praticanti mostrano una minore propensione all'impegno nelle tradizionali forme dell'attivismo civile e politico.
Tra gli intervistati che dichiarano un'assidua frequenza religiosa (una volta a settimana, il 29% del campione) solo il 5% è iscritto ad un'organizzazione di categoria o professionale (rispetto a un dato campionario del 7%); il 3,7% ad un partito, contro il 4,3% generale; il 10% fa parte di un sindacato (-3%); il 16% è membro di un'associazione (-1%). Un andamento simile si riscontra anche rispetto ad altre forme di partecipazione 'civica': solo il 3% ha partecipato nell'ultimo anno a manifestazioni di piazza su questioni politiche e sociali (contro l'8% del campione), il 6% ha aderito a forme di boicottaggio (-3%), residuale la partecipazione a scioperi o meetup pubblici come quelli di Beppe Grillo. Certo le scelte dei cattolici si inseriscono in una tendenza più generale – osservano i ricercatori dell'Iref –, ma è indubbio i livelli di partecipazione siano tra i praticanti più attenuati, o comunque non registrino quella 'differenza' positiva riscontrabile con evidenza nel campo del volontariato.
Il presidente delle Acli Andrea Olivero (nella foto) richiama le parole pronunciate dal Papa domenica scorsa a Cagliari, l'appello ad 'una nuova generazione di laici cristiani impegnati', 'capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica'. «E' davvero il tempo – ha detto Olivero - per i cristiani di riscoprire la propria vocazione civile e politica se si vuole davvero trasformare il mondo alla luce del Vangelo. La democrazia, se non vuole ridursi ad un mero esercizio di delega, ha bisogno della partecipazione dei cittadini, e in particolare ha bisogno della partecipazione attiva dei cittadini cristiani, del loro entusiasmo, della loro intelligenza, del loro senso di responsabilità e di solidarietà».
Se il rapporto con l'impegno politico in prima persona appare problematico, al momento del voto il comportamento dei cattolici praticanti è saldamente ancorato alle proprie 'convinzioni personali' (i valori in cui credo) che prevalgono (43%) sulle considerazioni rispetto all'efficacia del programma presentato dai diversi partiti (26%). Un'autonomia di giudizio che si riscontra anche nella disponibilità dichiarata a votare indistintamente un candidato di destra o di sinistra qualora lo ritenessero capace di risolvere i problemi del paese (42%, +4 rispetto al campione) o avessero la certezza della sua onestà (25%, +4%). Sta di fatto che la maggioranza dei cattolici praticanti italiani ha votato PDL alle ultime elezioni (40%, + 5% rispetto al dato generale). Il 25% si definisce di centro-destra, il 15% di centro-sinistra, il 14% di centro. Eppure un terzo dei praticanti non accetta nessuna di queste definizioni e il 37% dichiara di non sentirsi vicino a nessuno dei partiti politici esistenti. L'atteggiamento politico prevalente appare dunque 'post-ideolgico', ma ben radicato nei propri valori di riferimento.
Proprio sul piano dei temi dalla forte implicazione etica, sociale e religiosa, l'universo dei cattolici praticanti mostra una forte compattezza di intenti e una coerenza di valori. Quasi la totalità dei praticanti (91%) afferma che sia giusto insegnare la religione cattolica nelle scuole (nel campione il dato scende al 71%). Allo stesso modo ritengono che sia particolarmente giusto e doveroso cancellare il debito dei paesi poveri con il contributo economico dei cittadini dei paesi più ricchi (71%). Il 58% è convinto della necessità di fissare dei limiti per la ricerca medica per tutelare la vita in ogni sua forma. Per il 55% è sbagliata l'idea di un riconoscimento pubblico alle coppie di fatto, incluse le coppie omosessuali.
Perugia, 13 settembre 2008 – Protagonisti nel volontariato, meno sensibili alle forme di partecipazione civile e di impegno politico. E' questo il ritratto dei cattolici 'praticanti' che emerge dalla ricerca delle Acli presentata questa mattina a conclusione del 41° convegno di studi nazionale, a Perugia, dedicato ai temi della politica e della democrazia 'dopo le ideologie'. Un approfondimento dall'indagine esplorativa dell'Iref – realizzata nel mese di luglio su un campione rappresentativo di 1500 individui – volto ad analizzare 'L'impegno sociale e politico dei cattolici' alla luce del criterio della 'partecipazione'.
Più di un cattolico praticante su 4 svolge attività di volontariato (26%): una percentuale decisamente più alta (+8%) rispetto al resto della popolazione italiana. E non a caso è la parrocchia il luogo principale dove gli italiani dicono di fare volontariato, seguita delle associazioni locali (23%) o nazionali (14%). A fronte, tuttavia, di questo attivismo sul piano dell'azione volontaria, i cattolici praticanti mostrano una minore propensione all'impegno nelle tradizionali forme dell'attivismo civile e politico.
Tra gli intervistati che dichiarano un'assidua frequenza religiosa (una volta a settimana, il 29% del campione) solo il 5% è iscritto ad un'organizzazione di categoria o professionale (rispetto a un dato campionario del 7%); il 3,7% ad un partito, contro il 4,3% generale; il 10% fa parte di un sindacato (-3%); il 16% è membro di un'associazione (-1%). Un andamento simile si riscontra anche rispetto ad altre forme di partecipazione 'civica': solo il 3% ha partecipato nell'ultimo anno a manifestazioni di piazza su questioni politiche e sociali (contro l'8% del campione), il 6% ha aderito a forme di boicottaggio (-3%), residuale la partecipazione a scioperi o meetup pubblici come quelli di Beppe Grillo. Certo le scelte dei cattolici si inseriscono in una tendenza più generale – osservano i ricercatori dell'Iref –, ma è indubbio i livelli di partecipazione siano tra i praticanti più attenuati, o comunque non registrino quella 'differenza' positiva riscontrabile con evidenza nel campo del volontariato.
Il presidente delle Acli Andrea Olivero (nella foto) richiama le parole pronunciate dal Papa domenica scorsa a Cagliari, l'appello ad 'una nuova generazione di laici cristiani impegnati', 'capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica'. «E' davvero il tempo – ha detto Olivero - per i cristiani di riscoprire la propria vocazione civile e politica se si vuole davvero trasformare il mondo alla luce del Vangelo. La democrazia, se non vuole ridursi ad un mero esercizio di delega, ha bisogno della partecipazione dei cittadini, e in particolare ha bisogno della partecipazione attiva dei cittadini cristiani, del loro entusiasmo, della loro intelligenza, del loro senso di responsabilità e di solidarietà».
Se il rapporto con l'impegno politico in prima persona appare problematico, al momento del voto il comportamento dei cattolici praticanti è saldamente ancorato alle proprie 'convinzioni personali' (i valori in cui credo) che prevalgono (43%) sulle considerazioni rispetto all'efficacia del programma presentato dai diversi partiti (26%). Un'autonomia di giudizio che si riscontra anche nella disponibilità dichiarata a votare indistintamente un candidato di destra o di sinistra qualora lo ritenessero capace di risolvere i problemi del paese (42%, +4 rispetto al campione) o avessero la certezza della sua onestà (25%, +4%). Sta di fatto che la maggioranza dei cattolici praticanti italiani ha votato PDL alle ultime elezioni (40%, + 5% rispetto al dato generale). Il 25% si definisce di centro-destra, il 15% di centro-sinistra, il 14% di centro. Eppure un terzo dei praticanti non accetta nessuna di queste definizioni e il 37% dichiara di non sentirsi vicino a nessuno dei partiti politici esistenti. L'atteggiamento politico prevalente appare dunque 'post-ideolgico', ma ben radicato nei propri valori di riferimento.
Proprio sul piano dei temi dalla forte implicazione etica, sociale e religiosa, l'universo dei cattolici praticanti mostra una forte compattezza di intenti e una coerenza di valori. Quasi la totalità dei praticanti (91%) afferma che sia giusto insegnare la religione cattolica nelle scuole (nel campione il dato scende al 71%). Allo stesso modo ritengono che sia particolarmente giusto e doveroso cancellare il debito dei paesi poveri con il contributo economico dei cittadini dei paesi più ricchi (71%). Il 58% è convinto della necessità di fissare dei limiti per la ricerca medica per tutelare la vita in ogni sua forma. Per il 55% è sbagliata l'idea di un riconoscimento pubblico alle coppie di fatto, incluse le coppie omosessuali.
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