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lunedì, marzo 01, 2010

Il Cardinale Sepe: la corruzione come la mafia


A Radio vaticana l'arcivescovo di Napoli tuona contro
il cancro che infetta l'amministrazione pubblica

Il cardinale Crescenzio Sepe

Il cardinale Crescenzio Sepe

NAPOLI - L’illegalità degli amministratori pubblici penalizza il meridione così come la criminalità organizzata: è quanto ha affermato l’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, in un’intervista alla Radio Vaticana. «La criminalità organizzata e chi invece usa sistemi criminosi dovuti al proprio tornaconto, al proprio egoismo: tutto - ha osservato il porporato - incide negativamente sulla società e quindi sul modo di essere anche civile delle popolazioni».

«LA CRIMINALITA' HA UN PESO ENORME» - Nel sud d’Italia, ha commentato il presule a proposito del recente documento «Chiesa e Mezzogiorno» della Conferenza episcopale italiana, i problemi «si sono incrostati, si sono induriti». In primo piano, ha detto, c’è la questione della «sicurezza» che blocca «qualsiasi progetto reale di investimento, come ad esempio il turismo». «La mancanza di sicurezza - ha sottolineato il porporato - condiziona di fatto tutto lo sviluppo». «Le organizzazioni malavitose, tutta la criminalità, ancora - ha puntato il dito l’arcivescovo di Napoli - continuano ad avere un peso enorme sullo sviluppo civile e quindi anche sociale ed economico dei nostri territori». Il porporato si è dunque unito alla richiesta dei suoi confratelli: per dare nuova speranza all’Italia - ha detto in sintesi - bisogna partire da un rilancio autentico del Mezzogiorno e per fare ciò vi è bisogno di politici al servizio del bene comune

sabato, novembre 07, 2009

“In nome della legge” Presentazione della sezione napoletana di Images of Justice/Images de justice


Cinema Letteratura e Diritto

La Mafia e lo Stato

Presentazione della sezione napoletana di Images of Justice/Images de justice

Martedì 10 Novembre 2009 alle ore 15.30 presso l’Aula Magna dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli nell’ambito della rassegna “Cinema, Letteratura e Diritto” Antonio Ingroia, procuratore aggiunto della Repubblica di Palermo, Raffaele Marino, procuratore aggiunto della Repubblica di Torre Annunziata, Lia Sava, sostituto procuratore della DDA di Palermo e Franco Fichera, Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Suor Orsola Benincasa prenderanno parte alla proiezione del film di Pietro Germi “In nome della legge” (Italia, 1949).

Il film di Germi racconta la storia di un pretore settentrionale che lavorando in Sicilia si trova in conflitto con un potente latifondista. Dovrà scontrarsi con mille difficoltà ed un muro di omertà. Un film intenso e di grande riflessione civile, che è stato tratto dal romanzo Piccola pretura del magistrato Giuseppe Guido Lo Schiavo ed ha avuto tra gli sceneggiatori Federico Fellini. Ha vinto tre nastri d'argento: miglior attore protagonista per Massimo Girotti, miglior attore non protagonista per Saro Urzì e premio speciale per la regia di Pietro Germi.

Quest’incontro dedicato a “Mafia e Stato” segna l'avvio delle attività della sezione napoletana, dopo quelle di Bologna e Palermo, del network internazionale di ricerca Images of Justice/Images de justice, nato da un'idea di Antoine Garapon e Barbara Villez.

La sezione napoletana del network afferisce al CRIE (Centro di ricerca sulle istituzioni europee) dell'Università Suor Orsola Benincasa ed è coordinata da Francesco De Sanctis (direttore scientifico del CRIE), Raffaele Marino (procuratore aggiunto di Torre Annunziata) e Gennaro Carillo (ordinario di Storia delle dottrine politiche nella Facoltà di Lettere di Suor Orsola e membro del CRIE).

La facoltà di Giurisprudenza del Suor Orsola Benincasa, con il sostegno dell’Associazione amici di Suor Orsola per la Promozione degli Studî Giuridici, ha voluto fortemente anche nell’anno accademico 2009-2010 il ritorno della rassegna Cinema, Letteratura Diritto con un duplice obiettivo: rafforzare i percorsi formativi integrativi all’interno dei corsi di laurea ed avere un momento di incontro sui temi del diritto e della giustizia per la città, per la comunità dei giuristi ed in particolare per i giovani studiosi del settore.

“Si tratta di un’iniziativa originale – spiega Franco Fichera, preside della Facoltà di Giurisprudenza del Suor Orsola – nata nel 2006 nel nostro Ateneo ed ora riproposta anche in altre università, il che per noi rappresenta un motivo di grande soddisfazione. Anche perché in un contesto accademico molto attento agli approfondimenti teorici ed alle dimensioni pragmatiche del diritto, a mio giudizio, per gli studenti assume un grande valore didattico e di riflessione potersi confrontare con gli sguardi sulla realtà che può offrire un’opera letteraria o cinematografica”.

La rassegna ha per titolo “Davanti alla legge. Immaginare il diritto” con un chiaro riferimento alla celebre parabola kafkiana sulla necessità della legge (la porta aperta), sulla sua destinazione, sulla sua forma e interpretazione; parabola nella quale Kafka riprende, riscrivendola, una tradizione secolare che risale a Origene.

Come da tradizione, il ciclo di incontri di Cinema, Letteratura e Diritto alterna proiezioni cinematografiche a lezioni sui classici della letteratura, sempre con il filo conduttore del diritto e dei suoi tanti risvolti pratici e teoretici.

La rassegna proseguirà tutti i martedì alle ore 15.30 fino al 15 Dicembre 2009 e vedrà, tra gli altri, gli autorevoli interventi di Antoine Garapon, direttore dell’Istituto di Alti Studi sulla Giustizia di Parigi, Roberto Escobar, docente di filosofia politica all’Università di Milano e firma prestigiosa della critica cinematografica per il Sole24ore, Roberto Scarpinato, scrittore e procuratore aggiunto presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo e dell’avvocato e scrittrice Simonetta Agnello Hornby

lunedì, agosto 24, 2009

Quindicimila clandestini a Castelvolturno. La mafia nigeriana sulla via Domitia

(di Giampaolo Musumeci da il Riformista)

Benvenuti. a Castelvolturno, l’erma bifronte, sospesa tra Africa ed Europa, concentrato di tensioni sociali, abusi edilizi, infiltrazioni camorristiche. Una città anzi due: una regolare, l’altra irregolare, un pezzo di continente nero tra il mare e la via Domiziana: Castelvolturno la città dei neri, Castelvolturno la città degli irregolari. Seimila dicono alcuni, 15mila dicono altri. Ma anche la città del Villaggio Coppola, oramai poco più di un reperto archeologico frutto dell’arroganza imprenditoriale del passato di una potente famiglia locale. E tutto intorno, complici i Regi Lagni, canali che scaricano liquami da tutta la provincia, lo scempio di una secolare pineta di rara bellezza. Castelvolturno è anche questo, tutto insieme.
Passo da Santa Maria La Fossa e Grazzanise: la strada attraversa i campi e costeggia decine di allevamenti di bufale: Un Cristo a braccia aperte accoglie i clienti di un caseificio. Arrivo in centro. Una piazza, il bar, un ottimo espresso, la chiesetta il castello, una passeggiata sul lungofiume Volturno. Tre barche attraccate. Poi, imbocco la Domiziana: una lingua d’asfalto che corre veloce lunga 27 chilometri da Mondragone giù fino a Pozzuoli. Alberghi gestiti da italiani, chioschi e negozietti gestiti da africani.
Qui c’è l’”American Palace”, il simbolo della Castelvolturno nera dopo la strage dei sei ragazzi a opera della camorra l’autunno scorso. E poi attorno, una rete di strade grandi e piccole che la circondano. Mille vie di fuga. Se sulla Domiziana, puoi sentir parlare italiano e napoletano, appena ti inoltri nel dedalo di vie spesso serrate tra la statale e il mare, lì dimenticati di essere in Italia, sentirai solo l’Africa che parla.
L’Africa qui ha la voce di Samy. Siamo in una casa fatiscente, in quello che è chiamato «il ghetto», un intricato labirinto in cui è bene non avventurarsi da soli. Samy, ghanese, ha raggiunto il marito che lavora qui a Castelvolturno ed è regolare. Lei no. Vivono in due con lo stipendio di lui: «Come faccio a campare con 600 euro al mese’? Ne spendo 300 in affitto per questa casa. E come faccio a mangiare e a mandare i soldi in Africa? Non ci pagano il giusto perché siamo neri. Io sono un’infermiera professionale e da 4 anni non trovo un lavoro in Italia! E allora che cosa ti aspetti che io faccia? È chiaro! Vado a fare la prostituta così almeno potrò mangiare. Ma io non sono venuta qui solo per denaro, questo è quello che gli italiani pensano di tutti i neri! Sono venuta qui per imparare, per vedere come lavorano gli italiani».
La situazione di Samy è quella di tanti altri. Non tutti scappano da guerre o persecuzioni. Molti cercano semplicemente di fare fortuna in Europa. Ora, dormono in 3 o 4 per stanza nelle villette che una volta erano oasi di villeggiatura, Poi, dopo il terremoto dell’80, furono occupate dai profughi del sisma e infine, da una decina di anni, affittate con guadagni esorbitanti da parte dei proprietari, agli immigrati. Duecento euro un posto letto. Anche in 20 in una casa. l calcoli sono facili da fare.
Claudio Dell’Aquila ed Elisa Laudiero, due giovani volontari dell’Arci Cgil di Caserta, spiegano: «Molti di loro non parlano italiano, non ne hanno bisogno. Stanno fra di loro, vivono tra di loro e poi si svegliano all’alba e vanno sulla Domiziana ad aspettare i caporali». Non serve l’italiano per spezzarsi la schiena nei campi e nemmeno per lavorare nei cantieri. Serve a chi spaccia droga, e a chi fa della prostituzione il suo business. La mafia nigeriana qui si dà da fare. I contatti coi clan locali sono consolidati. Basta aspettare il tramonto e farsi un giro sulla Domiziana: prostitute di 15 anni, dal trucco violento, ammiccano a qualsiasi auto che rallenti in prossimità delle rotonde che frastagliano la statale.
Ma quanti sono davvero gli irregolari qui a Castelvolturno’? «Secondo noi gli irregolari sono circa seimila – raccontano ancora Dell’Aquila e Laudiero – Le cifre sono state strumentalizzate, gonfiate, per creare panico e alimentare la paura dello straniero. E poi, per dirla tutta, i “cattivi” sono tra i regolari: se voglio delinquere devo avere un permesso di soggiorno, se voglio delinquere devo avere l’assicurazione dell ‘ auto pagata e poter circolare tranquillo».
Il punto è che dopo la strage i riflettori si sono accesi su Castelvolturno. E così, c’è più polizia, più carabinieri, più esercito. E questa presenza dà fastidio. Alla camorra, e alla mafia nigeriana di sicuro. Ma la presenza stessa di tanti irregolari è un potenziale detonatore, nono stante gli sforzi delle associazioni sul territorio, dall’Arci al Centro Fernandez passando per il Centro sociale ex Canapificio: perché non sono integrati, perché si ammazzano di lavoro, perché la gente ha comunque paura dello straniero e perché ci sono enormi costi sociali da sostenere.
Francesco Nuzzo, sindaco della cittadina e magistrato, fautore dell’integrazione e della regolarizzazione degli imrnigrati non può tacere le difficoltà create dal “ghetto’” sulla Domiziana: «Quindicimila irregolari creano problemi enormi. Senza dubbio, Castelvolturno dovrà fare una forma di selezione. e non è certo razzismo. per avere un equilibrio tra popolazione residente e popolazione sopravvenuta. Pensate solo alla produzione di rifiuti e alle spese, sanitarie e di istruzione, che il Comune deve affrontare per gestire una popolazione così alta».
Il futuro, quello, è chiaro, almeno sulla carta: il nuovo piano urbanistico, il piano commerciale e il piano spiaggia. C’è il cosiddetto project financing da 85 milioni di euro, che cambierà la faccia alla cittadina. Un nuovo porto, un nuovo gigantesco campo da golf, yacht club, alberghi di lusso, che promettono di cambiare il litorale domizio. Chi farà tutto questo? La famiglia Coppola, che nel 2005 chiuse una transazione riparatoria con lo Stato dopo armi di abusi edilizi e che due anni prima aveva abbattuto le mostruose torri sul litorale che aveva precedenternente edificato. Ora, a spese loro, 85 milioni di euro, come prevede il project financing, i Coppola faranno il lifting a Castelvolturno e alla costa. Garantendosi però 60 anni di sfruttamento del porto turistico. E in più, si parla da tempo del nuovo aeroporto di Napoli Grazzanise a pochi chilometri da qui.
Ma come il nuovo afflusso di turisti e campioni di golf potrà convivere con una Castelvolturno che a tratti sembra Lagos o Accra? E come reagiranno la camorra e la mafia nigeriana? Potranno ancora “lavorare” tranquilli? E infine, potranno le migliaia di immigrati irregolari, le migliaia di fantasmi continuare a vivere nella Castelvolturno dalla faccia nuova?

lunedì, aprile 28, 2008

Sud e mafia l’emergenza dimenticata

Raffaele Cantone da Il Mattino
Leggendo i quotidiani in edicola ieri balzano subito all'occhio due notizie. La prima riguarda un attentato avvenuto in Calabria, nella zona di Gioia Tauro, dove un noto imprenditore, che aveva avuto ruoli dirigenziali nella squadra di calcio del Catanzaro e che sembra avesse legami anche di parentela con esponenti di una cosca locale è stato fatto segno di un attentato con modalità peculiari; non appena si è avvicinato alla sua auto qualcuno, da lontano, ha azionato con il telecomando una carica di esplosivo posizionata sotto il paraurti. L'uomo è stato letteralmente dilaniato; è stata necessaria l'amputazione di entrambe le gambe e di un braccio ma i medici ritengono scarsissime le possibilità di salvarlo. Non sembra che l'uomo vivesse particolarmente blindato; è stato colpito mentre da solo saliva sull’auto parcheggiata per strada. Non bisogna certo essere un intenditore di cose di mafia per capire che il ricorso a un metodo «libanese» ha una ragione simbolica; è una manifestazione eclatante di potenza e di sfida non solo verso le cosche rivali ma soprattutto verso lo Stato. L'altro episodio pure è avvenuto in Calabria; nell'ufficio di uno dei magistrati più esperti della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, titolare di indagini importantissime tra cui quella sulla strage di Duisburg e anche autore di una saggio sulla Ndrangheta, «Fratelli di sangue», che ha spiegato all'Italia le logiche di questa organizzazione delinquenziale non molto nota, è stata trovata una microspia.
Ci sarebbe da ridere se il fatto non fosse, invece, drammatico; un p.m. che per lavoro intercetta viene egli stesso sottoposto a controllo. La vicenda assume toni ancora più inquietanti se si aggiunge che la tipologia di microspia trovata e sequestrata poteva trasmettere in un raggio alquanto breve, il che significa che vi era qualcuno che, all'interno dello stesso ufficio, seguiva le mosse del magistrato antimafia. E appare del tutto probabile che l'entità che aveva interesse a seguire l'attività del magistrato fosse proprio la Ndrangheta. Il primo commento è spontaneo: una stagione che sembrava superata definitivamente e cioè quella delle stragi e dei veleni negli uffici giudiziari e che aveva caratterizzato un momento drammatico della lotta alla mafia siciliana potrebbe ritornare. Ma vi è un'altra considerazione che si impone; la lettura congiunta dei due eventi dimostra in modo inequivoco e senza tema di smentite che esistono in Italia intere zone in cui il controllo del territorio non appartiene allo Stato ma alle organizzazioni criminali, tanto potenti da non avere remora rispetto a qualsivoglia tipo di azione. Se la Calabria, del resto, vive una situazione dal punto di vista criminale drammatica, non molto meglio stanno le altre regioni infestate da fenomeni criminali similari. Per la Campania basta ricordare quanto visto l'altro giorno nel corso della trasmissione «Anno Zero» sulla forza economica e militare di alcuni clan e quanto detto dal coordinatore della Dda partenopea, Franco Roberti, che ritiene, persino, possibili derive stragiste della camorra contro esponenti istituzionali. In Sicilia, dove regna la pax mafiosa, c'è qualcuno che si è preso la briga di effigiare, su molti muri dell'isola, il volto del superlatitante Matteo Messina Denaro quasi si trattasse di un'icona sacra; anche questa è una patente sfida alle istituzioni. Di questa eclatante emergenza che riguarda quasi mezza penisola e che sempre più si innerva come una purulenta metastasi in zone in passato ritenute sanissime dell'Italia centro settentrionale, ci si interessa, però, pochissimo. I provvedimenti sulla sicurezza di cui si discute in questi giorni non se ne occupano affatto; è clamoroso vedere come una parte dell'Italia si preoccupi di lavavetri, graffitari, immigrati clandestini che vendono prodotti contraffatti, del piccolo spaccio e invochi contro questi fenomeni misure draconiane e nulla, o quasi, dice di ciò che avviene ogni giorno in una parte della penisola e non certo per opera di soggetti marginali ma di uomini che hanno la disponibilità di ingenti somme di denaro, controllano le istituzioni pubbliche, le attività imprenditoriali non solo locali e operano senza alcun timore dell'autorità statale. È da folli pensare che il federalismo prossimo futuro, che si intende estendere anche alla sicurezza, potrà avere come drammatico effetto il definitivo abbandono delle regioni del Sud al loro destino, preoccupandosi di «blindare» soltanto l'apparente sicurezza dei cittadini dell'Italia opulenta? Attendiamo con fiducia una smentita ferma, con i fatti, di questo che è certamente soltanto un malevolo sospetto.
Raffaele Cantone

sabato, dicembre 22, 2007

Campania: Agenda della Pace, torna San Gennaro accordo tra l’assessore e il cardinale

DANIELA DE CRESCENZO da Il Mattino
San Gennaro torna nell'agenda della Pace, realizzata dall'assessorato regionale alla formazione, che l'anno scorso scatenò la polemica in consiglio regionale. Forza Italia criticò il mancato ricordo dei caduti di Nassiriya e il fatto che i morti italiani fossero stati ignorati dal Consiglio regionale campano. Poi sulla vicenda intervenne anche il cardinale Sepe, che disse: «L'ho letta. Non è tanto la mancanza di alcune cose, quanto l'interpretazione di altre cose che mi preoccupa». Quest'anno per evitare errori o omissioni il cardinale e l'assessore alla formazioe Corrado Gabriele, sponsor dell'iniziativa, si sono incontrati per definire alcuni criteri. «E certamente questa volta San Gennaro ci sarà», spiega l'assessore. L'agenda, infatti, sarà frutto della cooperazione tra l'asserato e la curia. La «brutta copia» è già stata inviata al cardinale che sta lavorando con la sua equipe per inserire quelle festività e quelle date da ricordare care alla tradizione cristiana. Anche l'agenda del 2008 sarà, in ogni caso, uno strumento utile ad accompagnare studenti e docenti durante tutto l'anno scolastico e ricordarne le date, i luoghi e le vittime di tutte le violenze. Al progetto hanno lavorato l'archivio per la pace e i diritti umani e il settore scuola dell'assessorato regionale alla formazione, e le associazioni impegnate nell'educazione alla legalità. L'iniziativa, infatti, nasce nell'ambito della diffusione della cultura della legalità e vuole essere uno strumento per la lotta alle mafie e in difesa del diritto alla pace.