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mercoledì, dicembre 16, 2009

Acli, clima: ascoltare le parole di Papa Bendetto


Acli Terra: «L'agricoltura familiare nuova frontiera dello sviluppo sostenibile»

Approntare strategie di sviluppo rurale incentrate sui piccoli coltivatori e sulle loro famiglie. Lo scrive Papa Benedetto nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, dedicato al problema del clima e in generale alla questione ecologica. Parole accolte con grande soddisfazione da Acli Terra, l'associazione professionale agricola delle Acli che proprio tra due giorni ad Agrigento, dal 17 al 19 dicembre, celebrerà il proprio Congresso nazionale incentrato sul tema del nuovo umanesimo rurale.

«Siamo fermamente convinti - spiega Michele Zannini, presidente di Acli Terra - che lo sviluppo rurale e l'agricoltura familiare possano costituire degli antidoti efficaci contro l'avvelenamento del Pianeta. Il modello di agricoltura su scala familiare-contadina meglio di altri può assicurare un uso sostenibile delle risorse e delle energie, e promuovere un'agricoltura e un'alimentazione legate alle specificità e alle varietà dei territori. Ne sono un esempio milioni di famiglie contadine che, nel mondo, praticano l'agricoltura biologica».

«Se adeguatamente sostenuto dalle politiche nazionali e globali - insiste Zannini, che invita a non lasciar cadere le parole di Benedetto XVI - quello familiare e dei piccoli coltivatori è un modello altamente produttivo, che riesce a soddisfare i bisogni alimentari delle popolazioni, unendo al basso impatto ambientale un valore sociale fondamentale di tutela degli spazi e delle tradizioni rurali. L'agricoltura familiare, su piccola scala, può essere considerata il cardine delle nuove frontiere dello sviluppo sostenibile».

lunedì, luglio 27, 2009

Berlusconi: Movimenti cattolici tra fedeltà e 'scissione morbida'

Acli:Chiarezza.Forum famiglie:Coerenza.'Soft'invece Opus dei-Cdo
Roma, 27 lug. (Apcom) - Che Silvio Berlusconi non sia un "santo" turba, indigna, interroga il mondo cattolico italiano. O, almeno, una sua componente. Di certo, non è solo 'Famiglia cristiana', ormai, a criticare le vicende private del Presidente del Consiglio. Dopo un iniziale, diffuso silenzio, rotto solo dalle proteste del settimanale dei paolini, notoriamente poco tenero con questo governo (come, del resto, con i precedenti), più di un vescovo ha espresso dubbi e ha domandato chiarimenti e anche il quotidiano della Conferenza episcopale italiana 'Avvenire' ha espresso "disagio" per tutta la vicenda. E se c'è chi, in Vaticano, sottolinea che l'Italia "non è un paese di Amish o di calvinisti", c'è chi non esita a denunciare una "scissione morbida" dei cattolici dal berlusconismo. "Sembra che sia in atto una scissione morbida e silenziosa da Berlusconi e dal berlusconismo", afferma Mimmo Delle Foglie, portavoce dell'associazione Scienza e vita ed ex coordinatore del Family day: "Sono singolari le domande posto al mondo cattolico. Chi può immaginare che il giudizio dei cattolici su queste vicende sia positivo? Un comportamento del genere non si addice a un uomo privato, figuriamoci a un uomo pubblico". Gli fa eco il nuovo presidente del Forum delle famiglie Francesco Belletti: "Il valore della coerenza bisognerebbe chiederlo a tutti, a maggior ragione a chi ha ruoli pubblici". Poi punta alle promesse non mantenute su un fisco 'family friendly': "Non si vede ancora niente all'orizzonte. L'attenzione è molto debole. Questo governo, come quello precedente, ha promesso ma non ha ancora mantenuto. Le motivazioni sono comprensibili - la crisi, il debito pubblico, l'equilibrio del sistema tributario - ma chiediamo un segnale di inversione di tendenza, per essere certi che la famiglia non sia l'ultima riga della finanziaria". Il malumore cattolico nei confronti del premier, in effetti, è alimentato anche dall'insoddisfazione per alcune politiche care alla Chiesa. Sul cosiddetto quoziente famigliare, così come sui fondi alle scuole paritarie, l'associazionismo cattolico attende ancora risposte. Anche sui destini del testamento biologico c'è incertezza ora che il disegno di legge è approvato in un ramo del Parlamento, la Camera, il cui presidente, Gianfranco Fini, ha più volte espresso perplessità e critiche. "In alcuni ambiti, soprattutto sul tema della famiglia e dell'immigrazione, ci attendiamo un cambio di passo", afferma il presidente delle Acli (Associazioni italiane lavoratori cristiani) Andrea Olivero. Che su Berlusconi e i suoi incontri a Palazzo Chigi precisa: "Non basta dire 'non sono un santo'. Nessuno chiede che i governanti siano santi. Il punto è che laddove si esercitano mandati pubblici bisogna evitare condizioni che diano scandalo e che possono mettere la persona nella condizione di essere ricattabile". In questo senso, "è chiaro che oggi c'è una rilevanza pubblica di queste vicende che richiedono risposte chiare e limpide". Tra associazioni e movimenti cattolici, peraltro, non c'è, sulle vicende delle escort come su altri temi, l'unanimità. Bernhard Scholz, presidente della Compagnia delle opere (il 'braccio operativo' di Comunione e Liberazione), ha usato di recente parole di grande prudenza. "La coerenza personale, importante e desiderabile, non è il criterio esclusivo per valutare l'azione politica di chi governa. C'è una questione più importante: se la politica lascia libertà alle realtà che lavorano per il bene comune". Tradotto: associazioni, imprese, cooperative, scuole paritarie. "Le gerarchie cattoliche questo lo sanno bene", ha spiegato Scholz. Parole simili a quelle pronunciate, in tutt'altro contesto, da monsignor Rino Fisichella. Che, presentando in Vaticano l'enciclica del Papa con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, spiegava, in termini generali: "L'etica non può essere assunta come la panacea di tutti i mali che la società oggi vive per la crisi generalizzata, che non è solo di ordine economico, ma principalmente di carattere antropologico". E mentre il segretario della Cei Mariano Crociata fustigava - in un'omelia dedicata a Santa Maria Goretti - chi mette in piazza il "libertinaggio", il portavoce dell'Opus Dei, Pippo Corigliano, rilasciava un'intervista al 'Giornale' nella quale sosteneva: "E' pericoloso giudicare in piazza gli uomini, che siano politici o no, riguardo a quella che è la loro moralità: se si intraprende questa strada si può anche arrivare al 'Terrore' di Robespierre". Lontana dai furori termidoriani, insomma, una parte del mondo cattolico continua a guardare a Berlusconi come un alleato politico e un interlocutore per i propri progetti. Libero, ormai, da ogni condizionamento, anche il cardinale Carlo Maria Martini è sembrato accennare all'affaire Berlusconi. "La Chiesa può e deve protestare contro comportamenti rovinosi e immorali, che siano in contrasto col bene comune e deve usare cautela nel ricevere o nell'onorare certi personaggi", ha detto in una delle sue risposte ai lettori del 'Corriere della sera'. "Ma ciò non è sempre facile da stabilire e può darsi che in certi periodi si pecchi per difetto e in altri per eccesso", ha aggiunto. Diversa la posizione del Vaticano, dove prevale una posizione di cautela. Se certi comportamenti appaiono riprovevoli, altrettanto sospetto suscita l'impressione di una strumentalizzazione tutta politica delle vicende del premier e il fastidio per l'invasione che alcuni media hanno fatto della sua vita privata. Nei Sacri Palazzi, del resto, prevale il pragmatismo di chi considera molto buoni i rapporti tra le due sponde del Tevere. Tanto più che a Palazzo Chigi lavora un uomo - Gianni Letta - che, oltre ad essere Gentiluomo di Sua Santità, offre più di una garanzia per il mondo cattolico. Buoni rapporti confermati, tra l'altro, dall'incontro che domani il cardinale Tarcisio Bertone avrà in Senato per parlare con i senatori dell'anciclica 'Caritas in veritate'. L''Osservatore romano', da parte sua, non dà spazio a tutta la vicenda berlusconiana. E se 'Avvenire', pressato dalle rimostranze dei lettori, ha finito col chiedere "chiarezza" al premier e ammonirlo che il consenso dei sondaggi non va considerato "l'avallo a scelte poco consone", non ha mancato si sollevare dubbi sulle rivelazioni "non sappiamo quanto autentiche".

giovedì, settembre 25, 2008

Il CTA coglie la sfida del cambiamento climatico e lancia un programma di turismo sostenibile


Vitale (CTA - Centro Turistico ACLI): prendiamo sul serio la sfida: il clima e l'ambiente saranno la chiave dei nostri viaggi.

E' dal 1980 che l'OMT (Organizzazione Mondiale del Turismo) promuove il 27 settembre di ogni anno la “Giornata Mondiale del Turismo” in occasione della quale pone degli interrogativi su un tema riguardante un aspetto problematico del fenomeno turistico.
Il tema dell'edizione 2008, è
"Il turismo affronta la sfida del cambiamento climatico"
"IL CTA ha indicato quale prima risposta l'etica della responsabilità da interiorizzare - afferma il presidente nazionale CTA Pino Vitale. - Ci rivolgiamo al turista sociale e solidale, all'homo viator (come lo definisce chiaramente la Chiesa Italiana) che vuole vivere l'esperienza del turismo non come fuga o semplice evasione, ma con tutto il suo significato di ricerca, incontro, dialogo tra popoli e culture”.
I cambiamenti climatici rappresentano oggi una delle più grandi sfide che l'uomo è chiamato ad affrontare e il CTA, in occasione della Giornata Mondiale del Turismo lancia un suo programma di turismo sostenibile. " Venti viaggi attenti alla natura e al clima proposti a tutto il Paese dai nostri centri turistici presenti sulla penisola - conclude Pino Vitale – attraverso i quali ci adopereremo per far maturare l’impegno per questa nuova consapevolezza"

mercoledì, settembre 19, 2007

Gengis Khan, le Crociate e il cambiamento climatico



Gengis Khan nasce tra il 1155 e il 1167 e muore nell’agosto 1227 dopo avere costruito uno dei più vasti e potenti imperi della terra. Le Crociate iniziano nel 1097 e finiscono nel 1270 e determinano la riconquista del Mediterraneo da parte delle popolazioni europee, dopo un predominio plurisecolare musulmano.
Ma che relazioni vi sono tra Gengis Khan e le Crociate? I testi di storia non ci dicono quale fosse il contesto ambientale nel quale si sono verificati questi “fenomeni”. Alla luce dei più recenti risultati acquisiti con ricerche di geoarcheologia ambientale si può affermare che entrambi i “fenomeni” maturano e si sviluppano durante un cambiamento climatico-ambientale simile a quello che si sta manifestando e preannunciando attualmente, vale a dire durante uno dei ciclici e naturali riscaldamenti globali connessi ad un incremento dell’attività solare su scala plurisecolare.
Inconfutabili dati scientifici contenuti negli archivi naturali (prevalentemente nell’area mediterranea) integrati da dati archeologici e storici hanno consentito di ricostruire la storia del clima, dell’ambiente e dell’uomo degli ultimi 3000 anni. La storia dell’uomo si è sviluppata in un ambiente, favorevole alle attività umane, che prevalentemente è stato caratterizzato da condizioni climatiche simili a quelle note dal 1750 ad oggi. Tali condizioni, ogni 500 anni, sono state bruscamente interrotte da periodi della durata di 150-200 anni nei quali hanno prevalso alternativamente condizioni più fredde e più piovose e condizioni più calde e più aride. Le variazioni climatico-ambientali sono correlabili con variazioni plurisecolari dell’attività solare (un maggior numero di macchie solari ha determinato riscaldamenti globali mentre un minor numero ha provocato raffreddamenti globali). Conseguentemente le fasce climatiche attuali hanno avuto espansioni di alcuni gradi verso nord (periodi caldi) e verso sud (periodi freddi) provocando rapide e drastiche modificazioni ambientali.
Il riscaldamento globale attuale sta progressivamente provocando lo spostamento verso nord delle fasce climatiche dell’emisfero settentrionale. Le zone predesertiche e desertiche lentamente stanno invadendo l’Area Mediterranea e le acque marine si stanno sensibilmente riscaldando. Il tipico clima mediterraneo si sta trasferendo nell’Europa Centrale determinando le condizioni per nuove trasformazioni agricole tipicamente mediterranee. Le vaste aree settentrionali della Siberia, della Mongolia e del Canada interessate dal permafrost (suolo perennemente o stagionalmente congelato) si stanno trasformando in aree coltivabili.
I dati scientifici evidenziano che tra il 1000 dopo Cristo e il 1270 si ebbero modificazioni climatico ambientali simili che determinarono un sensibile riscaldamento delle aree settentrionali del Canada, Siberia e Mongolia e condizioni simili a quelle mediterranee nell’Europa Centrale con fenomeni di desertificazione nelle fasce costiere dell’Italia Meridionale.
Gli storici evidenziano l’incredibile sviluppo demografico, economico, sociale e militare che avvenne in Europa Centrale a partire dal 1000 dC, proprio grazie al riscaldamento globale che determinò un significativo miglioramento delle condizioni ambientali. In questo quadro di prosperità e di potenza si inquadra il fenomeno delle Crociate, iniziate nel 1097 e terminate nel 1270; durante tale intervallo l’Europa ha riconquistato il controllo commerciale del Mediterraneo, perso nei secoli precedenti.
Il riscaldamento globale ha determinato un drastico miglioramento delle condizioni ambientali anche in Siberia e in Mongolia dove milioni di ettari di territorio sono diventati produttivi in seguito allo scongelamento del permafrost. Conseguentemente la popolazione deve essere sensibilmente incrementata preparando il terreno per il grande leader Gengis Khan che tra la seconda metà del XII secolo e il primo quarto del XIII secolo si avvale di condizioni ambientali straordinariamente favorevoli per impostare il suo grande impero che arriva a comprendere buona parte dell’Europa Orientale.
I dati storici evidenziano che intorno al 1300 le condizioni climatico-ambientali sono peggiorate sensibilmente e l’Europa è stata interessata da gravi crisi economiche, sociali, militari e sanitarie. Le ricostruzioni paleoclimatiche mettono in luce che tra il 1050 e il 1100 la temperatura media si è innalzata di circa 1 grado centigrado e che a partire dal 1270 circa si è nuovamente raffreddata. Tale evoluzione climatica è connessa ad un marcato incremento delle macchie solari (dal 1000 al 1270 circa) che decrescono improvvisamente a partire dalla fine del 1300 dando inizio ad un lungo periodo freddo, noto come Piccola Età Glaciale, che terminerà intorno al 1730.
I fisici solari hanno evidenziato che dal 1750 l’attività solare ha iniziato ad aumentare e che dal 1940 il sole si trova in uno stato di grande massimo che solo una volta ha avuto negli ultimi 11.000 anni. Il grande massimo attuale dovrebbe terminare tra 10-15 anni dopo di che potrebbe riprendere, a partire dal 2050 circa, determinando l’instaurazione di condizioni climatico-ambientali più calde, simili a quelle descritte nel medioevo.
A questa evoluzione naturale si sommano le emissioni gassose antropogeniche. Anche eliminandole del tutto non si invertirebbe la variabilità climatico-ambientale naturale; si eliminerebbe certamente l’inquinamento atmosferico. Quindi, riduciamo drasticamente le emissioni nocive in atmosfera per non inquinare l’ambiente e, soprattutto, predisponiamo l’ambiente affinché si attenuino gli impatti, diversificati per latitudine e orografia, che si intensificheranno nelle prossime decine di anni.
Prof. Franco Ortolani
Ordinario di Geologia
Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio, Università di Napoli Federico II

domenica, settembre 16, 2007

Il cambiamento climatico, di destra o di sinistra, è sempre più un "affare"

Il cambiamento climatico è una realtà ed è un aspetto significativo della
variabilità ambientale naturale. Solo per l'uomo moderno tecnologico è una
novità. Per l'umanità no! Inconfutabili dati scientifici evidenziano che,
naturalmente, negli ultimi millenni si è verificato un cambiamento simile con
ciclicità millenaria.
L'inquinamento dell'atmosfera e dell'ambiente è una realtà. Per l'uomo moderno
tecnologico e per l'umanità è una novità. Mai prima d'ora si era registrato un
inquinamento dell'atmosfera di simile entità.
La storia del clima e dell'ambiente
Gli archivi naturali evidenziano che in passato le concentrazioni di gas tipo
CO2, metano ecc. hanno avuto sensibili variazioni naturali, aumentando nei
periodi con clima anche più caldo dell'attuale.
I cambiamenti del clima e dell'ambiente, in natura, si sono sempre verificati in
assenza di inquinamento ambientale antropogenico.
Gli archivi naturali integrati presenti nell'Area Mediterranea hanno consentito
di ricostruire la storia del clima e dell'ambiente delle ultime migliaia di
anni, come già evidenziato in Convegni internazionali organizzati a partire dal
1993 presso il Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali di Ravello. I
cambiamenti climatici anche più intensi dell'attuale si sono verificati su
scala millenaria, naturalmente e senza l'inquinamento atmosferico
antropogenico. La durata dei periodi caldi degli ultimi millenni è stata di
circa 150-200 anni. Questi ultimi sono correlabili con le variazioni di
attività solare su scala multisecolare ed in particolare con un accentuato
incremento delle macchie solari su scala plurisecolare.
L'attuale periodo di cambiamento climatico si sta instaurando secondo la
naturale ciclicità millenaria e si sta sovrapponendo ad un crescente
inquinamento antropogenico dell'atmosfera.
Il cambiamento climatico, quindi si svilupperà naturalmente, in relazione
all'attività solare, come accaduto 1000 anni fa. L'ambiente sarà interessato da
modificazioni rapide, diversificate in relazione alle attuali condizioni
climatiche connesse alla latitudine e alla orografia.
Indipendentemente dalle attività umane, le popolazioni dovranno, comunque,
adattarsi alle nuove condizioni climatico-ambientali.
Vanno attuate azioni tese a mitigare l'inquinamento atmosferico e ambientale in
generale, essendo coscienti che il cambiamento climatico-ambientale non può
essere contrastato. Sagge azioni devono essere individuate e attuate per
mitigare i danni all'ambiente antropizzato.
Tale conclusione, strettamente connessa ai dati scientifici multidisciplinari,
alla storia ambientale e alle previsioni delle modificazioni del prossimo
futuro, dovrebbe essere individuata come una pragmatica posizione di
"sinistra". Invece coloro che sostengono tali tesi sono marchiati di
reazionarismo, di essere al servizio degli inquinatori del globo e di favorire
l'ulteriore accentuazione della variazione climatica fornendo giustificazioni
addomesticate (cambiamento climatico ciclico e naturale).
In base ai dati climatici strumentali che coprono gli ultimi 150 anni di storia,
senza conoscere la storia del clima e dell'ambiente nelle ultime migliaia di
anni, i ricercatori raggruppati nell'IPCC, ai quali fanno acritico riferimento
i tecnici e funzionari dell'attuale Ministro dell'Ambiente che hanno preparato
la recente conferenza sui cambiamenti climatici del 12 e 13 settembre c.a.,
sono giunti alla conclusione che molto probabilmente il cambiamento climatico
attuale è provocato dall'inquinamento antropogenico dell'atmosfera. Tale
versione, autoreferenziata e non scaturita e validata da un confronto
scientifico internazionale multidisciplinare, è stata ampiamente lanciata nei
mass media con una vera e propria campagna pubblicitaria promozionale che ha
imposto una versione monocromatica della causa del cambiamento
climatico-ambientale. I governi di molte nazioni assumono, ormai, ufficialmente
che l'uomo sia la causa del cambiamento climatico. Quindi, per contrastare i
cambiamenti ambientali si deve intervenire sulle attività umane. Bisogna
ridurre la produzione di gas ad effetto serra. Come?
Ad esempio introducendo l'uso di biocarburanti per consumare meno combustibili
fossili.
Ecco come l'attenzione globale si è spostata, dagli interventi tesi a mitigare i
danni ambientali nelle aree che saranno più interessate dal cambiamento
climatico, sulle attività industriali che sono la fonte principale delle
emissioni di gas ad effetto serra con la propagandata presunzione di poter così
contrastare il cambiamento climatico (e non di contenere l'inquinamento
ambientale).
Gli interventi da attuare nel prossimo futuro, conseguentemente, sono previsti
nelle aree più industrializzate e causa prima delle emissioni inquinanti (che
avrebbero provocato danni a tutto il pianeta). Tali interventi devono essere
sostenuti anche dalla neocolonizzazione di aree poco sviluppate dal punto di
vista socio-economico, che sarebbero assoggettate per produrre i biocarburanti
necessari per ridurre le emissioni in atmosfera. In tal modo si crea una
competizione nell'uso del suolo nelle aree povere. Le foreste e le aree già
coltivate saranno progressivamente adibite alla produzione di biomassa per i
biocarburanti che saranno sempre più usati nei paesi ricchi.
Tale conclusione, strettamente connessa agli interessi economici dei paesi
ricchi a scapito dei paesi poco sviluppati, dovrebbe essere individuata come
una pragmatica posizione di "destra". Invece su tali tesi si trovano schierati
i partiti progressisti e quelli ambientalisti accanto ai neocolonialisti; per
ignoranza, disinformazione, speculazione economica, interessi vari, sono
sponsorizzati i biocarburanti, indiscriminatamente, sia dalle multinazionali
che si stanno accaparrando l'esclusiva della produzione di biomasse nei paesi
poveri che da coloro che dovrebbero essere i "progressisti" europei. Secondo
Fidel Castro tale politica neocoloniale provocherà la scomparsa prematura di
alcuni miliardi di abitanti delle aree povere.
Si ricorda che a gennaio in Messico è scoppiata la rivolta delle tortillas
poichè l'aumento della domanda del mais per la produzione di biocarburante ha
fatto aumentare vertiginosamente i prezzi al mercato da sette pesos al chilo,
l'equivalente di 50 centesimi di euro, a oltre 18. Ciò ha causato
manifestazioni di piazza da parte del popolo affamato.
Aumentano i dubbi sull'effettiva utilità dei biocarburanti, preparati con oli
vegetali, colze, girasoli e frumento.
Anche gli economisti dell'OCSE si stanno convincendo che il ricorso ai
biocarburanti è quanto mai pericoloso perché determina un immediato aumento dei
prezzi degli alimentari. L'offerta dei biocarburanti viene sovvenzionata e
sostenuta con sussidi pubblici dati agli agricoltori, invogliati a orientare e
a vendere in blocco le loro produzioni su questo nuovo mercato dei
biocombustibili; ciò determina effetti indesiderati ma prevedibili come
l'aumento dei prezzi per la produzione di alimenti. Altro effetto negativo è
rappresentato dalla riduzione della biodiversità con forti spinte a sostituire
gli ecosistemi naturali, come le foreste e i terreni da pascolo, con le colture
utili all'industria dei biocarburanti. Il così detto carburante alternativo,
che in Europa vale circa l'1% dei consumi totali con la punta del 3,75% in
Germania e del 2,23% circa in Svezia, secondo l'Ocse, al massimo può portare a
un calo del 3% delle emissioni di gas che provocano l'effetto serra. Il
vantaggio economico per i cittadini è quanto mai ambiguo dal momento che un
pieno di biocarburante viene a costare al consumatore quanto un pieno normale
solo perché la produzione è sostenuta a monte da sussidi pubblici ai
coltivatori e in parte viene caricata sulle spalle dell'industria petrolifera,
che almeno in Europa viene obbligata da una direttiva comunitaria a comprare
quote crescenti di biocarburanti da miscelare ai carburanti convenzionali.
E' evidente che i governi nazionali che incentivano la produzione di
biocarburanti non agiscono per favorire i cittadini ma per incrementare i
guadagni di gruppi industriali lobbistici internazionali.
Si deve constatare che la costosa campagna pubblicitaria che da qualche anno,
monopolisticamente, cerca di inculcare nella popolazione la convinzione che
l'uomo è l'unica causa del cambiamento climatico e delle catastrofi ambientali
che saranno ad esso connesse, vera e propria televendita ben sponsorizzata e
sostenuta economicamente, ha ottenuto un risultato che, se perseguito
acriticamente, porterà ulteriore ricchezza nei paesi industrializzati e sempre
più povertà nelle aree poco sviluppate del globo. Provocherà, con la
progressiva sottrazione di aree all'agricoltura per la produzione di cibo e la
distruzione delle foreste per produrre biomassa, un incremento delle emissioni
nocive in atmosfera e non mitigherà gli impatti ambientali del cambiamento
climatico nelle aree che, come 1000 anni fa, più saranno interessate.
Cosa fare?
Prima di tutto va immediatamente promosso un dibattito scientifico
multidisciplinare istituzionale internazionale, che finora è sempre stato
contrastato dalla lobby che sponsorizza l'IPCC e da coloro che vedono nel
cambiamento climatico una concreta possibilità di trarre vantaggi di vario
tipo.
Le conclusioni dell'IPCC non hanno basi scientificamente valide in quanto si
basano solo su dati climatici degli ultimi 150 anni; la storia del clima delle
ultime migliaia di anni non esiste per l'IPCC. La storia delle relazioni tra
attività solare e clima delle ultime migliaia di anni, evidenziata dai più
validi fisici solari internazionali, per l'IPCC non esiste. Per l'IPCC esiste
solo l'inquinamento atmosferico connesso alle attività antropiche degli ultimi
150 anni.
Scientificamente parlando, le conclusioni dell'IPCC non sono altro che un
edificio senza fondazioni. Il clima senza un passato non può fornire
indicazioni scientificamente valide per prevedere il futuro e tanto meno per
individuare le cause reali dei cambiamenti.
Dal punto di vista commerciale, le conclusioni dell'IPCC, per i paesi ricchi,
aprono la strada ad un neocolonialismo sfrenato e all'ulteriore degrado
socio-economico ed ambientale globale delle aree povere.
Va detto chiaramente che grazie alla efficace e interessata sponsorizzazione i
risultati dell'IPCC, scientificamente banali, si sono trasformati, per legge e
non per meriti scientifici, in verità scientifica.
L'applicazione del protocollo di Kioto va vista come attuazione di misure tese a
ridurre l'inquinamento atmosferico e non come modo per combattere il
cambiamento climatico.
Nelle aree povere dove il cambiamento climatico avrà significativi impatti
negativi e dove circa 3 miliardi di persone non hanno ancora accesso all'acqua
potabile, invece di sconvolgenti interventi neocoloniali, andrebbero attuate
misure efficaci per adattare l'ambiente alle nuove condizioni climatiche che si
intensificheranno nel prossimo secolo.
L'Europa finora si è accodata acriticamente e passivamente alla politica
neocoloniale imposta dagli sponsor dell'IPCC.
L'Europa corre il rischio di applicare misure neocoloniali anche tra i suoi
paesi membri in seguito ad una acritica promozione e facilitazione della
produzione di biomassa che andrà a scapito delle qualificate produzioni
agricole mediterranee.
Nel prossimo futuro i paesi del Mediterraneo, come accadde 1000 anni fa, saranno
interessati dalla desertificazione delle zone costiere fino a circa 41° di
latitudine e dai più marcati cambiamenti ambientali che incideranno
significativamente sull'economia e sicurezza ambientale.
Questa estate nell'Italia meridionale si è assistito ad una prova di
desertificazione testimoniata dalle ripetute invasioni aria calda merdionale
che ha determinato prolungati incrementi delle temperature che hanno seriamente
danneggiato migliaia di ettari di boschi (querceti) provocando l'essiccazione
delle foglie favorendo anche la diffusione degli incendi dolosi.
Non può sfuggire a coloro che hanno responsabilità nel governo delle istituzioni
pubbliche che proprio nell'Italia meridionale devono essere adottate concrete
misure ambientali per la difesa delle risorse naturali, idonee a contenere i
danni connessi al cambiamento climatico, e non misure tese ad avvantaggiare le
attività industriali prevalentemente della parte centrosettentrionale
dell'Europa che, come 1000 anni fa, sarà climaticamente favorita dalle nuove
condizioni.

Prof. Franco Ortolani
Ordinario di Geologia
Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio
Università di Napoli Federico II