mercoledì, febbraio 06, 2013

LA SPERIMENTAZIONE DELLA NUOVA CARTA ACQUISTI




di Massimo Baldini e Luca Beltrametti*
Il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha da pochi giorni emanato il decreto che disciplina l’avvio della sperimentazione di una Nuova carta acquisti (Nca) che  affianca la Vecchia carta acquisti (Vca), introdotta dal governo Berlusconi nel 2008 e potrebbe in futuro sostituirla.

La sperimentazione consiste in un trasferimento monetario riservato a famiglie in condizioni di povertà residenti nei 12 comuni con più di 250 mila abitanti. La sperimentazione dura un anno, la gestione sarà affidata ai comuni; il Governo ha stanziato €50 milioni che saranno ripartiti tra i Comuni in base all’incidenza della povertà assoluta rilevata dall’Istat nelle diverse aree del paese.

Il programma è rivolto a famiglie in difficoltà che soddisfino requisiti concernenti la condizione economica (Isee inferiore a €3.000, patrimonio mobiliare inferiore a €8.000…), le caratteristiche familiari (presenza nel nucleo di un minorenne, precedenza in caso di disagio abitativo o di presenza di un solo genitore…) e la condizione lavorativa (“disagio lavorativo”: possono ciò accedere anche famiglie in cui vi siano componenti che non sono totalmente disoccupati).

Un confronto tra Nca e la Vca

La Nca presenta molti passi avanti rispetto alla Vca:
  1. La Vca è riservata alle famiglie con anziani e a quelle con bambini di età inferiore ai 3 anni. La maggioranza delle carte è andata a famiglie di anziani, che già costituiscono la fascia di età su cui si concentra già gran parte della spesa italiana per l’assistenza.
    La Nca invece è destinata alle sole famiglie in cui sia presente almeno un minore. Si prevede anche che il numero e l’età dei figli siano requisiti preferenziali per l’accesso al beneficio. La scelta di concentrarsi sulle famiglie con minori è opportuna non solo perché costituisce un piccolo segnale della volontà di ribilanciare la spesa assistenziale a favore di gruppi sociali tradizionalmente più trascurati, ma anche perché sembra che la crisi stia colpendo, via la riduzione dei posti di lavoro, soprattutto le famiglie giovani.
  2. La Vca esclude qualsiasi coinvolgimento degli enti locali e si riduce ad un trasferimento monetario dall’Inps alle famiglie con un Isee basso; nel nuovo schema invece i Comuni diventano gli attori principali, sia nell’individuazione dei beneficiari che nella gestione dei servizi di accompagnamento e formazione.
  3. La Vca prevede un trasferimento di soli 40 euro mensili(assolutamente incapace di incidere davvero sulle condizioni di vita dei beneficiari) mentre la Nca prevede importi compresi tra €231 e €404 al mese.
  4. La Nca non è più riservata solo agli italiani come la Vca, ma è disponibile anche ai cittadini comunitari e ai non comunitari con permesso di soggiorno che risiedono nel Comune da almeno un anno. E’ un’estensione importante perché la povertà assoluta è molto diffusa tra gli immigrati.
  5. La Nca non si risolve più in un semplice trasferimento di denaro, ma prevede la presa in carico da parte dei servizi sociali degli enti locali e la predisposizione di un progetto personalizzato, con l’obiettivo di attivare un percorso di uscita dalla povertà attraverso, quando possibile, il reinserimento lavorativo e sociale. I beneficiari ricevono il denaro solo se si impegnano a svolgere specifiche attività (ricerca di lavoro, frequenza scolastica, partecipazione a progetti di formazione, ecc.).
Alcune valutazioni
Si tratta – forse per la prima volta in Italia – di una vera sperimentazione condotta con criteri scientifici: si dice espressamente che la “la valutazione … deve basarsi sull’adozione di approcci di tipo contro-fattuale che permettano di misurare l’efficacia dell’intervento … utilizzando…informazioni riferite a gruppi di controllo”.
In altri termini, si vuole misurare l’efficacia del programma confrontando i risultati raggiunti dal gruppo dei soggetti beneficiari rispetto alla situazione di un gruppo, statisticamente confrontabile, che non ha partecipato. Si tratta di una procedura ampiamente diffusa a livello internazionale nella valutazione dell’efficacia di politiche sociali.

Rispetto all’obiettivo di dotare anche l’Italia di un vero reddito minimo garantito sarà necessario, a regime, incrementare lo stanziamento: secondo le statistiche disponibili, per eliminare la povertà assoluta in Italia (con un'ipotesi minimale di spesa, cioè assumendo un targeting perfetto)servirebbero circa 3-4 miliardi all’anno1.
I 50 milioni della sperimentazione (per di più una tantum e rintracciati a fatica nel bilancio pubblico) sono quindi una “goccia nel mare”; essi rappresentano però un primo importantissimo passo soprattutto perché consentono di creare una infrastruttura di base che potrà poi essere sviluppata.

Inoltre, nella sperimentazione il trasferimento è erogato in cifra fissa indipendentemente dal reddito effettivo della famiglia; a regime, sarebbe forse più efficace commisurarlo a quest’ultimo.
La sperimentazione pone un onere amministrativo e gestionale molto forte sui comuni; ciò avviene in un momento in cui molti assessorati alle politiche sociali sono in grande affanno dopo anni di riduzioni del personale e di tagli alle risorse per il funzionamento.
Nel caso in cui si volesse estendere il programma a tutto il Paese le difficoltà operative (nella definizione ed implementazione dei “piani personalizzati di assistenza”) sarebbero certamente notevoli nei comuni di piccole e medie dimensioni.

Si passerà davvero dalla sperimentazione (posto che la valutazione dia risultati positivi) alla messa a regime di un trasferimento contro la povertà assoluta?
Molto dipenderà dal colore del prossimo governo e dalla dinamica dei conti pubblici. Tuttavia la lunga durata della crisi rende ogni giorno più grave il fatto che l’Italia non disponga ancora di uno strumento  universale di questo tipo.

1. La cifra di 3-4 miliardi si ottiene considerando che in Italia vi sono circa 1.3 milioni di famiglie in povertà assoluta e che il consumo medio dei poveri assoluti è di circa il 17% inferiore alla linea di povertà. 

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