rassegma stampa
I precari sfilano in corteo
"Il nostro tempo è adesso"
E' partito da piazza Mancini la marcia per il lavoro. Slogan, striscioni e rabbia.Manifestanti da tutta la Campania. Lanci di uova contro due banche. Finale in piazza del Gesù con il concerto dei Bisca
di TIZIANA COZZI
Sono scesi in piazza perché “il tempo è adesso”. Perché hanno dai 25 ai trent’anni ma le stagioni passano. Perché hanno perso il lavoro a quarant’anni e solo da qualche mese sono piombati nel limbo dei precari e temono di non uscirne più. Giovani e adulti, insieme per gridare no all’incertezza. In mille hanno aderito all’appello lanciato dagli organizzatori su Facebook e ora sono in marcia. Il corteo si è mosso da piazza Mancini dopo la 10 con striscioni, slogan. Rabbia certo, e tanta voglia da parte di precari, disoccupati di riprendersi il futuro. La destinazione piazza del Gesù dove alla fine della manifestazione si svolgerà il concerto dei Bisca. In testa al corteo studenti medi e universitari e ricercatori con lo striscione "Il nostro tempo è adesso, la vita non ci aspetta". Ma ci sono anche disoccupati, gli operai della Fiat di Pomigliano, giornalisti, precari del progetto Bros. Momenti di tensione quando un gruppetto di manifestanti hanno lanciato uova con vernice contro le sedi del Monte dei Paschi di Siena e Unicredit.
La protesta si svolge in quaranta città italiane (tra cui Milano, Roma e Palermo) ma assume un valore simbolico proprio per i numeri allarmanti del precariato in Campania. «Vogliamo essere ironici e dissacranti si legge sul sito del comitato promotore e vogliamo che ad essere visibili siano le persone che hanno aderito all’appello».
Anche l’attore Paolo Rossi, in questi giorni in città con lo spettacolo “Mistero buffo”, ha registrato un video appello, ha dato la sua adesione e ha invitato a partecipare: «Oltre il precariato c’è il lavoro, ma nelle vicinanze c’è la fame, è meglio esserci».
Sono più di duemila i precari nel mondo dell’università, decine di migliaia quelli della scuola (novemila solo quelli della primaria), il 37 per cento dei giornalisti guadagna da zero a 500 euro mensili, il 13 per cento lavora gratis, solo il 10 per cento di fortunati porta a casa più di mille euro. La lista nera si allarga all’universo dei call center, del lavoro pubblico, dell’archeologia. Il tam tam è partito su internet qualche settimana fa, poi sono seguiti flash mob e eventi improvvisati, anche a Napoli. Venerdì, un gruppo di musicisti del conservatorio San Pietro a Majella, si è riunito al Vomero e ha improvvisato un concerto particolare, con brani conclusi a metà «perché ci hanno tagliato i fondi e non possiamo proseguire».
A tenere insieme un puzzle multiforme, la rete di associazioni, coordinamenti studenteschi e universitari, organizzazioni politiche, reti di solidarietà e sindacati. Una fotografia del mondo del lavoro dedicata alla carica dei lavoratori “a tempo”, costretti a lavorare per un periodo limitato oppure soggiogati alla piaga del lavoro nero. «Al Sud nel 2009 ci sono stati 200 mila disoccupati in più - dice Mauro Casola, responsabile politiche giovanili Cgil Campania - di questi 150 mila erano giovani fino a trent’anni, la maggioranza dei giovani che lavorano qui lo fanno al nero. C’è di più. In Campania il passaggio da un contratto precario ad uno stabile è tre volte più lungo rispetto ad una regione del Nord».
Il precario campano impiega molto più tempo di un suo omologo settentrionale per approdare al desiderato contratto a tempo indeterminato. E la situazione delle donne non è certo migliore. «Il trenta per cento delle ragazze campane tra i 15 e i 29 anni non ha mai lavorato e meno di una su quattro non ha lavoro, secondo dati Svimez» dice Raffaella Ferrè, giornalista, tra i dieci promotori della manifestazione a livello nazionale.
«Napoli simbolo dei precari»
Combattiva manifestazione per le strade della città
Tanti giovani, ma la gran parte è «over 40»
NAPOLI - «Il precariato influisce sul futuro delle persone, le rende ricattabili e quindi non libere di vivere una vita serena e normale». Lo hanno gridato forte sabato mattina a Napoli le centinaia di persone che hanno partecipato alla manifestazione promossa a livello nazionale dal comitato «Il nostro tempo è adesso». Il corteo partito da piazza Mancini ha attraversato tutto il centro della città passando per il corso Umberto I per raggiungere piazza del Gesù dove sul palco sono saliti i rappresentanti dei comitati e delle associazioni presenti alla manifestazione.
«Munnezza day», la protesta arriva in piazza «Napoli è il simbolo del precariato sotto tutti i punti di vista - spiega Ornella Vaccaro degli insegnanti precari - parlano di giovani ma la maggiore parte di noi è over 40. Siamo scesi in piazza oggi perchè vogliamo che almeno i più giovani abbiano la possibilità di migliorare il Paese, altrimenti non saranno neanche precari nel futuro, saranno solo disoccupati». «Il mondo della scuola è stato ucciso dalla Gelmini - aggiunge Vaccaro - disabili, insegnanti e Ata sono allo stremo, la scuola pubblica è al collasso». Della stessa opinione sono i ricercatori universitari. «Questo modello di sviluppo che pone al centro la precarietà del lavoro e lo sfruttamento delle giovani generazioni non è accettabile nè sostenibile - spiegano i ricercatori - questo Paese deve investire nella cultura e nella ricerca per un nuovo sviluppo economico». Per la prima volta in piazza inoltre c’erano in tutta Italia anche i giornalisti precari. «Oggi è una giornata storica per il giornalismo - spiegano i rappresentanti del Coordinamento giornalisti precari della Campania - perchè in tutto il Paese i lavoratori precari dell’informazione scendono in piazza non per difendere il contratto ma perchè il contratto non ce l’hanno. L’80% dei giornalisti campani vive in condizioni di instabilità, disoccupazione e abusivato».
«Il nostro tempo è adesso»
Oggi in piazza i giovani precari
ROMA - «Il nostro tempo è adesso. La vita non aspetta». Con questo slogan - che è anche il nome del comitato promotore - i precari, i disoccupati, il popolo delle partite Iva, gli studenti, gli stagisti, i ricercatori, i free lance sfilano oggi per le strade delle città italiane e non solo, per riprendersi - è il loro diktat - il presente, ancor prima del futuro, ed il Paese, partendo dal lavoro. E dalla richiesta al premier Silvio Berlusconi di «farsi da parte». Con loro in piazza ci sarà la Cgil, il comitato "Se non ora quando" e l'opposizione: Pd, Idv, Verdi, Pdci-Federazione della sinistra.
Sono un "esercito" di quasi 4 milioni di persone i precari in Italia. Il 56% di loro è occupato nelle regioni del Centro Sud. Tra il 2008, inizio della crisi, ed il 2010 sono aumentati del 4%. Sono i dati con i quali la Cgia di Mestre fotografa il fenomeno del precariato nel Paese. Oltre il 38% ha solo la licenza media, tra gli under 35 il livello retributivo mensile netto è di 1.068 euro.
L'Italia «non ce la farà se non si ripartirà dal lavoro», ha detto il segretario generale della Cgil Susanna Camusso parlando ad Ancona nella giornata di mobilitazione dei precari. «Una lunga marcia per il lavoro in questa regione, una lunga marcia in tutta Italia - ha detto -. L'obiettivo è quello di dire che questo Paese non ce la farà, non riprenderà la crescita, non avrà prospettive se non si riparte dal lavoro. Dalla creazione di lavoro per chi non ce l'ha, dal lavoro certo per chi oggi è precario e dalla difesa del nostro apparato industriale per chi vede un destino di cassa integrazione».
«È ora di dire basta con il caporalato. Basta con la violenza, con la spada di Damocle, con il ricatto, con la scusa che il precariato è l'unico modo per avere lavoro. Noi dell'Italia dei Valori abbiamo dimostrato di voler contrastare strenuamente il precariato partecipando a tutte le mobilitazioni e a tutte le trattative. Abbiamo anche preparato un libro bianco e l'abbiamo presentato al ministero competente e a tutte le organizzazioni sociali», ha affermato il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, in un video-messaggio pubblicato sul suo blog, confermando così il sostegno del partito alla manifestazione. «Questa vita sempre all'insegna dell'angoscia, sempre col nodo scorsoio al collo, è una non vita. È una vita da schiavi - ha sottolineato Di Pietro -. La degenerazione verso il feudalesimo dei concetti di flessibilità, di mercato e di libertà imprenditoriale, non è la manifestazione di uno Stato moderno, anche se tanti cercano di farla passare per modernizzazione». «È un ritorno allo schiavismo. Fermiamo questo ritorno a un lavoro senza diritti. Fermiamo la tratta dei moderni schiavi».
Corteo a Napoli. Alcuni docenti avevano stampata sulla fronte la data di scadenza del loro contratto e la cifra dell'ultimo stipendio percepito. Qualche ricercatore aveva in mano la raffigurazione di un cervello spremuto. Così con alcuni eloquenti simboli si è voluto ribadire il no al precariato in tutte le sue forme. Alcune centinaia di persone hanno partecipato alla manifestazione promossa a Napoli dal comitato "Il nostro tempo è adesso". Il corteo partito da piazza Mancini ha raggiunto piazza del Gesù dove sono saliti sul palco alcuni rappresentanti dei manifestanti. Studenti, insegnanti del gruppo «Precari Napoli», Cgil, Fiom, ricercatori della rete «29 aprile», giornalisti del Coordinamento precari della Campania, lavoratori Inps, Carc e semplici cittadini hanno sfilato insieme per ribadire quanto la precarietà del lavoro influisca non solo nelle scelte della vita di tutti i giorni ma soprattutto sul futuro. In strada c'erano giovanissimi studenti ma soprattutto, è stato ricordato dagli organizzatori, trentenni che «rappresentano in questo momento la stragrande maggioranza dei precari intellettuali e non del Paese». Durante il corteo uova piene di vernice rossa sono state lanciate sulle vetrine di due banche al Corso Umberto I.
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