Repubblica ed. Napoli 9 aprile 2011 pag. I-X
Nuovi e vecchi poveri
Franco Buccino
La crisi economica, le difficoltà delle famiglie, il precariato indifeso, la disoccupazione galoppante, l’integrazione sempre più problematica di tanti immigrati, sono temi così importanti, eppure spesso trascurati, per far posto a fatti di straordinaria rilevanza, come la guerra in Libia, i profughi e i nuovi scenari internazionali, ma anche a fatti meno incisivi nella vita dei cittadini come i processi del cavaliere e le collegate riforme della giustizia. Figuriamoci a voler parlare dei nuovi poveri, degli anziani, dei non autosufficienti, degli ultimi. Eppure in questi mesi si sta smantellando in Italia lo stato sociale, si sta imponendo un nuovo modello di relazioni tra lo stato e i cittadini, di relazioni tra le diverse classi sociali. Un osservatorio privilegiato di questi importanti cambiamenti è il mondo delle associazioni e della cooperazione sociale. Che vedono i loro assistiti aumentare nel numero e peggiorare nelle già precarie condizioni di vita. Con pudore tante nuove persone entrano a far parte del mondo dei bisognosi. Perfino persone che ti stupisce veder lì, perché parlano bene, sono istruite; persone che conservano ancora qualche segno di benessere perché hanno camuffato fino all’ultimo il loro disagio. E poi l’esercito straripante dei poveri conclamati: da chi perde la proprietà della casa perché non può pagare il mutuo a chi perde la casa e va a dormire nelle stazioni o sotto i portici. Da chi rinuncia a ordinari controlli medici e a farmaci integrativi, a chi si priva di esami importanti e medicinali necessari, per via del ticket che non si può permettere. Da chi procede nell’alimentazione con diete squilibrate perché alcuni cibi costano troppo a chi è alla ricerca quotidiana di mense pubbliche. E i non autosufficienti, i disabili, i malati di Alzheimer con i servizi sociosanitari ridotti al lumicino? Neanche gli ospizi li vogliono più se non riescono a integrare le rette fissate per decreto.
Certo, c’è la crisi. Con cui bisogna fare i conti. Ma soprattutto c’è il tipo di risposta che si da al problema: c’è la crisi e perciò riduciamo una serie di lussi come lo stato sociale, risaniamo con rigore interi settori, eliminando servizi gratuiti e introducendo ticket, oppure c’è la crisi e perciò rafforziamo lo stato sociale, garantiamo livelli minimi di vita e quindi livelli minimi di assistenza, arrivando perfino a tassare i patrimoni. Un governo si caratterizza politicamente oggi per il tipo di risposta che da alla domanda sociale che discende dalla crisi economica. È inutile girarci attorno. L’attuale governo è messo male Ha cominciato accanendosi con gli invalidi, ha continuato facendo a pezzi lo stato sociale, o direttamente o falcidiando le risorse per gli enti locali, recentemente ha ridotto a zero il fondo per i non autosufficienti. Ha lasciato, è vero, le risorse destinate al 5 per mille, ma lo ha fatto per timore nei confronti di nomi altisonanti, anche se poco rappresentativi delle associazioni militanti, e lo ha fatto soprattutto per un’idea sbagliata che ha del volontariato. Lo pensa come un insieme di enti di beneficenza che per pietà e con pochi spiccioli sostituiscano lo stato nei suoi doveri costituzionali verso i cittadini più indifesi. In queste sue idee malsane è seguito a ruota da regioni ed enti locali, che in alcuni casi sono più realisti del re e tagliano nel sociale con lo stesso vigore. E non promette niente di buono per noi il federalismo fiscale così come lo stanno definendo: le regioni in difficoltà per accedere alle risorse del fondo di riequilibrio dovranno portare i conti in pareggio, tagliando servizi e chiedendo una compartecipazione più consistente alla spesa, si può immaginare sulla pelle di chi.
Le associazioni di volontariato, di promozione e di cooperazione sociale sono testimoni di antiche e nuove difficoltà della gente e, insieme, parte in causa perché vedono aumentare le richieste di intervento e contemporaneamente calare risorse, finanziamenti e progetti. Le persone neanche sanno delle difficoltà economiche delle associazioni e pretendono da loro le precedenti prestazioni, le associazioni dal canto loro per pudore cercano di continuare a impegnarsi per gli indifesi. Ma quanio può durare? Per la verità le associazioni non si rassegnano. Proprio in Campania sono sorti movimenti molto battaglieri nelle iniziative, animate dalle cooperative sociali, le realtà cioè che per la complessità dei servizi che offrono meno possono continuare a erogarli senza fondi. Il giudizio fortemente negativo sulle politiche sociali del governo è unanime e passa attraverso l’organismo di rappresentanza di tutto il mondo associativo, il Forum del Terzo Settore. Il quale, nei suoi diversi livelli, nazionale, regionale e locale, è l’interlocutore del governo, delle regioni e degli enti locali. Dovrebbe con ancora più determinazione svolgere il suo ruolo e senza remore ricercare ogni possibile alleanza. Soprattutto nelle regioni più a rischio, come la Campania. Dove, invero, il mondo associativo è ricco, generoso, e si è anche ben organizzato negli anni grazie al contributo di uomini intelligenti e competenti, come Mario Melluso. Il mondo del volontariato non ama parlare dei propri rappresentanti. Fa un’eccezione per Mario, che nei giorni scorsi è morto sul campo sostenendo la sua missione di volontario per l’invecchiamento attivo.
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