Settecento giorni di ritardo nei pagamenti dei servizi sociali. Una ferita aperta che non smette di sanguinare, non sono una scelta, ma una stortura che ci è imposta dalle scelte miopi dei nostri governanti, di oggi e di ieri. Leggi capestro, vincoli di bilancio, garbugli normativi che si scaricano sui comuni, l’articolazione dello stato più vicina ai problemi e alla vita quotidiana dei cittadini, che pagano ogni giorno i costi sociali di scelte sbagliate. Nessuno scandalo, le parole sono importanti, piuttosto il frutto amaro di scelte sbagliate, di politiche finanziarie e normative cieche che mettono sullo stesso piano i servizi di cura della persona, di inclusione sociale e ogni altro tipo di fornitura. Tutto ha una spiegazione, non c’è nulla di inspiegabile. Rischia di prendere il sopravvento l’idea che il contenimento della spesa pubblica si realizza ai danni delle famiglie dei soggetti svantaggiati; Il convincimento che Città così diverse per condizioni sociali e per reddito procapite medio, Napoli e Bologna, possano ricevere le stesse risorse in termini di fondi per l’inclusione sociale; il tentativo di nascondere che gli unici enti pubblici, come emerge dai report delle authority nazionali, che hanno rispettato il contenimento della spesa, sono i Comuni. Last but no least il tentativo di marginalizzare il privato sociale, un interlocutore scomodo, che contrasta sul terreno etico e concreto il tentativo strisciante di privatizzare la cittadinanza. Un settore che non solo produce reddito e occupazione, ma che è produttore del bene più prezioso per una comunità: la cittadinanza. Il quadro che emerge dall’intervento di Morniroli e Smarrazzo fotografa la realtà, salvo come sempre accade fare di tutta l’erba un fascio, addossando responsabilità a tutti, così, determinando, di fatto, una assoluzione generalizzata di tutte le istituzioni e della politica. Tutto questo sarebbe il frutto dell’inefficienza della macchina comunale e della burocrazia molesta. Non è così. Le cause sono ben altre e sono il frutto di un tendenza che esiste concretamente da oltre sette anni. Questi sono gli effetti una politica legislativa che al centro non mette l’uomo e i suoi diritti , ma regole astratte e odiose che sancirscono sperequazioni e ingiustizie. Nel dire questo metto all’indice le responsabilità di chi governava prima, e di chi governa ora. Hanno raccontato a tutti gli italiani che le tasse non sono un investimento sulla comunità e sul futuro, ma sono un aggravio , un odioso balzello da cancellare. Mi domando: l’abolizione dell’ ICI che ha ridotto al lumicino le finanze già gracili dei comuni del sud, che beneficio ha portato ai cittadini, e allo stato? Quale ai governanti? Solo l’effimero titolo dei giornali che qualche giorno dopo viene dimenticato. Non so come la pensano Morniroli e Smarrazzo, ma io credo che questa debba diventare una battaglia nazionale mettendo da parte gli egoismi e il particolare. Credo che in questi anni sia stato giusto lavorare a Napoli perché in un quadro di straordinaria difficoltà venisse preservata ad ogni costo la spesa sociale. La strada che avremmo dovuto seguire per rispettare alla lettera le indicazioni delle finanziarie corrispondeva alla scelta di radere al suolo il sistema di welfare comunale. Oggi è evidente che lo sforzo isolato del Comune non basta più. La speranza è una sola quella di costruire con tutte le donne e gli uomini di buona volontà una grande battaglia per cambiare rotta. Le speranze quelle generali e quelle più concrete si costruiscono con il lavoro collettivo e con umiltà, riconoscendo gli alleati, senza protagonismi inutili e senza confondere la vittima con il carnefice. Quest’ anno, come due anni fa, per dare una risposta al grido di dolore che proviene dal Terzo settore, dai produttori di cittadinanza del nostro territorio, il Comune di Napoli in questi giorni sta valutando le condizioni di una operazione bancaria che consenta di dare un po’ di ossigeno a tutti gli attori del sistema comunale di inclusione sociale recuperando quei 700 giorni. Prendersi cura è il titolo della storia nuova che dobbiamo provare a scrivere insieme, mettendo a valore le esperienze diverse che in questi anni sono maturate. Dobbiamo farlo ora, superando le diffidenze e le incomprensioni, c’è in gioco il diritto di cittadinanza nel terzo millennio e il futuro del privato sociale. Dobbiamo prenderci cura del nostro territorio, dei nostri cittadini, soprattutto dei più fragili, ma dobbiamo prenderci cura del presente, per costruire un futuro sostenibile. Prendersi cura significa ridare slancio e fiducia a tante e tanti, donne, uomini. Prendersi cura significa costruire una trasformazione radicale degli stili di vita e della politica. Radicale significa semplicemente, comprendere le cose dalle loro radici” (A.Davis)
giulioriccio.it
Nessun commento:
Posta un commento