(di Cristina Zagaria da la Repubblica Napoli)
Un´ora dura la sua arringa. Un´ora in cui il sindaco mette alla prova prima di tutto se stessa e la sua voce.
Ad ogni parola il tono di Rosetta diventa più basso e aspro. Ma va avanti. La voce e il sindaco vanno avanti. «È un residuo dell´influenza, spero di farcela», esordisce Rosa Russo Iervolino alle 19, quando prende la parola dopo sette ore di consiglio comunale e una valanga di interventi pro e contro il suo mandato. Dopo la lunga giornata della mozione di sfiducia.
Ma proprio la sua voce, che la rende inconfondibile, resiste. «È successo quello che mi aspettavo – dice subito dopo il voto che la riconferma alla guida del Comune e l´applauso dei suoi – continuiamo a lavorare. E non è successo quello che temevo, che la mia voce mi abbandonasse», sussurra ormai, con un sorriso di orgoglio. E resiste il sindaco, «donna tenace», come la definisce il consigliere Marco Nonno (Pdl), al suo primo intervento ufficiale: è stato rimesso in libertà dopo 13 mesi di arresti, perché accusato di essere il regista politico degli scontri contro l´apertura della discarica di Pianura nel gennaio 2008. Il volto di Nonno richiama momenti difficili, i quattro assessori della giunta arrestati, uno di essi morto suicida, due cambi di squadra in corsa e un assessore al Bilancio dimissionario e appena sostituito. Ieri è anche la prima volta di Michele Saggese, neo assessore alle Risorse strategiche, che rimane per quasi tutta la seduta alla destra del sindaco, sostituito solo alla fine dal vicesindaco, Tino Santangelo. A sinistra Iervolino ha invece Luigi Scotti, assessore alla Legalità.
Sciarpa rossa al collo, lei arriva in consiglio con fogli, cartelle, schede, fascicoli. Per tutta la seduta prende appunti, alternando la penna a un evidenziatore arancione. Meticolosa. Ma quando è il momento di parlare, lascia da parte gli appunti e parla a braccio. Istintiva. E i dati li ricorda a memoria. Risponde punto per punto agli interventi della giornata, partendo dalla tutela dei diritti (immigrati, omosessuali, minoranze) e passando al piano regolatore, all´acqua come bene pubblico. Guarda la sua aula («i sovrani siete voi») e parla di povertà, verde pubblico, casa. Sorride amara, facendo riferimento a chi dell´opposizione ha citato il suo programma elettorale: «Lo devo ammettere, era un programma ingenuo. Perché uno può essere stato ministro e parlamentare, ma governare una città è altro. E io ricordo che avevo promesso di alzare la qualità di vita ad ogni uscita della metropolitana, dal centro alle periferie. Sono altri poi i problemi con cui mi sono dovuta confrontare». Non fa l´elenco delle cose fatte e non fatte. Delle promesse mantenute e tradite. Non le interessa. Ma si infervora, rizzandosi sulla schiena, puntando il dito al cielo e sforzando all´inverosimile la voce sulla questione lavoro: «Non c´è vertenza in cui i lavoratori non si siano trovati accanto il Comune».
È un discorso di umiltà e di orgoglio quello del sindaco, nel giorno della mozione di sfiducia. «L´orgoglio – dice – non solo di avere le mani pulite e di essere una persona onesta, perché è ladro non solo chi ruba, ma anche chi è omissivo. E io non ho padroni». Allarga le braccia, in avanti, mostrando i palmi e poi portando le mani al petto: «Non ho padroni – ripete – e ho una sola esigenza: la giustizia, senza inciuci e senza patti, ma se sarà necessario con la collaborazione dell´opposizione su alcuni punti». Le braccia scendono lungo il corpo. Il sindaco tace. Sono le 20. L´arringa finisce e la Iervolino si siede. Il tempo di un bicchiere d´acqua, per dare tregua alla gola. La votazione è finita. Il presidente del consiglio fa i conti: «25 a favore della sfiducia». Il sindaco tiene la testa con la mano destra. Lo sguardo è fisso. Non alto. Ma non basso. È uno sguardo ritto. «E trenta contro», dice Impegno. Applauso. Lo sguardo si alza e la Iervolino pure. Abbracci. Ultimi commenti. «Vado a casa. La mia voce non ce la fa più. Da domani si ricomincia».
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