L’epigrafe di La Palisse portava scritto: “…un quarto d’ora prima di morire egli era ancora in vita”.
Verità quanto mai ovvia, lapalissiana appunto. La dichiarazione del ministro Ronchi a difesa del decreto sulla privatizzazione dell’acqua recita. “…la proprietà dell’acqua è pubblica, l’acqua resta pubblica”. Verità ormai ovvia, lapalissiana appunto. La dichiarazione, ripetuta poi in Parlamento dalla maggioranza , è diventata la cantata dell’ovvietà sull’acqua pubblica.
Che la proprietà dell’acqua sia pubblica è un principio fondamentale che nessuno osa mettere in discussione, tanto che ripeterlo è diventata cosa naturale e ovvia: è dal 1923 che la legislazione italiana salvaguarda con leggi e decreti la proprietà pubblica dell’acqua. Manca solo che si metta in discussione un’impalcatura legislativa ormai consolidata. Ma si sa che tutto è possibile quando le politiche sono basate sull’economia del profitto.
Il vero problema è che il ministro Ronchi si è guardato bene dal dichiarare che l’acqua è un bene primario e fondamentale per tutta l’umanità: principio troppo impegnativo che obbliga a essere conseguenti nell’applicazione delle leggi e dei decreti. Tant’è che non potendo mettere in discussione un principio ormai consolidato ha voluto regolare la gestione di una proprietà pubblica, l’acqua appunto, introducendo l’affidamento al privato. La motivazione data è che i costi di gestione e di manutenzione della rete degli acquedotti sono troppo esosi e solo l’iniziativa privata può far realizzare economie allo Stato. Sarà vero? Assolutamente si, soltanto che il privato dovendo pur realizzare un suo profitto farà pagare caramente, come è prevedibile, i costi che si saranno resi necessari per ammodernare le reti di distribuzione idrica. Ciò significa,inoltre, che non si è disposti a pagare i costi politici ed economici per realizzare opere di bonifica della rete di distribuzione ormai obsoleta, mentre si è disposti a pagare i costi di improbabili opere faraoniche.
Allora, qual è il fine di questa operazione fatta con la decretazione di urgenza se non la realizzazione del profitto? Se non avviare, mascherandola con una pretesa legalità, la mercificazione di un bene primario?
“…Maledetti coloro che hanno votato per la mercificazione dell’acqua. Noi continueremo a gridare che l’acqua è vita, l’acqua è sacra, l’acqua è diritto fondamentale umano”. Terribile questo appello di Alex Zanotelli lanciato da Napoli il 19 novembre rievocando il Vangelo di Luca “Maledetti voi ricchi…”. Terribile lo scenario che si può delineare se va in porto questo disegno di privatizzazione e di mercificazione: l’acqua risorsa sempre più scarsa, visto l’uso consumistico che se ne fa, sarà pagata sempre più a caro prezzo; le classi più deboli non potranno pagarla perché da bene primario diventerà un bene di consumo; il business regolerà la gestione; lobby internazionali si affacceranno per ricavare profitto; banche internazionali finanzieranno le società private per realizzare opere di distribuzione e manutenzione; il costo della bolletta diventerà insopportabile. E’ quanto già accaduto nella democraticissima Inghilterra: l’acqua è stata privatizzata, il privato ha realizzato lavori di adeguamento della rete idrica, i finanziamenti sono stati dati da una banca australiana, i costi sono stati scaricati sui cittadini con un aumento del 200% della bolletta.
Occorre scongiurare questo scenario, fermare questa spirale perversa. Far tacere quel canto dell’ovvietà recitato in Parlamento “la proprietà dell’acqua è pubblica, l’acqua resta pubblica”,con il quale è stato approvato un decreto legge per fare dell’acqua pubblica una gestione privata.
C’è un solo modo: alimentare un circuito virtuoso tra organizzazioni della società civile, cittadini e partiti, capace di dare coscienza del problema e di far rientrare il decreto ingiusto. Non è facile, certo. Ma qui si misura la capacità di quella parte democratica della società civile di essere vigile, attiva e propositiva; la capacità delle forze politiche di interpretare ciò che organismi, associazioni, organizzazioni, gruppi informali, enti, comitati e singoli cittadini rappresentano con forza dalla base.
C’è una legge di iniziativa popolare firmata da oltre 400.000 cittadini, contro la privatizzazione dell’acqua: i partiti si facciano promotori di un dibattito nel Paese e di una discussione in Parlamento. C’è la possibilità di trasformare le Spa oggi esistenti in aziende gestite con la partecipazione dei cittadini: i Comuni e le Regioni le promuovano. Ci sono le condizioni per regolare sul territorio la gestione pubblica dell’acqua: le Regioni lo facciano. C’è la possibilità di impugnare la costituzionalità della legge: chi ne ha facoltà la solleciti.
Nelle regioni del Mezzogiorno e non solo esistono i Coordinamenti Regionali per l’Acqua Pubblica. Anche in Basilicata l’iniziativa ha prodotto aggregazione di cittadini e associazioni, conoscenza del problema e interesse degli Enti Locali. E’ la dimostrazione di quanto sia utile fare cittadinanza attiva. C’è da sperare che quel circuito sia tanto virtuoso da produrre gli effetti desiderati; diversamente c’è da sperare soltanto nella Madonna dell’Acqua affinché il decreto diventi acqua marcia. Intanto, il miglior modo per rispondere alla Lettera Aperta del Coordinamento Regionale per l’Acqua Pubblica, riportata da “il Quotidiano”, è sollecitare adesioni e sostegni. Quella Lettera Aperta costituisce la piattaforma dalla quale devono ripartire, più consapevoli e più numerosi, cittadini e associazioni con un Movimento ideale capace di reagire alle ingiustizie fatte a danno di un diritto universale.
Filippo Pugliese
Presidente Comitato Nazionale Centro Turistico Acli
Lettera aperta DEL COORDINAMENTO REGIONALE PER L’ACQUA PUBBLICA
agli amministratori della Basilicata
Il 19 novembre è giunto a compimento un nuovo attacco alla democrazia di questo Paese: il Decreto-Legge n.135, che impone a tutti gli Enti Locali Italiani di privatizzare -tra l’altro– la gestione delle proprie risorse idriche, è stato convertito in legge sulla base di un voto di fiducia, con una evidente prevaricazione tanto del Parlamento quanto dell’autonomia gestionale delle Amministrazioni locali.
Le tesi su cui si è basata questa scelta sono essenzialmente due.
La prima è quella che la norma privatizza soltanto la gestione delle risorse idriche mentre mantiene la proprietà pubblica dell’acqua riconoscendo il suo valore di bene comune non privatizzabile.
Ma è evidente che il nostro accesso all’acqua passa necessariamente attraverso la sua gestione (captazione, depurazione, adduzione, scarico) e che privatizzare la gestione significa assoggettarci inevitabilmente alla volontà e agli obiettivi di un gestore privato per il quale, tra l’altro, non si fissano norme nè obblighi.
La seconda riguarda una ipotetica maggiore efficienza della gestione privata rispetto a quella pubblica.
E’ noto a tutti, invece, che laddove la gestione privata è divenuta realtà il costo delle bollette è aumentato anche del 300% senza che a questo corrispondesse un miglioramento del servizio né della manutenzione e del rinnovamento delle infrastrutture, troppo onerosi rispetto al prevedibile obiettivo di fondo dell’impresa privata: la massimizzazione del profitto. Oltretutto l’Italia procede in netta controtendenza: negli Stati Uniti, in Svizzera, in Belgio, l’acqua e la sua gestione sono pubbliche; molti Stati del centro e del sud America stanno ritornando al controllo pubblico, modificando anche le proprie Costituzioni, dopo aver sperimentato le enormi ingiustizie sociali ed i danni ambientali causati dal monopolio privato; la Gran Bretagna sta anch’essa tornando sui propri passi e Parigi ha recentemente deliberato la rimunicipalizzazione, dopo una fallimentare esperienza venticinquennale di privatizzazione, rescindendo i contratti con le multinazionali Veolia e Suez.
Il Governo italiano, nell’assumere la decisione di consegnare l'acqua ai privati, ha consapevolmente ignorato tanto la legge d'iniziativa popolare presentata nel 2007 e firmata da oltre 400.000 cittadini quanto le rivendicazioni del movimento mondiale di opinione, rappresentato in Italia dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, che chiede da tempo a gran voce che l’acqua, bene insostituibile ed indispensabile alla vita, venga ritenuto un diritto di tutti, un patrimonio dell’umanità e che la sua gestione resti pubblica e democraticamente controllabile e non venga sottoposta alle leggi del mercato e della concorrenza.
Ma la battaglia per l'acqua pubblica è appena cominciata.
Si moltiplicano le iniziative di Enti Locali che deliberano a favore del controllo pubblico ed impugnano per incostituzionalità le recenti norme: la Puglia, nel mese di ottobre, ha approvato una delibera che prevede di trasformare l'Acquedotto Pugliese -il più grande d'Europa- in un soggetto giuridico di diritto pubblico e diverse decine di grandi comuni fra cui Caserta, Napoli, Venezia, Ferrara e, recentemente, Venezia, hanno inserito nei propri Statuti il principio dell'acqua come bene comune e diritto umano universale definendo il servizio idrico “privo di rilevanza economica” e sottraendolo, così, alla legislazione nazionale.
In Basilicata il Comitato Acqua Pubblica che opera a Potenza ha ottenuto che il Comune capoluogo di Regione modificasse, nel 2008, il proprio Statuto inserendo la definizione “il comune di Potenza riconosce l’acqua come bene comune pubblico e il diritto all’accesso all’acqua come diritto universale, indivisibile e inalienabile" e che altri comuni lucani deliberassero a sostegno dei medesimi principi e, nella scia di quest’operato, il 16 novembre del 2009 alcuni Consiglieri Comunali di Potenza, con un’apprezzabile iniziativa bipartisan, hanno proposto l’approvazione di un Ordine del Giorno che propone alla Giunta di contrastare i recenti provvedimenti, di intraprendere azioni per affermare il potere degli enti locali nella determinazione delle modalità di gestione delle risorse idriche e di affermare che la gestione delle risorse idriche va attuata attraverso un Ente di diritto Pubblico.
Il 14 novembre del 2009 si è inoltre costituito -per iniziativa dello stesso Comitato- un Coordinamento Regionale per l’Acqua Pubblica che si propone di continuare a promuovere azioni in tutti i Comuni e di intraprendere un dialogo con l’Amministrazione Regionale perché confermi il proprio orientamento verso il controllo pubblico della gestione delle risorse idriche.
Il Coordinamento esprime, quindi, grande apprezzamento per l’intento manifestato dal governatore De Filippo di ricorrere alla Corte Costituzionale e di avviare la costituzione di un tavolo tecnico propedeutico ad una significativa modifica legislativa, ribadendo che l’unica strada ormai percorribile è la trasformazione in un unico Ente di Diritto Pubblico, gestito con la partecipazione dei cittadini e delle comunità locali, delle s.p.a. a capitale interamente pubblico esistenti, destinate dalla legge appena approvata a sciogliersi o a finire nelle mani dei privati.
A tale scopo il Coordinamento presenterà fra alcuni giorni alle rappresentanze politiche presenti in Consiglio Regionale una mozione, approvata in occasione della sua costituzione, con la quale chiederà che l’Amministrazione Regionale della Basilicata:
- confermi il proprio orientamento di mantenere il controllo pubblico della gestione delle risorse idriche;
- faccia propri i principi sostenuti dal Forum Italiano e dal Movimento Mondiale dell’acqua e li inserisca nel proprio Statuto sostenendo anche l’approvazione della legge di iniziativa popolare;
- aderisca al Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per l’Acqua Pubblica
- predisponga una Legge Regionale che regolamenti il servizio idrico integrato come servizio privo di rilevanza economica e che trasformi le società attualmente operanti in un unico soggetto giuridico di diritto pubblico;
- impugni le norme recentemente approvate in merito alla privatizzazione della gestione delle risorse idriche.
Il Coordinamento Regionale per l’Acqua Pubblica, quindi, ritenendo indispensabile che tutti gli Enti Locali della Basilicata sostengano il principio che l’acqua è un bene comune ed un diritto universale e che la sua gestione non può essere assoggettata alle leggi del mercato e della concorrenza,
INVITA TUTTI GLI AMMINISTRATORI DEGLI ENTI LOCALI LUCANI
- ad approvare l’Ordine del Giorno che verrà inviato a tutti, entro breve tempo, a mezzo posta elettronica
- a modificare i propri Statuti inserendovi i principi contenuti nell’Ordine del Giorno
- a sostenere, anche tramite iniziative volte ad informarne i cittadini, la mozione che verrà sottoposta all’esame del Consiglio Regionale.
precisando che, qualora la discussione - ampia, diffusa e partecipata com' è sempre accaduto nelle pratiche del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua - dovesse ritenerlo opportuno, assicurerà il proprio sostegno alla promozione di un referendum abrogativo delle norme appena approvate.
Coordinamento Regionale per l’Acqua Pubblica - acquaeticapz@gmail.com
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