Il monito del Consiglio episcopale permanente
«Il Mezzogiorno è dimenticato» I vescovi della Cei lanciano l’allarme
Documento finale della Conferenza episcopale: «La questione meridionale continua ad essere grave»
ROMA — «Un clamoroso silenzio, pur in presenza di preoccupanti segnali di crisi, rischia di avvolgere la questione meridionale». La durissima denuncia è arrivata ieri, contenuta nel documento finale del Consiglio episcopale permanente. La Cei, dunque, si esprime su una questione cruciale per il Paese nel giorno in cui nell’aula di palazzo Madama il tema del mezzogiorno entrava prepotente, sotto forma di cinque mozioni sull’utilizzo del Fondo aree sottoutilizzate; e all’indomani del convegno sul Mezzogiorno organizzato a Napoli dal partito di maggioranza. La Cei non fa sconti a nessuno, si rivolge a tutti i soggetti in campo: ai partiti, alle classi dirigenti, agli stessi cittadini del sud e del nord del Paese e lo fa anche guardando al passato. Così a chi dimentica o accantona le esperienze degli scorsi decenni, ricorda: «La questione meridionale purtroppo continua ad essere delicata con problemi gravi, non come 40 anni fa, ma che sono ancora vivi e presenti». Come dire: non si può fare demagogia su un tema di tale natura. E, dunque, - ha poi detto il segretario della Conferenza episcopale Mariano Crociata (nella foto a lato) la Chiesa parteciperà «al cammino di tutto il Paese affinché tutto il Paese cresca con la coscienza che una zona che rimane indietro diventa un peso per tutti, mentre una zona che si desta dal ritardo è un elemento di traino». Insomma, anche per la Chiesa il sud può essere una risorsa, ma a certe condizioni. Spiega Crociata che «c’è il rapporto con il resto della nazione, la distribuzione degli investimenti e delle risorse, l’emigrazione delle giovani generazioni verso il nord, ma c’è anche un problema relativo all’esercizio della responsabilità pubblica e amministrativa nelle Regioni e negli enti locali meridionali, la promozione del senso civico nella società tutta». In sostanza, dice la Cei, bisogna tenere insieme un corretto ed equo uso delle risorse, che non lasci indietro i territori che già lo sono, e dall’altro bisogna che le classi dirigenti facciano un uso corretto e saggio delle risorse stesse. Ma i cittadini non debbano essere da meno e infatti «c’è una sfida educativa da mettere a fuoco: il nostro impegno è far sì che le nostre comunità diventino luoghi in cui maturino veri cristiani e autentici cittadini. Al sud - è la conclusione di Crociata serve una società più giusta e solidale al proprio interno e in rapporto con l’intera nazione » . Questo, ovviamente, chiama in causa il tema della riforma Calderoli e il segretario della Cei si sofferma sulla necessità che «il processo federalista tenga conto anche del sud e del mantenimento dell’unità del Paese». Quindi aggiunge che «fra gli interessi del Paese c’è quello dell’equilibrio tra le esigenze dell’unità e della solidarietà nazionale e i vantaggi e l’importanza di quei passi verso il federalismo che si stanno compiendo ». In sostanza, secondo la Cei il federalismo va bene, purché «tenga presente quell’equilibrio che contemperi le diverse esigenze presenti anche in vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia » . Le considerazioni della Cei probabilmente sono destinate ad aprire, più di tanti convegni, una discussione sul Mezzogiorno, a ridosso di una campagna elettorale che si annuncia difficile, in attesa dei decreti delega di attuazione della riforma federalista. Così a commentare le parole della Conferenza episcopale è, il responsabile Mezzogiorno del Pd, Sergio D’Antoni, il quale osserva che «invece di affidarsi a proclami vuoti, il governo e la maggioranza farebbero bene ad ascoltare il duro monito sul mezzogiorno che arriva oggi dalla Comunità episcopale ». Il capodelegazione dei deputati pugliesi del Pd invece preferisce rivolgersi ai colleghi di maggioranza: «Si tratta di assumere tutta la nostra responsabilità di meridionali per il sud, costruendo con le istituzioni le forze sociali e civili un percorso condiviso per l’Italia». Quindi Ludovico Vico conclude: «Mi chiedo se i colleghi pugliesi e meridionali del centrodestra sono disponibili a confrontarsi su questi temi».
Rosanna Lampugnani
«Il Mezzogiorno è dimenticato» I vescovi della Cei lanciano l’allarme
Documento finale della Conferenza episcopale: «La questione meridionale continua ad essere grave»
ROMA — «Un clamoroso silenzio, pur in presenza di preoccupanti segnali di crisi, rischia di avvolgere la questione meridionale». La durissima denuncia è arrivata ieri, contenuta nel documento finale del Consiglio episcopale permanente. La Cei, dunque, si esprime su una questione cruciale per il Paese nel giorno in cui nell’aula di palazzo Madama il tema del mezzogiorno entrava prepotente, sotto forma di cinque mozioni sull’utilizzo del Fondo aree sottoutilizzate; e all’indomani del convegno sul Mezzogiorno organizzato a Napoli dal partito di maggioranza. La Cei non fa sconti a nessuno, si rivolge a tutti i soggetti in campo: ai partiti, alle classi dirigenti, agli stessi cittadini del sud e del nord del Paese e lo fa anche guardando al passato. Così a chi dimentica o accantona le esperienze degli scorsi decenni, ricorda: «La questione meridionale purtroppo continua ad essere delicata con problemi gravi, non come 40 anni fa, ma che sono ancora vivi e presenti». Come dire: non si può fare demagogia su un tema di tale natura. E, dunque, - ha poi detto il segretario della Conferenza episcopale Mariano Crociata (nella foto a lato) la Chiesa parteciperà «al cammino di tutto il Paese affinché tutto il Paese cresca con la coscienza che una zona che rimane indietro diventa un peso per tutti, mentre una zona che si desta dal ritardo è un elemento di traino». Insomma, anche per la Chiesa il sud può essere una risorsa, ma a certe condizioni. Spiega Crociata che «c’è il rapporto con il resto della nazione, la distribuzione degli investimenti e delle risorse, l’emigrazione delle giovani generazioni verso il nord, ma c’è anche un problema relativo all’esercizio della responsabilità pubblica e amministrativa nelle Regioni e negli enti locali meridionali, la promozione del senso civico nella società tutta». In sostanza, dice la Cei, bisogna tenere insieme un corretto ed equo uso delle risorse, che non lasci indietro i territori che già lo sono, e dall’altro bisogna che le classi dirigenti facciano un uso corretto e saggio delle risorse stesse. Ma i cittadini non debbano essere da meno e infatti «c’è una sfida educativa da mettere a fuoco: il nostro impegno è far sì che le nostre comunità diventino luoghi in cui maturino veri cristiani e autentici cittadini. Al sud - è la conclusione di Crociata serve una società più giusta e solidale al proprio interno e in rapporto con l’intera nazione » . Questo, ovviamente, chiama in causa il tema della riforma Calderoli e il segretario della Cei si sofferma sulla necessità che «il processo federalista tenga conto anche del sud e del mantenimento dell’unità del Paese». Quindi aggiunge che «fra gli interessi del Paese c’è quello dell’equilibrio tra le esigenze dell’unità e della solidarietà nazionale e i vantaggi e l’importanza di quei passi verso il federalismo che si stanno compiendo ». In sostanza, secondo la Cei il federalismo va bene, purché «tenga presente quell’equilibrio che contemperi le diverse esigenze presenti anche in vista delle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia » . Le considerazioni della Cei probabilmente sono destinate ad aprire, più di tanti convegni, una discussione sul Mezzogiorno, a ridosso di una campagna elettorale che si annuncia difficile, in attesa dei decreti delega di attuazione della riforma federalista. Così a commentare le parole della Conferenza episcopale è, il responsabile Mezzogiorno del Pd, Sergio D’Antoni, il quale osserva che «invece di affidarsi a proclami vuoti, il governo e la maggioranza farebbero bene ad ascoltare il duro monito sul mezzogiorno che arriva oggi dalla Comunità episcopale ». Il capodelegazione dei deputati pugliesi del Pd invece preferisce rivolgersi ai colleghi di maggioranza: «Si tratta di assumere tutta la nostra responsabilità di meridionali per il sud, costruendo con le istituzioni le forze sociali e civili un percorso condiviso per l’Italia». Quindi Ludovico Vico conclude: «Mi chiedo se i colleghi pugliesi e meridionali del centrodestra sono disponibili a confrontarsi su questi temi».
Rosanna Lampugnani
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