In Abruzzo, anche le Acli sono chiamate alla ricostruzione: quella della vita sociale
(da Aesse 4 2009)
Sentirsi comunità è difficile, lo sappiamo. Eppure è in momenti come questo, di fronte a tragedie come quella che ha colpito L’Aquila e l’Abruzzo, che ci rendiamo tutti conto che abbiamo bisogno l’uno dell’altro, dei beni materiali e insieme dell’affetto, della simpatia o anche solo della presenza di persone amiche.
La perdita di persone care, della propria casa e degli oggetti personali non può essere risanata dagli aiuti che pur copiosi (ma tanto ancora c’è da fare, e va fatto!) stanno giungendo alle popolazioni. Né sono sufficienti le polemiche che già si stanno levando per denunciare le tante, troppe, negligenze o colpe nella gestione della sicurezza delle nostre città. Tanto gli aiuti quanto l’accertamento delle responsabilità sono un dovere di civiltà e una responsabilità nei confronti di chi ha perso la vita sotto le macerie, ma da soli non bastano. C’è bisogno di solidarietà, nel senso più alto e vero del termine: ciascuno di noi è chiamato a farsi vicino agli amici dell’Abruzzo, a garantire aiuto e amicizia non solo nell’emergenza, ma a partire da oggi anche nei mesi e negli anni a venire, fino a che la ferita non sarà risanata.
Le Acli non sono un’associazione di protezione civile, pronta ad attivarsi, come altre hanno fatto con professionalità e abnegazione, per venire incontro alle prime necessità, ma hanno un compito ugualmente importante da assolvere: ricostruire vita sociale, ripristinare la normalità dello stare insieme, dell’affrontare la quotidianità, del fare festa. Non solo le case sono necessarie per riprendere a vivere in modo degno, ma servono anche i circoli, i luoghi di ritrovo, le sedi dei servizi di prossimità cui rivolgersi per le piccole o grandi necessità che nascono con la ripresa del ritmo abituale del lavoro, della famiglia, della vita parrocchiale e comunitaria. Qui le Acli debbono esserci, per mettersi al servizio di chi ha più bisogno e per manifestare concretamente la forza dei valori che le sostengono.
Tanti nostri soci e dirigenti sono stati colpiti nei loro affetti e nei loro beni e ci chiedono di non abbandonarli, di stare loro vicini e di scommettere con loro sulla ripresa di una terra magnifica, per quanto oggi provata. Non possiamo non rispondere al loro appello: attiviamoci tutti, ciascuno secondo le proprie forze, con donazioni, gemellaggi, animazione nei campi e le mille idee che l’associazionismo sa inventare per dare corpo alla solidarietà. L’importante è non stare fermi, non delegare a qualcun altro, non chiuderci nell’egoismo. È questo il momento per testimoniare nel concreto agli amici dell’Aquila e dei tanti paesi terremotati, animati dalla speranza cristiana, la nostra fedeltà al futuro. Da costruire insieme.
(da Aesse 4 2009)
Sentirsi comunità è difficile, lo sappiamo. Eppure è in momenti come questo, di fronte a tragedie come quella che ha colpito L’Aquila e l’Abruzzo, che ci rendiamo tutti conto che abbiamo bisogno l’uno dell’altro, dei beni materiali e insieme dell’affetto, della simpatia o anche solo della presenza di persone amiche.
La perdita di persone care, della propria casa e degli oggetti personali non può essere risanata dagli aiuti che pur copiosi (ma tanto ancora c’è da fare, e va fatto!) stanno giungendo alle popolazioni. Né sono sufficienti le polemiche che già si stanno levando per denunciare le tante, troppe, negligenze o colpe nella gestione della sicurezza delle nostre città. Tanto gli aiuti quanto l’accertamento delle responsabilità sono un dovere di civiltà e una responsabilità nei confronti di chi ha perso la vita sotto le macerie, ma da soli non bastano. C’è bisogno di solidarietà, nel senso più alto e vero del termine: ciascuno di noi è chiamato a farsi vicino agli amici dell’Abruzzo, a garantire aiuto e amicizia non solo nell’emergenza, ma a partire da oggi anche nei mesi e negli anni a venire, fino a che la ferita non sarà risanata.
Le Acli non sono un’associazione di protezione civile, pronta ad attivarsi, come altre hanno fatto con professionalità e abnegazione, per venire incontro alle prime necessità, ma hanno un compito ugualmente importante da assolvere: ricostruire vita sociale, ripristinare la normalità dello stare insieme, dell’affrontare la quotidianità, del fare festa. Non solo le case sono necessarie per riprendere a vivere in modo degno, ma servono anche i circoli, i luoghi di ritrovo, le sedi dei servizi di prossimità cui rivolgersi per le piccole o grandi necessità che nascono con la ripresa del ritmo abituale del lavoro, della famiglia, della vita parrocchiale e comunitaria. Qui le Acli debbono esserci, per mettersi al servizio di chi ha più bisogno e per manifestare concretamente la forza dei valori che le sostengono.
Tanti nostri soci e dirigenti sono stati colpiti nei loro affetti e nei loro beni e ci chiedono di non abbandonarli, di stare loro vicini e di scommettere con loro sulla ripresa di una terra magnifica, per quanto oggi provata. Non possiamo non rispondere al loro appello: attiviamoci tutti, ciascuno secondo le proprie forze, con donazioni, gemellaggi, animazione nei campi e le mille idee che l’associazionismo sa inventare per dare corpo alla solidarietà. L’importante è non stare fermi, non delegare a qualcun altro, non chiuderci nell’egoismo. È questo il momento per testimoniare nel concreto agli amici dell’Aquila e dei tanti paesi terremotati, animati dalla speranza cristiana, la nostra fedeltà al futuro. Da costruire insieme.
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