Niente cravatta, dagli amici si va sportivi. Pensavo questo quando, stamattina, mi preparavo per il congresso delle Acli. E mi tornava in mente Fiuggi, due mesi fa: il mio primo appuntamento pubblico, da candidato ancora senza collegio, era stato proprio con le Acli del Lazio, per parlare di welfare. Sempre le Acli, poi, mi avevano accolto a Napoli con grande disponibilità, fin dal primo giorno. Mi ricordo ancora lo stupore, misto a paura, di fronte ad un’enorme cartina nell’ufficio di Pasquale Orlando: era la provincia di Napoli, ovvero il mio collegio elettorale, con tutti i suoi comuni. Un territorio immenso, in cui le Acli hanno una presenza capillare. E proprio di questo ho parlato, nel mio breve intervento di oggi: del fatto che, di fronte ad una politica sempre più distante dai cittadini, non si possa fare a meno di imparare dai corpi intermedi. Nella sua relazione, il presidente Andrea Olivero ribadiva come le Acli abbiano bisogno della politica, per non restare la casa delle buone intenzioni; io ho capovolto il discorso, dicendo che è la politica ad avere bisogno delle Acli, perché non c’è politica vera senza un legame stretto con il territorio, senza l’aiuto di gente motivata e disposta ad impegnarsi per la comunità in cui vive. Guardavo lo stemma delle Acli, con la croce in bella vista: gente che non si vergogna della propria fede, ma che - in oltre 60 anni di storia - è riuscita a tenerla separata dalle ideologie.
( Buon lavoro Andrea! p.o.)
( Buon lavoro Andrea! p.o.)
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