Congresso: le sfide del futuro delle Acli
L'intervento conclusivo del presidente Andrea Olivero
Roma, 4 maggio 2008 - Un nuovo radicamento sul territorio nel segno del “fare”. E’ questa la sfida delle Acli del futuro secondo il presidente Andrea Olivero, confermato ieri alla guida dell’associazione con il voto di oltre 600 delegati, che è intervenuto oggi a conclusione del 23° congresso nazionale delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, svoltosi a Roma dal primo maggio presso l’Ergife Palace Hotel.
«La vera sfida per il futuro – ha detto alla platea dei delegati provenienti da tutta Italia – è la presenza nei territori. Lo abbiamo visto anche con queste elezioni politiche. Il radicamento sul territorio è essenziale per le Acli del XXI secolo come per lo è stato per quelle del secolo scorso. Dobbiamo rinnovare la nostra presenza a partire dalla molteplicità degli interessi e dei bisogni dei nostri cittadini, mettendoli in rete e offrendo rappresentanza e coinvolgimento».
Compito delle Acli è «favorire l’aggregazione e il protagonismo delle persone nei luoghi in cui vivono e lavorano». Di qui le due indicazioni di azione nei confronti delle famiglie – la “cittadinanza familiare” - e dei lavoratori – “socializzare il lavoro”. «Dobbiamo tornare a scommettere sul lavoro come luogo di socializzazione», ha detto Olivero rivolgendosi ai delegati: «Facciamo incontrare e aggregare i nuovi lavoratori, soprattutto i giovani, i lavoratori atipici, i lavoratori stranieri, gli immigrati. In Italia ma anche all’estero». E ha ricordato le esperienze in Kenya, dove le Acli stanno creando percorsi e opportunità di aggregazione tra i lavoratori africani, e in Mozambico, dove una scuola di formazione professionale delle Acli sta dando un futuro a centinaia di persone. Con un impegno arduo ma suggestivo. «Ci impegneremo – ha detto rivolgendosi a Padre Ibrahim Faltas, parroco di Gerusalemme, presente in sala – a trapiantare le Acli anche in Terra Santa. Faremo le Acli in Palestina».
Per le famiglie Olivero ha rinnovato la proposta dei “punti famiglia”: «non semplici sportelli di servizo – ha spiegato – ma luoghi dove le famiglie possano trovare non solo le risposte ai loro bisogni concreti ma anche calore e coinvolgimento. Il Paese – non solo la nostra associazione – ha un gran bisogno del protagonismo delle famiglie».
Infine, l’altra grande sfida per le Acli secondo il presidente Olivero: «parlare sempre il linguaggio del fare». «Che non è l’attivismo senza testa e, alla fine, senza cuore – ha precisato – ma la consapevolezza che il fare ha un altissimo e intrinseco valore politico. Oggi c’è il rifiuto, lo vediamo in politica, di qualsiasi parola che non sia accompagnata immediatamente dall’azione. Fare le Acli significa immaginare e realizzare, con impegno, fantasia e creatività, tante piccole e grandi iniziative che incidano nella vita delle persone e delle famiglie. Scommessa Italia – la campagna delle Acli che ha raccolto oltre 700 storie ed esperienze dell’Italia che fa bene - è il nostro modo per dire quale società e quale associazione vogliamo».
L'intervento conclusivo del presidente Andrea Olivero
Roma, 4 maggio 2008 - Un nuovo radicamento sul territorio nel segno del “fare”. E’ questa la sfida delle Acli del futuro secondo il presidente Andrea Olivero, confermato ieri alla guida dell’associazione con il voto di oltre 600 delegati, che è intervenuto oggi a conclusione del 23° congresso nazionale delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, svoltosi a Roma dal primo maggio presso l’Ergife Palace Hotel.
«La vera sfida per il futuro – ha detto alla platea dei delegati provenienti da tutta Italia – è la presenza nei territori. Lo abbiamo visto anche con queste elezioni politiche. Il radicamento sul territorio è essenziale per le Acli del XXI secolo come per lo è stato per quelle del secolo scorso. Dobbiamo rinnovare la nostra presenza a partire dalla molteplicità degli interessi e dei bisogni dei nostri cittadini, mettendoli in rete e offrendo rappresentanza e coinvolgimento».
Compito delle Acli è «favorire l’aggregazione e il protagonismo delle persone nei luoghi in cui vivono e lavorano». Di qui le due indicazioni di azione nei confronti delle famiglie – la “cittadinanza familiare” - e dei lavoratori – “socializzare il lavoro”. «Dobbiamo tornare a scommettere sul lavoro come luogo di socializzazione», ha detto Olivero rivolgendosi ai delegati: «Facciamo incontrare e aggregare i nuovi lavoratori, soprattutto i giovani, i lavoratori atipici, i lavoratori stranieri, gli immigrati. In Italia ma anche all’estero». E ha ricordato le esperienze in Kenya, dove le Acli stanno creando percorsi e opportunità di aggregazione tra i lavoratori africani, e in Mozambico, dove una scuola di formazione professionale delle Acli sta dando un futuro a centinaia di persone. Con un impegno arduo ma suggestivo. «Ci impegneremo – ha detto rivolgendosi a Padre Ibrahim Faltas, parroco di Gerusalemme, presente in sala – a trapiantare le Acli anche in Terra Santa. Faremo le Acli in Palestina».
Per le famiglie Olivero ha rinnovato la proposta dei “punti famiglia”: «non semplici sportelli di servizo – ha spiegato – ma luoghi dove le famiglie possano trovare non solo le risposte ai loro bisogni concreti ma anche calore e coinvolgimento. Il Paese – non solo la nostra associazione – ha un gran bisogno del protagonismo delle famiglie».
Infine, l’altra grande sfida per le Acli secondo il presidente Olivero: «parlare sempre il linguaggio del fare». «Che non è l’attivismo senza testa e, alla fine, senza cuore – ha precisato – ma la consapevolezza che il fare ha un altissimo e intrinseco valore politico. Oggi c’è il rifiuto, lo vediamo in politica, di qualsiasi parola che non sia accompagnata immediatamente dall’azione. Fare le Acli significa immaginare e realizzare, con impegno, fantasia e creatività, tante piccole e grandi iniziative che incidano nella vita delle persone e delle famiglie. Scommessa Italia – la campagna delle Acli che ha raccolto oltre 700 storie ed esperienze dell’Italia che fa bene - è il nostro modo per dire quale società e quale associazione vogliamo».
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