lunedì, marzo 31, 2008

Le Olimpiadi della libertà. Senza diritti umani non ci può essere una “Cina Nuova”

Le Olimpiadi della libertà
Senza diritti umani non ci può essere una “Cina Nuova”


Le poche immagini che arrivano da Lhasa, la capitale del Tibet in fiamme, raccontano almeno due storie diverse.

La prima naturalmente è quella di una provincia contesa, il Tibet che per i cinesi è parte integrante della Repubblica popolare cinese e che per gli attivisti tibetani, e i loro amici nel mondo, è territorio occupato militarmente.

La seconda storia è nella mancanza stessa di immagini, nella precarietà di quello che si è visto, nelle fonti (o la televisione cinese che mostra solo quello che vuole il governo di Pechino, o nei siti internet dove qualcuno ha caricato immagini incerte girate con mezzi di fortuna).

La seconda storia, cioè, parla della mancanza di libertà di stampa, del controllo ferreo sull’informazione in Cina. E questo naturalmente è uno degli aspetti più gravi di un problema più generale, la mancanza di diritti umani in questo Paese.

Nel campionario delle violazioni dei diritti in Cina non manca niente. C’è la mancanza assoluta di liberta di stampa, il cui controllo con l’avvicinarsi delle Olimpiadi diventa sempre più stretto; la polizia continua a usare tortura e abusi per estorcere confessioni; il sistema giudiziario è troppo legato ai poteri di tutti i tipi e raramente può essere considerato indipendente; i diritti dei lavoratori vengono regolarmente calpestati e si arriva, come racconta la cronaca, a forme estreme di schiavitù nei posti di lavoro.

Le organizzazioni per i diritti umani chiedono di boicottare per questo le Olimpiadi, ma il loro sforzo ha subito un duro colpo nelle scorse settimane quando il governo americano ha tolto la Cina dalla lista dei Paesi più repressivi, pur continuando ad accusare Pechino di privare i suoi cittadini dei diritti elementari.

Per ragioni politiche, accusano le organizzazioni internazionali, Washington ha ceduto ai cinesi

E per scoprire quanto sia vera questa accusa andiamo in un complesso residenziale alla periferia di Pechino chiamato senza ironia “città della liberta”. Qui vive, o meglio viveva, Hu Jia, uno dei più famosi attivisti cinesi per i diritti umani. Non facciamo a tempo ad avvicinarsi che siamo circondati da poliziotti cinesi che ci chiedono i documenti, vogliono sapere dove andiamo e perchè. Loro sanno bene che vogliamo incontrare la moglie di Hu Jia che qui è confinata agli arresti domiciliari con il suo bambino di pochi mesi (il più giovane prigioniero politico del mondo!). Non riusciamo a superare la barriera, in questi giorni nessuno può avvicinarsi a questa casa perchè Hu Jia è sotto processo, per tradimento. La sua colpa, aver parlato con i giornalisti stranieri e aver pubblicato su un sito straniero i suoi articoli. L’accusa di tradimento per i dissidenti è molto usata dai tribunali che hanno anche l’abitudine di condannarli per reati come il blocco stradale, la violazione del codice della strada o altri reati simili, quando non riescono a costruire vere accuse.

Per i cinesi le olimpiadi devono essere la grande vetrina della nuova Cina. Per qualcuno rischiano, però, di essere un’altra occasione perduta: senza diritti umani non ci può essere una Cina Nuova ma solo una vecchia Cina rivestita a nuovo.


Paolo Longo

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