giovedì, ottobre 18, 2007

ACLI: "schierati con il bene comune"

Andrea Olivero: "schierati con il bene comune"

La relazione del presidente delle Acli al Consiglio nazionale

Roma, 16 ottobre 2007 – “Non è dunque questo un tempo di indifferenza, di silenzio e neppure di distaccata neutralità o di tranquilla equidistanza…E’ questo il tempo in cui occorre aiutare a discernere la qualità morale insita non solo nelle singole scelte politiche, bensì anche nel modo generale di farle e nella concezione dell’agire politico che esse implicano”. Inizia con una citazione di Carlo Maria Martini la relazione del presidente nazionale Andrea Olivero al Consiglio nazionale delle Acli, tenutosi a Roma venerdì e sabato scorsi, durante il quale è stato convocato ufficialmente il 23° Congresso nazionale dell’associazione, nella prossima primavera, dal 3 al 6 aprile.

Un intervento impegnato a leggere, pur tra le ombre e le difficoltà, «la nuova stagione che si sta aprendo», nella politica, nella Chiesa, nella storia del nostro Paese e dunque nelle Acli stesse, chiamate sempre più a schierarsi, autonomamente, per il bene comune – da cui il titolo della relazione: “Per un’autonomia schierata con il bene comune” –, «perché è la prospettiva del bene comune che dà piena comprensibilità al termine autonomia, che non è certo equidistanza o ritiro dalla politica».

«L’autonomia della nostra associazione – ha spiegato Olivero – e la sua indipendenza dai partiti politici non può farci rimanere inerti di fronte alla crisi attuale. C’è la necessità di promuovere la partecipazione alla vita politica come elemento positivo e di servizio, accompagnando coloro che si rendono disponibili: dopo anni di sospetto è venuto il momento di aprirci al confronto, senza subalternità ma anche senza presunzione. Le Acli possono e debbono tornare ad essere luoghi di discernimento per quanti si impegnano in politica, non per questo snaturandosi. La nostra passione per la politica non può limitarsi agli applausi o ai fischi».

Il bene comune, dunque, come bussola dell’agire sociale e politico, da laici cristiani: «Il compito che i cattolici impegnati nel sociale devono sentire prima di ogni altra cosa è di aiutare la politica italiana a riscoprire il vero senso del bene comune», che è «ricerca del vantaggio dell’intera comunità, a cominciare dai più deboli per età, povertà, salute, discriminazioni inveterate».

L’antipolitica non sarà mai l’approdo delle Acli. «Ci rendiamo ben conto delle debolezza delle nostre istituzioni – assicura Olivero – ma è su di esse che continuiamo a scommettere». L’antipolitica si frena partendo dal basso, «tornando a far politica sui territori, rimettendo il cittadino al centro come protagonista». «Da un lato si deve senz’altro contrastare la malapolitica, il malcostume affaristico e lottizzatore, che non risiede solo a Roma o in qualche regione del Mezzogiorno, dall’altro si deve investire in partecipazione, contrastando la disaffezione alla politica o addirittura la spinta alla delega che ha segnato la gli ultimi decenni, anche a causa della crisi dei partiti politici di massa».

Per questo motivo è stato colto con favore l’impegno in prima persona di molti dirigenti aclisti che si sono candidati per le primarie del Partito Democratico, un evento che «nonostante i limiti pure evidenti, sarebbe sciocco non guardare con interesse». Tanto più che una parte importante dei cattolici impegnati in politica nel nostro Paese vi sono coinvolti, «chiamati a ridisegnare la propria partecipazione ed il proprio ruolo senza cadere in logiche correntizie e senza al contempo, annacquare la propria identità».

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