Al termine della riunione del tavolo olivicolo, convocato presso il Mipaaf, il Presidente nazionale di Acli Terra, Michele Zannini, ha commentato l’incontro con il Ministro Zaia rappresentando soddisfazione per l’attenzione manifestata al quadro di sofferenze rappresentato da tutte le Associazioni professionali e di categorie del comparto olivicolo presenti, ma ha altresì rilevato l’estrema cautela del Ministro, che non ha soddisfatto le aspettative di quanti speravano in interventi tesi a contrastare con immediatezza la drammatica emergenza. Per Zannini serve uno sforzo eccezionale per arrestare un processo di declino che viene da lontano e da una irresponsabile sottovalutazione del comparto. Produrre olive buone ed olio di elevata qualità in Italia non è remunerativo. E’ questo il paradosso di un mercato senza regole che penalizza la qualità e premia le sofisticazioni. In alcune zone d’Italia l’olivicoltura è un patrimonio economico insostituibile, la cui erosione produce effetti sociali gravissimi: disoccupazione, soprattutto giovanile, e voglia di abbandono delle campagne. Servono misure urgenti per restituire fiducia e slancio ai produttori ed ai lavoratori, quali sono emerse dal confronto con il Ministro sul fronte della defiscalizzazione degli oneri sociali, di una regolamentazione seria del mercato, imponendo e pretendendo l’etichettatura dei prodotti per una loro immediata tracciabilità. Informazione ed educazione alimentare restano scelte strategiche di rilancio dell’economia olivicola in un contesto organico di controlli e di provvedimenti repressivi di abusi e di sofisticazioni, che diano lustro alla superiore qualità del prodotto, in particolare dell’extravergine, e, di conseguenza, ne riconoscano il valore.
A partire dall'esperienza associativa vissuta nelle ACLI e da quella amministrativa a Napoli e Castellammare di Stabia utilizzo questo spazio per affrontare i temi del dialogo tra le generazioni, del lavoro, della formazione, del welfare, della partecipazione e della loro necessaria innovazione.
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venerdì, novembre 28, 2008
venerdì, ottobre 17, 2008
Napoli: scandalo del latte proibito.
Sequestrati oltre 10 quintali di prodotti alla melamina in arrivo dalla Cina
Occorrerà una decina di giorni per accertare se i 10 quintali di latte cinese sequestrato dal Corpo forestale a Napoli contengano melamina o altre sostanze tossiche. "Ma il latte cinese - ricorda il ministro per l' agricoltura Luca Zaia nella conferenza stampa tenuta nel Comando provinciale del Corpo Forestale - è sempre proibito sul territorio italiano e dunque va sequestrato". Imbottigliato in lattine di colore rosso, il latte era nascosto in un controsoffitto di un capannone-deposito di commercianti cinesi in via Argine, poco lontano dal centro commerciale Cinamercato.
Giuliana Boni
"Si tratta - afferma il ministro Luca Zaia, che definisce 'i nostri eroi' gli agenti della Forestale - del più ingente sequestro di latte cinese compiuto nel nostro Paese" (Nell' operazione della Forestale di Napoli sono stati impegnati 120 uomini integrati dalla sezione investigativa Cites di Roma e da unità cinofile e 40 automezzi). .Ma c' erano anche altri prodotti caseari nel capannone ed in alcuni negozi gestiti da commercianti cinesi, sette dei quali sono stati denunciati per frode alimentare ed importazione illegale: 300 chili di mozzarella, 50 di formaggi, e poi, in quantità minori, datteri di mare, pesce, carne e confezioni di frutta candita."Il pesce - spiega il comandante provinciale della Forestale Vincenzo Stabile - aveva interrotto il ciclo del freddo ed era stato congelato e scongelato più di una volta. Tracciare un prodotto del genere diventa impossibile". Ma l' attenzione della Forestale, che sta inventariando i prodotti che non sono stati distrutti immediatamente dalla Asl, come il pesce, si concentra anche su alcuni prodotti farmaceutici: 26 confezioni di olio essenziale ricavato dal musco, un cervo che rientra tra le specie animali protette, ed un numero non quantificato di farmaci a base di "saussurea costus", una radice che cresce sugli altipiani del Tibet utilizzata per patologie gastriche. Il ministro Zaia ribadisce la linea della "tolleranza zero". "Chi sofistica gli alimenti va trattato come un delinquente'', ma precisa, rivolgendosi alla comunità cinese che "non si bada alle etnie". Soddisfazione anche dal sottosegretario alla salute Francesca Martini, che annuncia che presto le porte di accesso per i prodotti alimentari cinesi diretti al nostro territorio saranno ridotte a quattro per facilitare i controlli: gli aeroporti di Malpensa e Fiumicino, ed i porti di Genova e Napoli. Si sono avuti casi di container provenienti dalla Cina - spiega il sottosegretario - con un carico dichiarato di mobili e giocattoli ed invece trasportavano prodotti alimentari. "Gli italiani hanno il diritto di conoscere la provenienza del latte e dei suoi derivati e occorre quindi i rendere obbligatoria l'etichetta di provenienza per tutti gli alimenti" afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel commentare il sequestro. L'operazione, sottolinea Marini, "dimostra l'efficacia del nostro sistema di controlli, ma anche la necessità di rafforzare le maglie della legislazione come fortemente sostenuto dal ministro delle Politiche Agricole Luca Zaia"
Cibo, l'import da Pechino
Prodotti alimentari Valore importati dalla Cina (gen-giu 2008)
Ortaggi e legumi (secchi, conservati o preparati) 57 mln
Concentrato di pomodoro 29 mln
Pesci, crostacei e molluschi 18 mln
Semi, sementi e piante medicinali 14 mln
Frutta 7 mln
Gomme, resine ed estratti vegetali 6 mln
Aglio 1 mln
Altro 128 mln
Totale 260 mln
venerdì, ottobre 10, 2008
AGRICOLTURA: CONTRIBUTI A RISCHIO PER 500MILA IMPRESE FAMILIARI ITALIANE
La riforma ipotizzata dall'Unione europea
La denuncia di Acliterra in una lettera al ministro delle politiche agricole Luca ZaiaRoma, 10 ottobre 2008 - Se l'Italia aderirà all'ipotesi di riforma della Politica agricola comunitaria (PAC) avanzata dalla Commisione europea dell'Health Check, oltre 500mila imprese agricole italiane a conduzione familiare perderanno il contributo annuo di 250 euro e verranno di fatto tagliate fuori dalla rete agricola comunitaria, con un grave rischio di emarginazione.La denuncia è contenuta in una lettera che Acliterra, l'organizzazione professionale agricola delle Acli, ha indirizzato al ministro delle Politiche agricole e forestali Luca Zaia, e ai presidenti delle Commisioni agricoltura della Camera e del Senato, Paolo Russo e Paolo Scarpa Bonazza Buora, invitando il Governo e il Parlamento italiano ad agire di conseguenza in sede europea per difendere e valorizzare la peculiarità del comparto agroalimentare italiano.La riforma attualmente ipotizzata della Pac, infatti, non tiene sufficientemente in conto - secondo Acliterra - le specificità territoriali e locali della nostra agricoltura, che compete con le altre per la ricchezza delle sue biodiversità, per la tipicità e la qualità delle sue produzioni. In particolare, la previsione di una soglia minima di aiuti di 250 euro - o di un ettaro di terra lavorato - per l'accesso al regime di pagamento unico per le imprese agricole, avrebbe conseguenze molto gravi per i produttori italiani più piccoli. Moltissime imprese a conduzione familiare - denuncia Acliterra - perderebbero l'aiuto comunitario, «che serve anche a riconoscere il ruolo formidabile di difesa del territorio che esse assicurano da forme, le più disparate, di marginalizzazione, particolarmente in aree svantaggiate, dove la presenza attiva di una famiglia contadina è una risorsa insostituibile, quasi un presidio di territorio, ma anche di cultura, di tradizioni e di legami comunitari».
«L'agricoltura - scrive nella lettera il presidente di Acliterra Michele Zannini - è, più di una occasione economica, una reale possibilità di promozione sociale degli addetti e del contesto di riferimento. Qualsiasi decisione di politica comunitaria tendesse a sottovalutare il valore insostituibile della presenza di lavoratori agricoli nelle zone di collina, di montagna, e comunque in territori marginali, arrecherebbe un danno incalcolabile alla tutela dei territori sul piano ambientale innanzitutto, ma anche sulla loro capacità di continuare a promuovere biodiversità insostituibili».Acliterra chiede di conseguenza al governo e al parlamento l'impegno per il mantenimento del regime attuale di pagamento unico, anche per gli agricoltori più piccoli, come doveroso «riconoscimento pubblico delle azioni che svolgono le piccole imprese familiari in aree residuali».
La denuncia di Acliterra in una lettera al ministro delle politiche agricole Luca ZaiaRoma, 10 ottobre 2008 - Se l'Italia aderirà all'ipotesi di riforma della Politica agricola comunitaria (PAC) avanzata dalla Commisione europea dell'Health Check, oltre 500mila imprese agricole italiane a conduzione familiare perderanno il contributo annuo di 250 euro e verranno di fatto tagliate fuori dalla rete agricola comunitaria, con un grave rischio di emarginazione.La denuncia è contenuta in una lettera che Acliterra, l'organizzazione professionale agricola delle Acli, ha indirizzato al ministro delle Politiche agricole e forestali Luca Zaia, e ai presidenti delle Commisioni agricoltura della Camera e del Senato, Paolo Russo e Paolo Scarpa Bonazza Buora, invitando il Governo e il Parlamento italiano ad agire di conseguenza in sede europea per difendere e valorizzare la peculiarità del comparto agroalimentare italiano.La riforma attualmente ipotizzata della Pac, infatti, non tiene sufficientemente in conto - secondo Acliterra - le specificità territoriali e locali della nostra agricoltura, che compete con le altre per la ricchezza delle sue biodiversità, per la tipicità e la qualità delle sue produzioni. In particolare, la previsione di una soglia minima di aiuti di 250 euro - o di un ettaro di terra lavorato - per l'accesso al regime di pagamento unico per le imprese agricole, avrebbe conseguenze molto gravi per i produttori italiani più piccoli. Moltissime imprese a conduzione familiare - denuncia Acliterra - perderebbero l'aiuto comunitario, «che serve anche a riconoscere il ruolo formidabile di difesa del territorio che esse assicurano da forme, le più disparate, di marginalizzazione, particolarmente in aree svantaggiate, dove la presenza attiva di una famiglia contadina è una risorsa insostituibile, quasi un presidio di territorio, ma anche di cultura, di tradizioni e di legami comunitari».
«L'agricoltura - scrive nella lettera il presidente di Acliterra Michele Zannini - è, più di una occasione economica, una reale possibilità di promozione sociale degli addetti e del contesto di riferimento. Qualsiasi decisione di politica comunitaria tendesse a sottovalutare il valore insostituibile della presenza di lavoratori agricoli nelle zone di collina, di montagna, e comunque in territori marginali, arrecherebbe un danno incalcolabile alla tutela dei territori sul piano ambientale innanzitutto, ma anche sulla loro capacità di continuare a promuovere biodiversità insostituibili».Acliterra chiede di conseguenza al governo e al parlamento l'impegno per il mantenimento del regime attuale di pagamento unico, anche per gli agricoltori più piccoli, come doveroso «riconoscimento pubblico delle azioni che svolgono le piccole imprese familiari in aree residuali».
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