L'amico Gianni Cacace (segretario Associazione Zenith)è intervenuto sul Mattino, con questo articolo che qui pubblichiamo.
L’iniziativa «La Napoli che produce», promossa da Antonio D’Amato quale presidente della Federazione nazionale dei Cavalieri del Lavoro gruppo del Mezzogiorno, ha fatto conoscere all’opinione pubblica, soprattutto straniera, una prima parte della filiera produttiva d’eccellenza presente su tutto il territorio della Campania. Napoli non è solo rifiuti e camorra, ma anche imprese eccellenti e di successo: questo il leit-motiv della meritoria iniziativa, che ha evidenziato la Napoli che produce, che ha esteso le sue attività anche all’estero. A Napoli e in Campania vi sono risorse disponibili e di pregio non solo nel mondo dell’impresa (penso al mondo del volontariato, al mondo associativo, ai movimenti, al mondo universitario, agli ordini professionali) che possono essere spese per un profondo e radicale rinnovamento delle istituzioni di governo delle nostre realtà. A Napoli e in Campania vi è una «società civile» sicuramente poco coordinata, incline più all’individualismo che al fare squadra, tuttavia in grado di impegnarsi per l’elaborare e gestire di progetti di rilancio delle nostra regione. Il recente convegno promosso dall’associazione Zenith - che ha riunito all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici esponenti di primo piano dell’Università come il rettore Guido Trombetti e il professor Giuseppe Palma, dell’imprenditoria come Antonio D’Amato e Costanzo Jannotti Pecci, e ancora Pietro Cerrito della Cisl, i parlamentari Luigi Nicolais del Pd e Mario Landolfi di An, fino ai rappresentanti di un variegato mondo dell’associazionismo - non è stato altro che il primo tentativo concreto di avviare un proficuo dialogo tra le diverse componenti della società civile e la politica, per individuare un percorso comune al fine di sensibilizzare le migliori energie per il rilancio di Napoli e della Campania partendo da un rinnovamento delle sue classi dirigenti. Come non ricordare, a tale proposito, il cardinale Sepe, che in poco tempo è diventato un simbolo e un riferimento non solo del mondo cattolico, ma di tutte le realtà presenti sul nostro territorio? Con il suo libro «Non rubate la speranza», Sepe lancia per Napoli e la Campania l’invito a ciascuno a declinare la speranza non solo come «invito pastorale» ma come «dovere civile»; cosa che fa bene a Napoli, per renderla una città normale. È vero: Napoli e la Campania sono afflitte da antichi e storici problemi che le rendono ultime nelle indagini statistiche sui temi legati alla vivibilità, all’ambiente, alla criminalità, all’ordine pubblico. Ma la questione dei rifiuti - avviato a soluzione grazie all’impegno del presidente Berlusconi e del suo governo - dimostra che programmi seri consentono soluzioni positive. Piuttosto il vero problema risulta, a mio parere, la selezione della classe dirigente a ogni livello istituzionale: non è più accettabile che gli amministratori delle nostre realtà territoriali non siano in grado di gestire i servizi minimi ed essenziali della collettività costringendo alla nomina di commissari o ricorrendo al governo centrale per gestire e risolvere le continue emergenze (ultima in ordine di tempo quella che vede al centro il sito archeologico di Pompei). Né bisogna dimenticare che ben il 44,3% dei provvedimenti adottati in Italia per sospetto infiltrazioni e condizionamenti della criminalità organizzata, dal 1992 ad oggi, ha interessato enti campani in prevalenza nelle province di Napoli e Caserta. Tuttavia nessuno deve utilizzare i mali e i problemi di Napoli come alibi per non risolverli né pensare di risolverli con una bacchetta magica, come giustamente ha detto Antonio D’Amato. «Basta pensare al G8 e all’America’s Cup. E basta con la logica dell’emergenza a Napoli: bisogna affrontare l’ordinarietà con una buona gestione ordinaria», ha detto D’Amato. E ha aggiunto: «Tutti dovremmo prendere coscienza che viviamo in un territorio che è un vero e proprio giacimento di petrolio: non sappiamo sfruttare le ricchezze che abbiamo, ma troppo spesso finiamo solo con lo sporcarci». Napoli e la Campania hanno infatti tutte le potenzialità per guardare al futuro con maggiore ottimismo e in questo senso i partiti hanno una responsabilità enorme nell’offrire una classe dirigente credibile, preparata, eticamente motivata ed espressione autentica e suprema della volontà popolare.
Gianni Cacace (segretario Associazione Zenith)
L’iniziativa «La Napoli che produce», promossa da Antonio D’Amato quale presidente della Federazione nazionale dei Cavalieri del Lavoro gruppo del Mezzogiorno, ha fatto conoscere all’opinione pubblica, soprattutto straniera, una prima parte della filiera produttiva d’eccellenza presente su tutto il territorio della Campania. Napoli non è solo rifiuti e camorra, ma anche imprese eccellenti e di successo: questo il leit-motiv della meritoria iniziativa, che ha evidenziato la Napoli che produce, che ha esteso le sue attività anche all’estero. A Napoli e in Campania vi sono risorse disponibili e di pregio non solo nel mondo dell’impresa (penso al mondo del volontariato, al mondo associativo, ai movimenti, al mondo universitario, agli ordini professionali) che possono essere spese per un profondo e radicale rinnovamento delle istituzioni di governo delle nostre realtà. A Napoli e in Campania vi è una «società civile» sicuramente poco coordinata, incline più all’individualismo che al fare squadra, tuttavia in grado di impegnarsi per l’elaborare e gestire di progetti di rilancio delle nostra regione. Il recente convegno promosso dall’associazione Zenith - che ha riunito all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici esponenti di primo piano dell’Università come il rettore Guido Trombetti e il professor Giuseppe Palma, dell’imprenditoria come Antonio D’Amato e Costanzo Jannotti Pecci, e ancora Pietro Cerrito della Cisl, i parlamentari Luigi Nicolais del Pd e Mario Landolfi di An, fino ai rappresentanti di un variegato mondo dell’associazionismo - non è stato altro che il primo tentativo concreto di avviare un proficuo dialogo tra le diverse componenti della società civile e la politica, per individuare un percorso comune al fine di sensibilizzare le migliori energie per il rilancio di Napoli e della Campania partendo da un rinnovamento delle sue classi dirigenti. Come non ricordare, a tale proposito, il cardinale Sepe, che in poco tempo è diventato un simbolo e un riferimento non solo del mondo cattolico, ma di tutte le realtà presenti sul nostro territorio? Con il suo libro «Non rubate la speranza», Sepe lancia per Napoli e la Campania l’invito a ciascuno a declinare la speranza non solo come «invito pastorale» ma come «dovere civile»; cosa che fa bene a Napoli, per renderla una città normale. È vero: Napoli e la Campania sono afflitte da antichi e storici problemi che le rendono ultime nelle indagini statistiche sui temi legati alla vivibilità, all’ambiente, alla criminalità, all’ordine pubblico. Ma la questione dei rifiuti - avviato a soluzione grazie all’impegno del presidente Berlusconi e del suo governo - dimostra che programmi seri consentono soluzioni positive. Piuttosto il vero problema risulta, a mio parere, la selezione della classe dirigente a ogni livello istituzionale: non è più accettabile che gli amministratori delle nostre realtà territoriali non siano in grado di gestire i servizi minimi ed essenziali della collettività costringendo alla nomina di commissari o ricorrendo al governo centrale per gestire e risolvere le continue emergenze (ultima in ordine di tempo quella che vede al centro il sito archeologico di Pompei). Né bisogna dimenticare che ben il 44,3% dei provvedimenti adottati in Italia per sospetto infiltrazioni e condizionamenti della criminalità organizzata, dal 1992 ad oggi, ha interessato enti campani in prevalenza nelle province di Napoli e Caserta. Tuttavia nessuno deve utilizzare i mali e i problemi di Napoli come alibi per non risolverli né pensare di risolverli con una bacchetta magica, come giustamente ha detto Antonio D’Amato. «Basta pensare al G8 e all’America’s Cup. E basta con la logica dell’emergenza a Napoli: bisogna affrontare l’ordinarietà con una buona gestione ordinaria», ha detto D’Amato. E ha aggiunto: «Tutti dovremmo prendere coscienza che viviamo in un territorio che è un vero e proprio giacimento di petrolio: non sappiamo sfruttare le ricchezze che abbiamo, ma troppo spesso finiamo solo con lo sporcarci». Napoli e la Campania hanno infatti tutte le potenzialità per guardare al futuro con maggiore ottimismo e in questo senso i partiti hanno una responsabilità enorme nell’offrire una classe dirigente credibile, preparata, eticamente motivata ed espressione autentica e suprema della volontà popolare.
Gianni Cacace (segretario Associazione Zenith)
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