ROMA, 11/11/2014 – Gli annunci del sindaco Marino e dell’assessore alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica di Roma Capitale, Giovanna Marinelli, sono entusiastici. “I nostri tesori saranno conosciuti nel mondo” e “Roma sempre più Capitale internazionale” sono le frasi d’accompagnamento alla firma del protocollo di intesa con il Gruppo Enel Green Power a sostegno del programma “The Hidden Treasure of Rome”.
Casse colme di reperti archeologici rinvenuti durante gli ultimi due secoli e nuovamente sepolti negli archivi dei Musei, potranno finalmente essere studiati e catalogati. Per esaudire i secolari propositi di ricerca e pubblicità saranno, però, necessari lunghi spostamenti aerei verso atenei d’oltreoceano. L’amministratore delegato e direttore generale di Enel, Francesco Starace, ha dichiarato che “grazie alla presenza di Enel in oltre 30 Paesi, musei e atenei internazionali contribuiranno a valorizzare un vasto patrimonio archeologico della città di Roma”.
I toni trionfalistici, i volti soddisfatti dell’ Amministrazione comunale e di Enel non raccontano, però, dell’ennesima umiliazione per archeologi e ricercatori di casa nostra, i soli in Europa, secondo un recente articolo pubblicato da “Linkiesta”, a restare senza lavoro. Marino lucidamente asserisce che “i reperti archeologici mai esposti e che hanno bisogno di analisi e ricerche saranno portati in musei e università tra le più prestigiose al mondo. Un lavoro che se Roma dovesse fare da sola, con le proprie risorse, richiederebbe decenni”. È evidente che il sindaco prenda in considerazione non già le competenze delle nostre università e soprintendenze, quanto le loro possibilità economiche. In questo campo la politica ha sempre cercato volontari, gli aggiornamenti della crisi la pongono dinanzi a nuove sfide. Perché non sperimentare allora la delocalizzazione? Si prenderanno cura all’estero di cultura, valorizzazione e conservazione del nostro patrimonio archeologico.
Lo Stato dei reperti romani è comune a quello dei loro omologhi nel resto d’Italia. Giacciono nei depositi dei musei in attesa di studio, catalogazione…attenzione. Vivono lo stato di migliaia di lavoratori, fatti e cresciuti dalle Università italiane, iper-specializzati (anche nel combattere l’inedia di un lavoro che non c’è) e in attesa di occupazione. Questi ultimi spesso si son dati all’esilio, migrando all’estero e contribuendo alla fuga di cervelli che accomuna, più dei sindacati, lavoratori d’Italia di diversi settori. Questa volta a scappare sono anche i reperti, animati e in cerca di altra “illuminazione”. Chissà come pagheranno le bollette i professionisti dei beni culturali…
Nessun commento:
Posta un commento