Appena partorita, rischia già di essere accantonata. O quanto meno significativamente modificata. La stretta sulle pensioni di anzianità vincolate al solo canale dei 40 anni di contribuzione, con l'esclusione dalla carriera contributiva dei riscatti della laurea e del servizio militare, decisa lunedì pomeriggio nel vertice di Arcore sulle modifiche alla manovra è subito finita nell'occhio del ciclone.
La rivolta dei sindacati e delle categorie interessate (medici in primis) contro questa ipotesi e il consistente pericolo che dalla sua attuazione scaturisse una valanga di ricorsi hanno convinto Pdl e Lega a prendere in considerazione opzioni di intervento alternative.
La prima opzione prevede la limitazione della mini-stretta ai soli riscatti della laurea lasciando tutto invariato per la contribuzione figurativa collegata al servizio militare. Ma ieri sera in commissione Bilancio al Senato ha preso quota anche l'idea di rinunciare completamente a questo intervento ricorrendo ad altre misure sulla previdenza: il ripristino dello scalone Maroni nel 2012 per le anzianità (62 anni di età e 35 di contributi) per poi arrivare a quota 100 nel 2015 oppure l'anticipo al 2012 o 2013 dell'innalzamento dell'età pensionabile per le lavoratrici private.
La decisione definitiva sulle misure da adottare sarà presa questa mattina nel corso di un vertice tra i ministri Maurizio Sacconi e Roberto Calderoli e il Tesoro; si terrà conto anche delle indicazioni dagli esponenti della maggioranza in commissione Bilancio al Senato, che hanno lavorato tutta la notte per trovare una soluzione. Già nel pomeriggio il relatore della manovra a Palazzo Madama, Antonio Azzollini (Pdl), aveva fatto riferimento a una norma transitoria per tutelare chi aveva avviato il percorso di "riscatto". Al di là delle difficoltà di garantire una tutela solo parziale rispetto alla platea dei potenziali interessati (circa 90mila all'anno di pensionati Inps, di cui quasi 80mila con contribuzione figurativa per servizio militare, che diventerebbero 100mila considerando anche gli iscritti all'Inpdap) rimane il problema del gettito. Gli 1,5 miliardi nel biennio 2013-2014 attesi non sarebbero più garantiti da un ammorbidimento della misura.
Una misura, peraltro, a forte rischio di contenzioso. La decisione di intervenire anche su chi ha già riscattato i periodi relativi alla laurea e al servizio militare, che avrebbero avuto valore solo per l'uscita di anzianità con il sistema delle quote e per il calcolo dell'importo dell'assegno, aprirebbe con tutta probabilità la strada a migliaia di cause. E questo non sarebbe il solo nodo sul tappeto, soprattutto per chi ha riscattato la laurea. Chi va in pensione con il metodo retributivo e 40 anni di anzianità, ad esempio, può ricevere al massimo l'80% della media delle retribuzioni degli ultimi anni. In questo caso, l'esclusione degli anni di laurea dal conteggio dei 40 anni rischierebbe di valere solo per i tempi di pensionamento (con un rinvio medio di 4 anni e di 6-7 anni per i medici) ma anche per il calcolo dell'assegno, dato che il rendimento massimo non può superare l'80 per cento. Anche se nelle intenzioni della maggioranza questo problema verrebbe superato dalla decisione di prevedere il calcolo della pensione con un meccanismo di «40 anni più 4».
Da chiarire è poi la sorte dei lavoratori che avevano più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, fino ad ora rassicurati dal calcolo della loro pensione su base retributiva: lo scorporo degli anni di servizio militare e di laurea potrebbe far rientrare una fetta di questa platea tra coloro che avevano meno di 18 anni di contributi, ovvero nel gruppo del calcolo «misto» (retributivo-contributivo).
A rischio appare anche la scelta di operare una differenziazione tra chi va in pensione con le quote e mantiene intatto il meccanismo di "riscatto", e coloro che escono con 40 anni di contributi e sono, quindi, soggetti alla stretta.
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