Condannato neo-assessore D'Angelo 4 mesi per la protesta al San Carlo
L'amministratore, allora presidente Gesco, una giornalista e un operatore sociale ritenuti colpevoli di "induzioni a manifestazioni violente e occupazione di suolo pubblico". Pena sospesa e multa
di CRISTINA ZAGARIACondannati per aver manifestato davanti al teatro San Carlo. Un operatore sociale, una giornalista e il neo assessore alle Politiche sociali, Sergio D’Angelo. I tre sono stati condannati in contumacia, in virtù di un regio decreto del 1931 (il numero 773), a quattro mesi di reclusione, pena sospesa e commutata nel pagamento di una ammenda di 15 mila euro. L’accusa: induzione a manifestazioni violente e occupazione di suolo pubblico. Tutti e tre hanno deciso di opporsi alla sentenza.
La condanna fa riferimento agli episodi della notte del 21 gennaio, quando 200 operatori che da 24 mesi non venivano pagati per il blocco dei fondi della Regione, si sedettero davanti all’ingresso principale del Massimo alle 19.30 (in mattinata avevano occupato il foyer) e tennero in scacco teatro e spettatori per quasi un’ora. Alla fine la Digos riuscì a mediare e alle 20.20 le porte si aprirono. Molti spettatori, però, preferirono rinunciare alla prima del Pergolesi in Olimpiade, firmata dal maestro Roberto De Simone, a sostegno dei manifestanti, che durante il sit-in avevano spiegato le loro ragioni. Per solidarietà disertò la prima anche l’allora sindaco, Rosa Russo Iervolino. Oggi però per quel sit-in arriva una condanna, che colpisce Sergio D’Angelo oggi assessore e all’epoca dei fatti portavoce del comitato “Il welfare non è un lusso”, la giornalista e addetta stampa del comitato Maria Nocerino e l’operatore sociale, Gianni Manzo. I tre sono colpevoli di essere andati in delegazione il pomeriggio (e aver dato i loro documenti) in Regione. L’incontro andò male e subito dopo i lavoratori decisero di occupare il marciapiede davanti al San Carlo. Tra il pubblico c’era anche il procuratore capo Giandomenico Lepore, che fece da mediatore. «Credo sia molto grave punire il diritto di manifestare dei cittadini, rispolverando un decreto fascista che vietava di fatto di esprimere pubblicamente il proprio pensiero», commenta D’Angelo tra il divertito e l’arrabbiato. La nomina di D’Angelo come assessore è stata accompagnata da una fitta rete di polemiche, per il possibile conflitto di interessi, visto proprio per il suo ruolo attivo nel comitato e perché era presidente di Gesco (consorzio di cooperative sociali). «Non a tutta la città una nomina poco ortodossa come la mia è andata bene — commenta D’Angelo — Fare assessore uno che fino a una settimana prima protestava contro le istituzioni ha scatenato un acceso dibattito. Ho pensato che questa condanna potesse rientrare in quel clima o magari accendere di nuovo il focolaio delle polemiche, ma io rivendico la legittimità di aver protestato in forma pacifica, avendo ogni volta scelto obiettivi e forme simboliche che hanno avuto e mantenuto un profilo pacifico ed educativo. E credo di poter davvero dare una mano dal basso alle politiche sociali della nostra città». Il comitato “Il welfare non è un lusso” (che riunisce circa 200 organizzazioni sociali in rappresentanza di circa 20 mila operatori) ribadisce che «la manifestazione in questione è stata assolutamente pacifica». «Consideriamo quanto è avvenuto — dichiarano Andrea Morniroli e Fedele Salvatore, due dei rappresentanti del comitato — un inspiegabile tentativo di criminalizzare la vertenza, per altro sempre non violenta e civile, di migliaia di operatrici e operatori sociali che non chiedono altro che di essere pagati per il lavoro che svolgono. Ci sentiamo tutti coinvolti e tutti condannati».«Lo Stato italiano — dichiara Gianni Manzo, ex operatore del progetto Change — anziché chiederci scusa e pagare gli stipendi ai lavoratori del terzo settore che hanno operato per suo conto tra i soggetti più deboli della società, infierisce e addirittura ci condanna penalmente chiedendoci dei soldi. Un atto grottesco che va nella direzione di una grave criminalizzazione delle lotte sociali a opera di un modo di governare che sta distruggendo il futuro di una intera generazione precarizzata».
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