LA PROPOSTA
Acli, il progetto contro la povertàInventando una nuova Social Card
Il Piano dall'organizzazione cristiana dei lavoratori prevede una radicale riforma della prima misura contro la povertà mai introdotta prima, pur riconoscendone il valore. Partendo da un'analisi minuziosa dello stato delle famiglie in condizioni di indigenza (sono oltre 1,2 milioni e non solo al Sud) si introduce il concetto di "universalismo" che estende i benefici a strati più ampi della popolazione
ROMA - Partire dalla Social Card, la prima misura nazionale anti-povertà, per migliorarne il funzionamento. Questo, in sintesi, il Piano proposto dalle Acli 1 che comincia con il constatare il fatto - che la politica italiana è tradizionalmente disattenta verso i poveri. Lo dice la vita concreta delle persone coinvolte e intere biblioteche di studi lo documentano. Oggi ce lo ricorda la crisi economica, che ha trovato queste famiglie senza i mezzi per proteggersi. Ce lo ricordano anche i confronti con i sistemi di welfare degli altri paesi, che rivelano il ritardo italiano nel fronteggiare le situazioni di disagio. Nel dicembre 2008 il Governo Berlusconi ha avviato la Carta Acquisti - meglio nota come Social Card - rivolta alle famiglie povere con anziani di almeno 65 anni e bambini entro i 3 anni. Pure limitata, si tratta della prima misura nazionale contro la povertà introdotta in Italia.
Tratti positivi e negativi. A differenza di molti altri, la Social Card è un intervento che guarda alla famiglia come soggetto, poiché la possibilità di ottenerla dipende dalle complessive risorse familiari. Per attivare la Carta è stata costruita un'infrastruttura istituzionale che permette oggi di raggiungere i poveri in tutto il paese. Due anni d'impiego - la Carta è in uso dal dicembre 2008 - hanno permesso di evidenziarne con chiarezza sia i tratti positivi sia le criticità (tra le quali la limitazione a due tipi di famiglie, il basso numero di utenti, l'esiguità dell'importo e l'assenza di servizi alla persona).
La proposta Acli. S'intende partire da quanto è stato realizzato grazie alla Social Card contro la povertà assoluta - cioè la povertà più dura, che tocca il 4.7% delle famiglie italiane nelle condizioni peggiori - con lo scopo di migliorare e ampliare lo sforzo pubblico. L'attuazione del piano permetterà, entro la fine del triennio, di erogare la Nuova Social Card (NSC) a tutte le famiglie che vivono questa difficile condizione. La NSC avrà un importo superiore alla Carta Acquisti, sarà un mix di soldi e servizi, e sarà fornita dal sistema di welfare locale.
Lo spirito pragmatico. Non s'intende - assicurano alle Acli - né rinunciare a modificare il welfare né proporre una riforma economicamente insostenibile in questa congiuntura, ma solo cercare un punto di equilibrio tra i nostri desideri e la sostenibilità di bilancio. Si vuole altresì prendere il meglio della Social Card, valorizzando i punti di forza e agendo su quelli di debolezza, attraverso un percorso di trasformazione graduale, attentamente monitorato e valutato, unica possibilità per radicare i mutamenti nel territorio.
Cambiamento possibile - si legge ancora nel documento dell'Associazione - non vuol dire darsi un obiettivo minimale: il Piano proposto costituirebbe la più grande riforma mai realizzata per i poveri in Italia.
Di chi stiamo parlando. La povertà assoluta è la più dura. La sperimenta, infatti, una famiglia che non dispone dei beni e dei servizi necessari a raggiungere un livello di vita "minimamente accettabile",
come definito dall'Istat. Livello di vita "minimamente accettabile" significa, in concreto, poter raggiungere livelli nutrizionali adeguati, vivere in un'abitazione con un minimo di acqua calda ed energia, potersi vestire decentemente e così via. Il concetto di povertà assoluta si basa sull'idea che sia possibile individuare un paniere di beni e servizi primari il cui consumo è considerato necessario per evitare di cadere in uno stato di privazione. Il paniere è poi esprimibile in termini monetari così da determinare un livello assoluto di spesa, il cui mancato raggiungimento segnala una condizione di povertà.
In povertà assoluta 1,2 milioni di famiglie. Fa riferimento alla spesa per consumi delle famiglie. Così calcolata, si trova in povertà assoluta il 4,7% delle famiglie italiane, pari a circa 1,2 milioni di nuclei e 3 milioni di persone. La proposta Acli utilizza la misura della povertà basata sul reddito disponibile delle famiglie, per motivi legati all'attuale disegno della Social Card e all'ipotesi di riforma. Se si prende come riferimento la povertà assoluta definita in base al reddito, questa ammonta al 5,1% della popolazione italiana; d'ora in avanti si farà riferimento a questa.
Si è poveri anche al Nord. Contrariamente ad un diffuso luogo comune, la povertà assoluta si presenta in misura significativa anche al di fuori del Mezzogiorno, cosicché le famiglie italiane in questa condizione si dividono in egual misura tra Centro-Nord e Sud. Nel 44% dei casi il capofamiglia è lavoratore, nel 41% è pensionato o in altra condizione non professionale (prevalentemente casalinghe) e nel 15% disoccupato. Rischi di povertà assoluta superiori alla media sono tipici delle famiglie molto numerose, ma anche di quelle composte da una sola persona.
Povertà relativa. Italia si definisce in povertà relativa una famiglia di due persone con una spesa media mensile inferiore alla spesa media individuale. La povertà relativa, quindi, è una forma estrema di disuguaglianza, mentre la povertà assoluta è l'assenza di un minimo di beni e servizi per vivere decentemente. Le famiglie povere assolute con capofamiglia occupato costituiscono un insieme molto eterogeneo: in genere è presente un solo lavoratore con un reddito decisamente basso, spesso il numero dei familiari a carico è elevato, infine in molti altri casi il capofamiglia si dichiara occupato (dipendente o autonomo), ma a ben guardare risulta aver lavorato solo in modo intermittente e per pochi mesi nel corso dell'ultimo anno. Un'altra caratteristica distintiva delle famiglie povere con persona di riferimento occupata consiste nel vivere spesso in affitto. In generale, la povertà assoluta, se valutata in termini di reddito può cogliere molte famiglie che si trovano in una fase di transizione tra un lavoro e l'altro.
A chi si rivolge la nostra proposta. Le famiglie italiane in povertà assoluta sono il 5,1% del totale. Il 49% di queste famiglie vive al Sud e il 51% nel Centro-Nord. Il capofamiglia è lavoratore nel 44% dei casi, pensionato o in condizione non professionale nel 41% e disoccupato nel 15%. La povertà assoluta è particolarmente presente nelle famiglie con 5 componenti o più (due genitori e tre figli o più) e in quelle con 1 solo componente. Il 66% dei capofamiglia ha la licenza elementare o media.
Gli interventi sugeriti. Si tratta di un Piano triennale 2011-2013 che migliori e sviluppi la Carta Acquisti attuale così da trasformarla nella Nuova Social Card (NSC), attraverso un percorso graduale. Ecco dunque gli interventi suggeriti e le caratteristiche che la riformata misura assumerebbe una volta completato il Piano triennale, mettendole a confronto con la situazione attuale.
Raggiungere l'universo dei poveri. La Carta ha avuto il pregio di guardare ai poveri assoluti e il limite di considerare solo alcuni tra loro. Oggi la possono ricevere le famiglie in povertà assoluta con persone di almeno 65 anni o con bambini entro i tre anni. Si prevede di ampliare l'utenza così da raggiungere l'intero universo delle famiglie in povertà assoluta, oltre un milione, pari - come detto - al 5,1% del totale. Si vuole un reale universalismo, per realizzare il quale vengono inserite tre indicazioni ulteriori per far sì che tutti i veri poveri ricevano effettivamente la Nuova Social Card, mentre chi non vive questa condizione non ne possa beneficiare.
Primo.
Mentre oggi la Carta è erogata esclusivamente ai cittadini italiani riteniamo che - coerentemente con il diritto comunitario e le disposizioni della Corte di Giustizia Europea - si debba estendere la misura universalmente a tutte le persone rientranti nei criteri di accesso per la NSC che abbiano una valida residenza in Italia, in quanto siano iscritte all'anagrafe della popolazione residente e dispongano di un domicilio, anche di elezione, in un Comune Italiano. Le stime si basano su dati dell'indagine It-Silc2riguardanti i redditi delle famiglie italiane al 2006, i più recenti disponibili al momento della preparazione del testo. È ragionevole supporre che le caratteristiche delle famiglie in povertà assoluta non siano cambiate in maniera rilevante da allora a oggi.
Secondo.
Si introduce una specifica strategia per raggiungere le persone senza dimora e in condizione di grave emarginazione, agendo sulla rimozione delle barriere effettive che hanno reso di difficile accesso la Social Card, anche per le poche persone senza dimora attualmente eleggibili (quelle oltre i 65 aani).
Terzo.
Si propone un'incisiva strategia di controlli, tesa a rafforzarli sensibilmente rispetto a oggi e articolata su più livelli: le risorse economiche da considerare, le fonti presso cui reperire i dati per le verifiche e le sanzioni.
Adeguatezza dell'aiuto. Il Piano Acli propone di elevare l'importo della Carta rispetto agli attuali 40 Euro mensili. Per farlo si è cercato un punto di equilibrio tra il desiderio di sostenere al meglio le famiglie povere e l'esigenza di costruire una proposta attuabile in tempi rapidi e a costi ragionevoli. Inoltre, mentre oggi l'importo è uguale per tutti, riteniamo sia giusto differenziarlo in base alle condizioni delle famiglie, così da dare di più a chi vive la povertà più dura. La NSC passa da 40 Euro mensili per tutti a 129 Euro mensili medi (circa 1.550 annui, che si differenziano in base alle condizioni di povertà; le famiglie in situazione di particolare disagio.
Equità territoriale. Attualmente la soglia di disponibilità economiche da non superare per ricevere la Card è la stessa in tutto il Paese, mentre il costo della vita risulta diverso: nel Nord è superiore rispetto al Sud, sino al 30% in più. In termini reali ciò penalizza l'area dove il costo della vita è più alto, cioè il Nord. Nella
proposta Acli le soglie di accesso variano a seconda del costo della vita nell'area geografica di residenza. Così facendo si riesce a considerare in modo uguale le condizioni di famiglie che vivono in territori differenti. Rispetto ad oggi, ciò significa incrementare la percentuale di utenti della NSC nel settentrione. Attualmente il 65% degli utenti risiede nel Mezzogiorno, con la proposta Acli diventerebbe il 49%.
Welfare locale. La proposta di riforma della Social Card prevede che alla prestazione monetaria - la Carta com'è adesso - venga aggiunta la fornitura di servizi alla persona. La necessità di combattere la povertà attraverso un mix di denaro e servizi è condivisa da tutti gli esperti, e si tratta della strada concretamente seguita negli altri paesi europei. Le famiglie necessitano sovente di azioni capaci non solo di tamponare lo stato di povertà (la mancanza di denaro) ma anche di agire sulle cause (i fattori responsabili delle difficoltà di vita): solo l'azione dei servizi può farlo. L'esigenza è particolarmente pressante nel caso della povertà assoluta, la più grave, proprio perché questa condizione vede il legame maggiore tra deficit di risorse economiche e difficoltà di vita. La proposta prevede il coinvolgimento dell'intera rete di servizi alla persona, secondo le modalità che potranno realizzarsi nei vari territori. Entro 60 giorni dal ricevimento della NSC, l'utente si presenta al Comune di riferimento, dove un operatore sociale lo incontra e svolge un
pre-screening del caso. Decide cioè, sulla base della necessità prevalente, a quale percorso indirizzarlo tra quelli possibili:
A) presa in carico sociale, quando la necessità prevalente è legata a disagio personale e sociale, al bisogno di cura di anziani, persone con disabilità e bambini, al superamento di situazioni di dipendenza;
B) presa in carico per l'occupabilità, quando la necessità prevalente riguarda l'inserimento
lavorativo, la formazione scolastica o quella professionale;
C) esclusivamente sostegno economico, in cui la necessità prevalente è solo di natura monetaria.
Nei casi A e B, l'utente e la sua famiglia ricevono una valutazione complessiva della propria condizione e ottengono la formulazione del Pia (Progetto d'inserimento individualizzato). Il Pia contiene l'indicazione dei servizi opportuni da ricevere e l'insieme di diritti e doveri del contraente. Nella prima situazione il Pia sarà responsabilità dei servizi sociali comunali e nella seconda dei centri per l'impiego; a questi ultimi vengono indirizzati i membri della famiglia abili al lavoro che siano in condizione di svolgere attività lavorativa o formativa. In ogni caso, il programma personalizzato dovrà poi essere seguito nei suoi esiti nel tempo, attraverso un lavoro di monitoraggio del caso.
Quanto costa il Piano. Per realizzare la riforma è necessario stanziare - in ognuno dei tre anni del Piano -
ogni anno 787 milioni di Euro addizionali rispetto al precedente (una cifra pari al 0,05% del Pil). La somma è suddivisa tra 667 milioni per il contributo monetario e 120 per i servizi. Il percorso di graduale incremento porta ad avere a regime - cioè a partire dal 2013 - una spesa annua di circa 2360 milioni superiore rispetto ad oggi, con 2000 milioni per il contributo monetario e 360 milioni per i servizi. Il contributo monetario è a carico dello Stato, la spesa per i servizi è suddivisa a metà tra Stato e Regioni.
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