(ASCA) - Roma, 19 ago - ''Spero che l'occasione del 150.esimo anniversario dell'indipendenza italiana sia anche l'occasione per fare una riflessione sull'idea di cittadinanza del nostro Paese e sul ruolo che vogliamo dare nel futuro ai milioni di immigrati che da anni vivono, lavorano, pagano le tasse e hanno figli in Italia'': tracciando il bilancio dello stato dell'integrazione degli stranieri in Italia Antonio Russo, responsabile area immigrazione delle Acli, non nasconde la sua preoccupazione. ''L'Italia - dice all'ASCA - negli ultimi decenni non si e' accorta di essere diventata un Paese di immigrazione e non c'e' una legislazione in grado di affrontare questo processo epocale''. Le politiche italiane sono come il tentativo ''di arginare un fiume in piena'' e scontano il fatto che non mancano i ''politici che soffiano sui temi dell'immigrazione, e sono bravissimi a farlo'', mentre ''ministri e parlamentari non si prendono le loro responsabilita'''.
Ma il quadro generale, noto e tutt'altro che nuovo, spiega Russo, diventa piu' preoccupante se si guarda da vicino alle dinamiche economiche, sociali, del mercato del lavoro, in cui ormai la presenza straniera e' parte fondamentale senza che, nella maggior parte dei casi, sia stato offerto un quadro legislativo adeguato. L'integrazione degli stranieri, insomma, c'e', ma ''va avanti molto lentamente''. Lo testimonia, ad esempio, l'aumento del lavoro dipendente straniero, soprattutto al Nord, la dinamicita' imprenditoriale, superiore a quella degli italiani, la crescita ormai in tutto il Paese delle 'seconde generazioni', i figli nati in Italia da genitori stranieri che ''vanno nei nostri asili, nelle nostre scuole, studiano con nostri figli, pensano e parlano come loro''. Ma, anche se non mancano esempi positivi, soprattutto al Centro-Nord, questa integrazione procede a rilento e la colpa e' tutta ''di una legislazione che non sempre agevola processo di integrazione''.
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