«DOBBIAMO avere il coraggio di dirlo, e magari di gridarlo, perché qualcuno finalmente ascolti: nel calendario di Napoli, la festa del Lavoro più che una ricorrenza appare una beffa». E’ duro il cardinale Crescenzio Sepe, nell’ omelia per il miracolo di San Gennaro che quest’anno si è ripetuto (il sangue si è sciolto alle 20.15 dopo una lunga attesa) ed è coinciso con la festa del Lavoro.
Le parole dell’arcivescovo sono forti, incalzanti: «Non esiste, sul nostro tormentato territorio, un’urgenza più grave. Chi vuole davvero salvare Napoli e la Campania non può che mettere mano, prima di tutto, a questa emergenza, fonte di tante altre». Perciò, prosegue, «è difficile, e anche triste, far festa per qualcosa che manca, o che continua a venir meno».
L’analisi è dura quanto le parole: «A Napoli non solo si svuotano le aziende, ma continuano ad abbassarsi le saracinesche di molti esercizi commerciali e si assottiglia perfino, come inevitabile conseguenza, anche l’esile filo di quell’economia del vicolo o della piazzetta che ha rappresentato, da sempre, il vero ammortizzatore naturale durante ogni ondata di crisi». E come al solito il cardinale non fotografa solo la realtà, ma cerca di dare l’ avvio a una svolta. Il sindaco Rosa Russo Iervolino e il neo-governatore Stefano Caldoro sono in chiesa. Ed ecco l’appello a Comune e Regione: «Se esiste un programma, o un qualsiasi piano di sviluppo,non c’è che un capitolo da mettere a capo di tutto; e questo capitolo è il lavoro».
(di Cristina Zagaria da la Repubblica Napoli)
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