In Italia, poveri e immigrati vengono sempre più indicati come causa del disagio e non vittime
(da Aesse 1 2010)
“L’Unione europea è una delle regioni più ricche al mondo. Tuttavia, un 17% degli europei non riesce a soddisfare le proprie necessità primarie. La povertà è spesso presente nei Paesi in via di sviluppo in cui la malnutrizione, la fame e la mancanza d’acqua potabile rappresentano la grande sfida per la sopravvivenza quotidiana. La povertà e l’emarginazione sociale sono presenti anche in Europa. La povertà e l’esclusione di un individuo contribuiscono alla povertà della società intera. Di conseguenza, la forza dell’Europa risiede nel potenziale dei singoli individui.Non vi sono soluzioni miracolose per sconfiggere la povertà e l’esclusione sociale. Eppure una cosa è certa: non possiamo sconfiggerle senza il vostro aiuto. Il 2010 è l’anno europeo della lotta contro la povertà e l’esclusione sociale (…).Uno dei valori su cui si fonda l’Unione europea è proprio la solidarietà, un valore particolarmente importante in questo momento di crisi. “Unione” significa affrontare la crisi economica insieme, nella solidarietà, dando sicurezza all’individuo e alla collettività.”
Così l’Europa racconta a se stessa i perché dell’anno dedicato alla lotta alla povertà e all’esclusione sociale.
C’è un Dna inclusivo. L’esclusione sociale mette in discussione l’anima stessa europea. E al centro del 2010 c’è anche la necessità di coinvolgere i cittadini, gli europei, noi. Tra gli obiettivi, la “coesione sociale”, fondata sull’idea che sradicare la povertà è interesse di tutti. Qui si sente lo stridore con l’Italia di oggi. La fragilità sociale è occasione per sensi – immotivati – di insicurezza. Poveri e immigrati vengono sempre più indicati come causa del disagio e non vittime, fino a campagne che li indicano come “capri espiatori”. “La barca è piena”, “troppi clandestini” sono un mantra insistente, ignorante e sospetto. Questo accade mentre immigrati quasi-schiavi e fatti vivere come animali vengono angariati, sfruttati, malmenati, bersaglio e tirassegno, fino alla rivolta, come a Rosarno, con inquietanti vantaggi della criminalità organizzata. Occorre svuotare questa predicazione del disprezzo che rende disumani e diventa un boomerang anche per la sicurezza.
La sfida è davvero quella di sradicare la povertà in casa e nel Sud del mondo, dove 25 milioni di persone hanno l’Aids ma non le cure, e 55 milioni di bambini invisibili, mai registrati, nascono ogni anno. Lotta alla povertà, non ai poveri. Cominciamo dall’integrazione sociale degli immigrati. Dalla cittadinanza per tutti i bambini nati in Italia e per percorsi meno a ostacoli per gli adulti. E poi lavoriamo a un nuovo modello di welfare a partire dagli anziani. Ci hanno regalato l’Italia straordinaria in cui viviamo. La lunghezza della vita non può essere una maledizione e la condanna a finire, da soli, in un istituto. È possibile rompere l’isolamento e creare un Paese a misura di giovani e di anziani anche nelle grandi città. Basta volerlo.
Mario Marazziti
Nessun commento:
Posta un commento