Il divario di sviluppo tra Nord e Sud è uno dei problemi che la politica italiana sta cercando di risolvere da più tempo. Questo il tema che affronta Paola De Vivo nel suo intervento alla scuola Politica di Cortona.
“Dagli anni ’50 parte una pianificazione dello sviluppo del Sud che andava nella direzione che portasse il Sud ad un’integrazione con l’economia del Nord.”
Nel Nord la forma di regolarizzazione più importante è stata quella del mercato. Contemporaneamente nel Sud il principio regolatore è rappresentato dallo stato, con i suoi incentivi e investimenti. Lo stato ha cercato di incrementare lo stock di risorse mancanti nel Sud. Con i trasferimenti statali e la logica della grande impresa. Facendo in modo che si creassero delle aree in cui la grande impresa avesse un ruolo significativo.
Questo ha significato che per certi versi di questa politica dell’incentivazione giovassero sia imprese delmeridione che quelle del settentrione. Il Nord, con l’aumento della ricchezza generale, ha trovato un mercato interno. Il Sud ne giova perché una volta che le imprese del Nord si insediavano portavano una diffusione del know how, in zone in cui non aveva mai attecchito.
La situazione cambia negli anni 90, perché la globalizzazione costringe a rivedere le condizioni della crescita. Le imprese sono costrette a fronteggiare nuove forme di concorrenze, e quindi iniziano ad affrontare il tema di riuscire a reggere in mercati internazionali con concorrenze sempre più agguerrite. Quindi, hanno bisogno di rivedere i piani di riorganizzazione produttiva e all’esigenza di nuovi servizi, molto più avanzati.
L’italia inizia ad avere un problema forte di crescita ed un declino della competizione dell’economia italiana. Il settentrione si sente da imbrigliato dallo stato italiano.
“Dal ’92 al ’95 il Mezzogiorno si ritrova senza politica. Dal Pil all’occupazione tutti gli indicatori mostrano un complessivo arretramento”. Ma in seguito, nella seconda metà degli anni 90, quando si avvia l’esperienza della programmazione negoziata, tentando di qualificare la spesa pubblica, si avvertono alcuni segnali positivi: le esportazioni, soprattutto, mostrano una certa vivacità. “Dopo – prosegue –, con l’inizio degli anni 2000, il trend diviene di nuovo negativo. Dal 95 al 2007 l’Italia cresce, rispetto all’Europa, del 14% in meno. Emergono delle criticità strutturali. Produzione di beni di scarsa qualità. Di scarso contenuto tecnologico. Perdendo posizioni nei settori automobilistico, aeronautico, siderurgia, settori in cui prima era altamente qualificata. La ragione? Il processo della programmazione negoziata ha subìto uno stop, .Al contrario di quel che accade nel resto d’Europa, dove si registrano invece risultati positivi”.
È in questi anni che prende sempre più corpo la considerazione che se l’Italia sta diventando sempre più il fanalino d’Europa, una colonia di altri paesi, è il Sud il peso che zavorra l’impresa italiana. Ma la questione meridionale può essere risolta solo se il Sud è capace di produrre una forza per il suo riscatto o non potrà rientrare in una visione unitaria.
“Ma sino a che punto sono tollerabili delle disuguaglianze sociali fortemente accentuate, nello stesso paese? Se non si risolvono alcune problematiche l’economia italiana è condannata a portarsi dietro questo problema.”
Nel Mezzogiorno il pil procapite per abitanti è di 16.272€, a fronte dei 26.985€ di quello del Nord.
La disoccupazione al Sud è del 14,3%, nel Nord il 4,8%. Il sommerso nel meridione è del 20% delle unità del lavoro, al Nord è del 9%.
Il 25% dei giovani del Mezzogiorno, dai 18 ai 24 anno, possiede al più la licenza media, senza alcun iter di formazione professionale . Una famiglia su 4 vive in condizione di povertà.
Un contesto in cui la piaga dilagante della criminalità è ancora lontano dall’essere sconfitta.
“La sfida che abbiamo davanti è quella di considerare sempre di più il Mezzogiorno come una risorsa. Perché ha molte potenzialità ancora da esprimere, molte ricchezze ancora da esplorare, e una forza lavoro ancore da scoprire. E questa valorizzazione tocca alla politica.” Conclude la De Vivo “Per questo il dibattito nato sul Sud in questo ultimo scorcio estivo, serva a creare dei ponti, collegamenti sempre più forti tra le due parti”.
Serve un grande progetto sulle città. I problemi, le negatività si sommano maggiormente in esse. Serve un piano di riqualificazione per le città, che non sono più in grado di essere giocatori importanti in questa nuova partita della globalizzazione.
Rispondendo alle domande che vengono dai ragazzi che partecipano al corso, Paola De Vivo conferma che” è vero, le risorse destinate al Sud, in questi anni, sono inferiori a quelle previste e i fondi che dovevano andare ad aiutare aree disagiate sono state utilizzate per tamponare problematiche varie. Ma le risorse non sono il vero problema, perché nella storia, non sempre sono state utilizzate in maniera corretta. Non è un problema di quantità, ma di come vengono incanalate.”
“Bisogna prendere atto – continua Paola De Vivo - della realtà. Nel Sud c’è un sommerso enorme, vale la pena inventarsi un programma che faccia emergere questa quantità di lavoro che può portare una ricchezza che sfugge ai canali ufficiali.
Rafforzare le infrastrutture, che sono deboli in tutta l’Italia, e che occorrono per un vero rilancio del paese.”
Francesca Minonne
4 commenti:
necessita di verificare:)
leggere l'intero blog, pretty good
Si, probabilmente lo e
leggere l'intero blog, pretty good
Posta un commento