da "Il Mattino" del 09.09.2009
Molti nel Pd pensano che il caso Boffo lascerà ferite profonde nella Chiesa italiana e la indurrà a cercare un nuovo equilibrio con la politica. Per Paola Binetti è venuta meno la «pietra angolare» nel rapporto di fiducia con Berlusconi. Per Rosi Bindi «nulla resterà come prima». Se ne dovrebbe dedurre che cambierà qualcosa anche per il Pd, che si attrezzerà per dire la sua, per far crescere la forza e la qualità della sua interlocuzione con la Chiesa dopo essere diventato il bersaglio polemico della stagione ruiniana della Cei.L’impressione invece è che il confronto congressuale sia poco reattivo, che resti ancorato a come superare le antinomie veltroniane (partito solido-partito liquido, vocazione maggioritaria-politica delle alleanze, rinnovamento-radicamento).Intanto nuovi nodi strategici arrivano al pettine. A partire dal rapporto con l’Udc: ora tutti nel Pd lo invocano, tuttavia la scelta di costruire una proposta di governo lungo quest’asse comporta una selezione delle priorità che di fatto è rimandata al dopo. A dire il vero Pier Luigi Bersani ha chiesto nei giorni scorsi di aprire «una fase nuova» nel dibattito congressuale. E, per parte sua, si è presentato alla convention di Milano della sua mozione con due pagine scritte di suo pugno sul rapporto tra il Pd e la Chiesa. C’erano in quelle pagine i capisaldi della cultura cattolico-democratica, a partire dall’idea di «laicità come autonoma responsabilità della politica nella costruzione del bene comune». Ma c’era anche la comprensione di una maggiore autonomia che la Chiesa cerca per sé e per le sue «opere sociali» rispetto ai tempi dell’unità politica dei cattolici: da qui il duplice impegno di Bersani per garantire alla Chiesa il «diritto-dovere» di partecipare con assoluta libertà alla discussione pubblica e per sviluppare quel tema della «sussidiarietà» così ostico a una certa sinistra di impronta statalista. Certo, Bersani non ha negato il conflitto sui diritti civili, né la naturale propensione della sinistra per una loro estensione. Anche se ha chiesto di regolare senza eccessi, «responsabilmente», il rapporto fra scienza, tecnica e vita. Ma soprattutto ha provato a gettare il ponte del comune umanesimo, fondato sul «Dio personale» della tradizione cristiana. Anche Giuseppe Dossetti trovò nel personalismo il punto alto di sintesi (tra individuo, classe, Stato) sul quale imperneare la nostra Costituzione. Chissà se oggi può diventare la base di un’etica condivisa, dopo che la Chiesa, a partire dagli anni ’80, ha considerato superata quella «cultura della mediazione» che era per la classe dirigente Dc come l’aria che si respira. Ovviamente nel Pd, soprattutto tra i cattolici, resta prevalente il cattolicesimo democratico (anche se alcuni suoi eredi ne hanno messo da parte proprio la cultura costituzionale per abbracciare modelli presidenzialisti, bipartitici, persino leaderisti). Resta prevalente nella stessa mozione Bersani, come la Bindi non perde occasione di ribadire. La correzione di rotta della Cei, da quelle parti, è attesa innanzitutto perché i temi legati alla «carità» cristiana non potranno a lungo essere subordinati a quelli della biopolitica: come difendere ad oltranza il diritto di un paziente in coma irreversibile e poi trascurare i diritti di un immigrato o di un povero? Ma l’impressione è che, se il Pd si fermasse qui, non ce la farebbe ad aprire un dialogo nuovo con quella parte della Chiesa che guarda con diffidenza il laicismo diffuso a sinistra e l’opzione, tutta politica, dei cattolici democratici. In questo senso il congresso può fare danni aggiuntivi: esasperando il conflitto sul biotestamento e sulla laicità, cavalli di battaglia di Ignazio Marino. Il cuore del problema a sinistra, comunque, restano i conti non soltanto con la Chiesa della presenza ma anche con la sua scelta antropologica e la critica al relativismo. Una sinistra non può che contrastare l’impianto degli «atei devoti», che tende a ridurre il cristianesimo a religione civile dell’Occidente, ma potrebbe invece riconoscere nel relativismo un tarlo che corrode tutte le vocazioni solidariste, i corpi intermedi, il tessuto associativo. La sfida culturale che il Pd ha davanti non è meno impegnativa di quella politica. E condizionerà la stessa politica. Comprese le alleanze, che nessuno può derubricare a mera opzione tattica.
Claudio Sardo
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