Scritto da Carlo Franco da il Corriere del Mezzogiorno
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Due cardinali, Angelo Bagnasco presidente della Cei e Crescenzio Sepe, ottanta vescovi e un esercito di trecento sacerdoti e volontari: le Chiese del Sud si mobilitano contro camorra, mafia e 'ndrangheta e contro le istituzioni laiche conniventi. Il quadro è quello desolante tante volte denunciato: Stato e antistato a braccetto e a rimetterci è il Mezzogiorno che o trova la forza di ribellarsi moralmente o viene definitivamente marginalizzato. Lo ha riconosciuto anche il presidente Napolitano che ha inviato un messaggio significativo: «Questa iniziativa riflette la dimensione sociale e pubblica del fatto religioso da me già richiamata e costituisce un esempio della sensibilità e dell'impegno civile della Chiesa e del mondo cattolico rispetto a una realtà così critica come quella delle regioni meridionali». Come dire, sono al vostro fianco. Il cardinale Sepe è stato parco nei saluti, ma severo e determinato nell'approccio ai problemi, anche se ha accuratamente evitato di pronunciare parole scomode come camorra e crisi dei valori politici. Ci ha girato intorno, ma alla fine il messaggio è stato forte e chiaro: «Se qualcuno crede che la Chiesa possa rassegnarsi al disimpegno si sbaglia di grosso. Noi ci siamo e vogliamo contare con iniziative concrete: usciremo dalle parrocchie e ascolteremo i bisogni della gente. E accetteremo il federalismo solo se non sarà escludente nei confronti del mezzogiorno e dei giovani che pagano da sempre il prezzo più alto». Critiche ma anche autocritica. Il filosofo Giuseppe Savagnone, che dirige il dipartimento cultura dell'Arcidiocesi di Palermo, ha detto, con felice sintesi, che si fronteggino due Chiese: una aristocratica e dotta che produce documenti e difficilmente si attarda a guardare verso il basso e un'altra, più povera e con meno strumenti d'intervento, alla quale è consentito solo di ascoltare e subire. «Nella gerarchia della Chiesa — ha fatto notare Savagnone — il modello di comportamento è molto simile a quello della politica laica,la progettazione è calata sempre dall'alto e difficilmente tiene conto delle esigenze dei ceti meno potenti. Questa concezione anomala ha generato il mostro dell'indifferenza che va combattuto e vinto se davvero si ha voglia di cambiare pagina».
La platea ha più volte applaudito, soprattutto quando il cardinale Sepe ha detto che il nemico è nel localismo che genera un sistema clientelare a protezione dei suoi miseri interessi di bottega. In platea i commenti sono adeguati alla gravità del momento. Il vescovo di Palermo, Paolo Romeo, regala ai giornalisti una metafora di straordinaria efficacia: «Da Palermo a Catania si va in treno e il convoglio, come una lumaca, impiega cinque ore; da Milano a Bologna bastano cinquanta minuti e la distanza è minore». E noi aggiungiamo che anche da Napoli a Bari ci vogliono cinque ore estenuanti, la maggior parte dei quali percorsi su un solo binario: quando passa un convoglio l'altro sta fermo e aspetta il suo turno. Questo è il Sud e Piero Barucci, toscano a vocazione meridionalistica ed ex ministro dell'economia nell'ultimo governo Prodi, ha posto la questione senza mezzi termini: «E' ormai sempre più difficile distinguere l'economia legale da quella illegale e nel patto scellerato è sempre la seconda a imporre la sua volontà». Barucci ha citato i traffici di droga, armi, il gioco clandestino, le estorsioni e la prostituzione: fiumi di denaro e holding del crimine che sanno stare sul mercato meglio di quelle pulite. Il relatore ha smantellato anche l'ultimo luogo comune: al Nord nessuno pensa più che senza il Sud l'Italia sarebbe incompiuta, oggi non si ha paura di dire che è vero il contrario, senza il peso del Sud il Paese avrebbe più competitività e starebbe meglio sul mercato. La Lega, insomma, ha definitivamente vinto la sua battaglia. E il Mezzogiorno perde sempre più posizioni. Le cifre snocciolate da Piero Barucci non hanno bisogno di commenti, la più clamorosa riguarda ancora il divario tra le due italie: quella meridionale ha quindici punti percentuali in meno del Centro-Nord e rischia di restare «un luogo senza vita». Una chiave di lettura è la schizofrenia dello sviluppo: il saggio di crescita delle imprese che nascono ogni anno è più elevato di quello settentrionale, ma la «mortalità» delle imprese è molto più elevato.
L'ultimo ammonimento è venuto da Crescenzio Sepe. Bisogna creare mercati che funzionano senza intermediazioni anomale. Cioè senza corruzione. «E soprattutto dobbiamo far cambiare l'atteggiamento dominante: Sud deve essere una parola che evoca positvità e non sottosviluppo». E' una parola. Oggi si replica con al centro l'omelia del presidente della Cei, Angelo Bagnasco. |
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