"Scuola, cambia il maestro unico". Così Repubblica, titolone in prima: sarà facoltativo secondo un accordo siglato dal ministro Gelmini con i sindacati. Sulla ormai miniriforma Salvo Intravaia a pagina 10: "Scuola la riforma slitta di un anno «E il maestro unico sarà facoltativo»". Veltroni parla di «dietrofront del governo»; la Gelmini nega e considera «storica» la sua riforma; i sindacati esultano. Ancora il ministro: «non difenderemo mai lo status quo quindi si va avanti con le riforme... Non abbiamo certo cambiato idea. Deve essere chiaro che il modello dei tre maestri per la stessa classe non esiste più». Secondo la Cisl di Raffaele Bonanni, sono stati corretti gli effetti di una «manovra altrimenti difficilmente sopportabile per la nostra scuola». Più trionfalistica la Uil: «Chi ha scioperato, oggi può dire di averlo fatto proficuamente». Stesso tono per Gilda. Il dossier: "Orari precari e classi numerose ecco tutte le novità «congelate»". La riforma per le superiori slitta di un anno; dal 2009/2010 quella del primo ciclo; torna l'opzione delle 24 ore alle elementari; due maestri per il tempo pieno (di 40 ore); sarà tutelato il rapporto di un docente ogni due alunni disabili; il governo si è anche impegnato ad aprire un tavolo di confronto per trovare soluzioni a tutela del personale precario; congelato di un anno l'incremento del numero massimo di alunni per classe. In una breve, si dà conto di una nuova disponibilità: "Brunetta e le visite fiscali «Pronto a correggere il tiro»". Le norme restrittive introdotte contro i fannulloni ma da rivedere per il loro funzionamento pratico. Se ne è parlato nell'incontro con i sindacati cui ha partecipato anche Brunetta (oltre a Sacconi).
«Maestro unico facoltativo», titola il Corriere della Sera in prima. In sintesi: la nuova scuola elementare partirà dal prossimo anno scolastico, ma il maestro unico, previsto dalla riforma Gelmini, sarà facoltativo e verrà introdotto solo su richiesta delle famiglie che potranno scegliere tra 24,27,30 e 40 ore. È la principale modifica apportata dal governo al decreto, alla vigilia dello sciopero generale. Altra novità la riforma delle superiori slitta di un anno. I servizi a pag 2 e 3. Massimo Franco firma L’Analisi (“Un segnale al partito del dialogo”): «la tregua è così improvvisa che può lasciare interdetti. Il governo che concede molto sulla riforma della scuola firmata dal ministro Mariastella Gelmini; e il centrosinistra che si vanta della pressione esercitata, ma in parallelo riconosce le aperture...È la voglia di non continuare uno scontro che paralizzerebbe scuola e università; e che corrode la popolarità del premier. Probabilmente pesa anche l’esigenza di dare una sponda alla Cisl, e di evitare un referendum accarezzato dal vertice del Pd...Emerge un intreccio politico-sindacale che presto potrebbe riflettersi su riforme come federalismo fiscale e giustizia...Rimane una domanda, per ora senza risposta. Riguarda la capacità del centrodestra di dare seguito ai suoi annunci palingenetici».
«Il maestro unico, che poi così unico non è, poiché già lo chiamano prevalente", sta per diventare parzialmente prevalente, e cioé sarà affiancato non soltanto dai subordinati - cui spetta il compito di insegnare materie secondarie o integrative come inglese o ginnastica - ma anche dai coordinati con l'aiuto dei quali sarà garantito il tempo pieno, e cioè le lezioni pomeridiane». Si intitola "Il Paese avanti e indietro" l'editoriale di Mattia Feltri oggi su La Stampa, che dedica un approfondimento anche all'interno alla "riforma a metà" della scuola. A partire dal maestro unico che sarà attivato "su richiesta delle famiglie". Slitta al 2010 la riforma delle scuole superiori. La Stampa intervista Mariastella Gelmini che parla di «ingegneria della mistificazione» negando che ci sia una marcia indietro, «la sinistra s'inventa che io, pressata dai loro scioperi, sia tornata sui miei passi». Spiega che l'opzione non è tra maestro unico oppure no, ma che avere uno o più maestri dipenderà dall'orario scelto dalle famiglie, il tempo parziale o il tempo pieno. Nel primo caso il maestro sarà unico, più gli insegnanti di religione e inglese a coprire le due ore di queste materie. Se il tempo sarà pieno (40 ore) i maestri dovranno essere necessariamente di più (visto che l'orario lavorativo di un insegnante è 22 ore), e allora si parlerà di maestro prevalente. Sullo slittamento al 2010 della riforma della scuola superiore dice: «Una cosa è fare le cose nei tempi giusti, altro è dare uno stop», e che questo tempo lo userà per fare campagna di informazione presso le scuole e le famiglie.
Articolo in prima pagina de il Sole 24 Ore di Luigi Illiano che commenta più che la questione del maestro unico (comunque si tratta di una novità sostanziale, anche se opzionale, perché prima non c’era proprio la possibilità di averlo, il maestro unico) lo slittamento di un anno della riforma delle superiori. «A giudicare dalle reazioni che hanno accolto lo slittamento», nota il Sole, «si può ipotizzare che il governo ha (il mancato congiuntivo è nel testo, ndr) puntato soprattutto a riannodare le fila del dialogo con opposizione e sindacati».
È il direttore Mario Giordano a prendere carta e penna per commentare su il Giornale la vicenda della riforma della scuola. In copertina sotto al titolo "Ma la scuola deve cambiare ( in fretta)" scrive: «Contrordine compagni (di scuola). La riforma della scuola quest'anno non si farà: è stata rinviata al 2010. Noi, a dirla tutta, siamo un po' disorientati. E da ieri ci chiediamo un po' affranti: almeno il grembiulino rimane? L'abbiamo scritto in questi mesi e in mille modi che la scuola deve cambiare, deve riscoprire responsabilità, meritocrazia, deve superare il 68 infinito, le promozioni facili, il lassismo di troppi insegnanti. Ci rendiamo conto che è meglio farlo senza scontri di piazza. Ma bisogna farlo senza se e senza ma. Anche a costo di pestare i piedi a qualcuno di quelli che oggi spudoratamente applaudono. Perciò se le decisioni di ieri sono parte di un accordo che va verso la riforma storica siamo pronti a esultare. Ma attenzione a non trasformare quegli accordi in un compromesso al ribasso o peggio un ritorno all'indecisionismo attendista». "Risponde" al direttore Valentina Aprea dicendo che sono state «esaudite le famiglie, non ha vinto la piazza» e che i «provvedimenti che il Governo varerà martedì contengono le indicazioni suggerite dalla commissione cultura di Montecitorio da me presieduta per venire incontro alle famiglie soprattutto alle donne che lavorano» e l'intervento va sul tempo pieno che «non sarà toccato, come promesso e che il maestro unico è una opzione in più offerta alle famiglie».
“Scuola, la retromarcia”: una foto in prima pagina del manifesto con una Gelmini imbronciata è l’immagine che fa da contorno all’articolo a pag 5. Tra Governo e maltempo c’è un tempismo perfetto. Con l’acqua alla gola, il governo ha dovuto fare un gesto di distensione. Non certo spaventata da una Roma allagata come fosse Venezia con l’alta marea, ieri, la Gelmini alla vigilia dello sciopero generale ha mostrato di arrendersi davanti alla forza dell’Onda. Per il Manifesto non ci sono dubbi: è stata una vittoria della piazza dopo mesi di mobilitazioni e soprattutto alla vigilia di uno sciopero generale che probabilmente porterà in piazza più di un milione di persone. Secondo il portavoce dei Cobas Pietro Bernocchi, “siamo davanti a un gran pasticcio messo su per sollevare tanto fumo ma nello stesso tempo incassa il successo di un movimento unitario, dalla materna all’università, che ha costretto il governo ad una mezza marcia indietro”. Più prudente è la Cgil che fa notare che almeno sulle primarie rimangono alcun ambiguità, perchè come spiega il segretario di Flc-Cgil Mimmo Pantaleo, “sono state recepite alcune rivendicazioni sindacali ma non viene cambiato totalmente l’impianto della manovra”. Tuttavia, secondo il Manifesto, ci sarebbe di più e quel “più” riguarda l’incognita sui precari. Che fine faranno i tagli voluti da Tremonti previsti dalla legge 133? L’interrogativo sorge spontaneo e non è di poco conto, perché se il ministro dell’economia non fosse disposto a rimettere in discussione gli 87.400 tagli all’organico del personale docente sarebbe una vittoria di Pirro.
“Gelmini, indietro tutta”: titola Italia Oggi in copertina. Dopo aver scatenato le piazze a ottobre, aver mostrato i muscoli a sindacati, professori e famiglie e aver accusato la stampa di malainformazione, il governo a sorpresa getta la spugna sulla riforma della scuola. Quella secondaria sarà rinviata di un anno lasciando tutto il tempo alla cosiddetta concertazione che si voleva evitare. Persino il maestro unico, rischia di essere facoltativo. Ma che cosa ha contribuito a far cambiare rotta al governo, si chiede Franco Bechis che firma l’editoriale in prima pagina? A far invertire la rotta, “più che la piazza sono state le critiche interne al Pdl. Molti parlamentari di maggioranza, mentre pubblicamente difendevano la scelte della Gelmini, in privato facevano presente quel che realmente pensavano. Anche associazioni di insegnanti e studenti assai vicino alla maggioranza avevano bocciato senza particolare enfasi pubblica i provvedimenti”. Italia Oggi, riporta anche un sondaggio da cui emergeva il chiaro calo di popolarità dell’esecutivo, dovuto proprio alla riforma della scuola. La cosa interessante, secondo l’editoriale “non è tanto la sostanza del dietro front ma la forma. Infatti, mentre le ragioni di quella riforma sono state spiegate più volte dal premier e dal ministro della pubblica istruzione in conferenze stampa e in programmi televisivi, la giravolta è stata invece affidata a un freddo comunicato stampa del ministero della Pubblica Istruzione e alle indiscrezioni di agenzia sull’accordo sindacale siglato sul maestro unico. Nessun’altra spiegazione. Nemmeno sui conti, visto che la spinta principale ai cambiamenti veniva da quegli 8 miliardi di euro di tagli stabiliti nella finanziaria triennale da Tremonti”. Già due volte Berlusconi e il suo governo hanno pagato un prezzo alto in seguito a marce indietro più clamorose: nel 1994 con il ritiro della riforma delle pensioni, e poi anni dopo con il ritiro della riforma dell’articolo 18. “Forse è un errore sventolare bandiere per la battaglia. Ma lo è ancora di più a decisone di ammainarle di fronte ai mugugni”, è la riflessione finale di Franco Bechis.
1 commento:
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