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Sarà la paura di non avere più capacità politica di intervento, sarà il timore di non aver più risorse da investire, così come anche la preoccupazione di perdere il consenso popolare, ma il paventato taglio delle risorse per il Mezzogiorno per un valore pari a 2,3 miliardi, ha finalmente visto un´azione comune di importante protesta politica da parte di tutti i governatori delle regioni meridionali.
Il segnale da cogliere? Che è arrivato il momento di far sentire con un´unica voce l´esigenza dello sviluppo del Mezzogiorno.
Stavolta non si tratta di "piagnistei" di meridionali e meridionalisti ancorati ad un superato e vetusto auspicio per la ripresa dell´intervento straordinario per il Mezzogiorno. Si tratta invece di definire al meglio le politiche finanziarie dello Stato di qui ai prossimi anni, e le risorse da investire e destinare al Sud.
In un momento in cui la crisi finanziaria globale sta coinvolgendo anche l´economia reale penalizzando famiglie ed imprese, e la riduzione dei consumi è sotto gli occhi di tutti, il taglio delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, contribuisce ad aggravare le previsioni di recessione che vedono le regioni meridionali in testa alla infelice classifica.
Il Fas contribuisce alle spese di gestione, quelle correnti, importanti anche per la copertura dei buchi delle amministrazioni locali. Costituisce, dunque, uno zoccolo duro di risorse non destinate alle politiche addizionali per lo sviluppo. Gli interventi di riduzione di questi valori penalizzano ancor di più una situazione già difficile di per se stessa.
L´allarme lanciato dalle stime della Confcommercio, che prevede un calo costante nei consumi di un meno 0,7% in questo scorcio di anno 2008, di un ulteriore meno 0,5% per il 2009 ed un altro calo dello 0,6% per il 2010, non si discosta di molto dalle indagini del Centro studi Confindustria.
Secondo l´Associazione degli industriali, considerando il primato italiano del debito pubblico pari al 104,1% del Pil nel 2007, la fiducia nei mercati cala determinando una diminuzione della produzione industriale che si attesta intorno ad un valore pari al meno 2,1% in settembre e al meno 1,6% nel terzo trimestre 2008.
Anche i dati emersi dagli studi periodici della Svimez evidenziano che la crisi bancaria ha contagiato l´economia reale attraverso la forte diminuzione della fiducia che in Italia è scesa soprattutto tra le imprese manifatturiere: il 77,7 per l´indice Isae in ottobre, nel settembre era pari all´81,8, valore minimo dal 1993. Tutto ciò ben rappresenta la debolezza delle vendite ed il peggioramento dell´accesso al credito.
Se vero è che la crisi globale che stiamo vivendo non è dovuta solo agli errori degli uomini, ma è conseguenza anche degli effetti non intenzionali provocati dalla complessità dei sistemi sociali, è vero pure che questi stessi sistemi sociali vanno orientati da attente politiche di sviluppo che noi, con la nostra politica nazionale, stiamo minando dalle basi, distraendo risorse dal Sud con tanti e diversi provvedimenti che raggiungono, già ad oggi, valori assai significativi.
Finanche l´interventismo statale avviato per arginare la crisi globale non dev´essere una penalizzazione per le aree meridionali, ma deve, di contro, essere maggiormente mosso verso la creazione di più solide basi sociali ed imprenditoriali.
Assistiamo, invece, ancor oggi ad una ulteriore decurtazione dei fondi Fas che per la sola Campania raggiunge ben 487,644 milioni, per il complesso delle regioni del Sud si arriva ad una decurtazione totale pari ad addirittura a 2.355,308 milioni.
Allora - ed è questione di sopravvivenza, non solo per il solo Mezzogiorno, ma anche per l´Italia intera - è necessario che l´azione di protesta avviata dai governatori meridionali sia sempre più incisiva, e che a fare la differenza con il passato siano i principi di fondo che tengono insieme la nostra società su cui poggia la sua struttura economica.
Stavolta non si tratta di "piagnistei" di meridionali e meridionalisti ancorati ad un superato e vetusto auspicio per la ripresa dell´intervento straordinario per il Mezzogiorno. Si tratta invece di definire al meglio le politiche finanziarie dello Stato di qui ai prossimi anni, e le risorse da investire e destinare al Sud.
In un momento in cui la crisi finanziaria globale sta coinvolgendo anche l´economia reale penalizzando famiglie ed imprese, e la riduzione dei consumi è sotto gli occhi di tutti, il taglio delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, contribuisce ad aggravare le previsioni di recessione che vedono le regioni meridionali in testa alla infelice classifica.
Il Fas contribuisce alle spese di gestione, quelle correnti, importanti anche per la copertura dei buchi delle amministrazioni locali. Costituisce, dunque, uno zoccolo duro di risorse non destinate alle politiche addizionali per lo sviluppo. Gli interventi di riduzione di questi valori penalizzano ancor di più una situazione già difficile di per se stessa.
L´allarme lanciato dalle stime della Confcommercio, che prevede un calo costante nei consumi di un meno 0,7% in questo scorcio di anno 2008, di un ulteriore meno 0,5% per il 2009 ed un altro calo dello 0,6% per il 2010, non si discosta di molto dalle indagini del Centro studi Confindustria.
Secondo l´Associazione degli industriali, considerando il primato italiano del debito pubblico pari al 104,1% del Pil nel 2007, la fiducia nei mercati cala determinando una diminuzione della produzione industriale che si attesta intorno ad un valore pari al meno 2,1% in settembre e al meno 1,6% nel terzo trimestre 2008.
Anche i dati emersi dagli studi periodici della Svimez evidenziano che la crisi bancaria ha contagiato l´economia reale attraverso la forte diminuzione della fiducia che in Italia è scesa soprattutto tra le imprese manifatturiere: il 77,7 per l´indice Isae in ottobre, nel settembre era pari all´81,8, valore minimo dal 1993. Tutto ciò ben rappresenta la debolezza delle vendite ed il peggioramento dell´accesso al credito.
Se vero è che la crisi globale che stiamo vivendo non è dovuta solo agli errori degli uomini, ma è conseguenza anche degli effetti non intenzionali provocati dalla complessità dei sistemi sociali, è vero pure che questi stessi sistemi sociali vanno orientati da attente politiche di sviluppo che noi, con la nostra politica nazionale, stiamo minando dalle basi, distraendo risorse dal Sud con tanti e diversi provvedimenti che raggiungono, già ad oggi, valori assai significativi.
Finanche l´interventismo statale avviato per arginare la crisi globale non dev´essere una penalizzazione per le aree meridionali, ma deve, di contro, essere maggiormente mosso verso la creazione di più solide basi sociali ed imprenditoriali.
Assistiamo, invece, ancor oggi ad una ulteriore decurtazione dei fondi Fas che per la sola Campania raggiunge ben 487,644 milioni, per il complesso delle regioni del Sud si arriva ad una decurtazione totale pari ad addirittura a 2.355,308 milioni.
Allora - ed è questione di sopravvivenza, non solo per il solo Mezzogiorno, ma anche per l´Italia intera - è necessario che l´azione di protesta avviata dai governatori meridionali sia sempre più incisiva, e che a fare la differenza con il passato siano i principi di fondo che tengono insieme la nostra società su cui poggia la sua struttura economica.
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