venerdì, giugno 13, 2008

Chilometri di serre fra liquami e plastica Una coop inventa gli insetti mangia-insetti

DALL’INVIATO LORENZO CALÒ Parete. Se il mistero, con il suo carico di veleni e sospetti, si annida nelle viscere di questa terra, ciò che si vede in superficie è - se possibile - anche più sconcertante. Le guardi quelle serre distendersi per centinaia di metri, il loro ventre verde a nutrire quella che è conosciuta come fragola di Parete, coltura tipica del posto; le guardi mentre tentano di emergere a fatica dai liquami e dallo scempio che si espande tutt’intorno: carcasse di frigoriferi, copertoni di gomma, materiale di risulta, plastica. Perché qui, tra Parete, Giugliano, Villa Literno e Ischitella, ci sarà pure il confine fra due province martoriate dall’immondizia certificata e dallo smaltimento illegale, ma il senso di abbandono e di disgusto non si ferma certo davanti a un limite geografico. Le chiamano le contrade: Masseria del Pozzo, Schiavi, Tre Ponti, San Severino. Una distesa pressoché sterminata di alberi di albicocche e pesche, coltivazioni di fragole, lattuga e ortaggi. Qui - raccontano le inchieste della magistratura e le ammissioni dei pentiti - la camorra ha sversato per anni rifiuti di ogni tipo realizzando profitti (per quell’epoca) a nove zeri nel silenzio più totale, nell’omertà più cupa. Qui - ricordano oggi alcuni contadini - per lunghi mesi gli stessi coltivatori che tenevano i fondi in fitto, di notte aprivano i solchi per far ingoiare a questa terra tonnellate di scorie e liquami e di giorno innaffiavano le piante di fragole. Eppure di camorra, rifiuti tossici e tir con targhe del Nord o addirittura provenienti della Germania giunti in questa landa di nessuno per vomitare scarti di ogni tipo, la gente non vuol sentir parlare. «Frutti avvelenati? - commenta Gaetano Cimento, commerciante ortofrutticolo - Tutte falsità per ammazzare quel poco di economia che ancora resiste in questa zona. Vogliono imporci i prodotti di altre regioni, basta farsi un giro al mercato dove gli operatori sono pochi e gli affari vanno sempre peggio». Il mercato è quello ortofrutticolo di Giugliano, in linea d’aria vicinissimo a questo polmone nero. Certo, la storia martoriata di questo territorio parla anche di sversatoi autorizzati e di proteste popolari contro chi in quest’area di confine, ha scaricato ogni giorno non meno di 2500 tonnellate di spazzatura. L’ultimo dei tumulti nel 2001 quando il commissariato di governo non mantenne gli impegni presi con le popolazioni locali e di proroga in proroga si allontanò il miraggio di una (anche parziale) bonifica: Masseria del pozzo restò di competenza del bacino Napoli 1 perché strategicamente posizionata rispetto a funzioni di supporto per il Cdr e per quel termovalorizzatore che già allora si ipotizzava di insediare fra Casal di Principe e Santa Maria la Fossa. E qui la cronaca sofferta di ieri si intreccia con quella incompiuta di oggi: l’inceneritore non c’è ancora (forse ci sarà nel 2012) e ai comuni del circondario è arrivato un ristoro di soli 5 miliardi di vecchie lire. Vai in giro e la gente del posto ti parla di laghetti di percolato, di miasmi insopportabili che si levano in alcune ore del giorno (specie d’estate e quando c’è vento), di insetti fastidiosissimi per gli umani e per i vegetali. Tanto asfissianti che una nota cooperativa agricola della zona attiva da oltre 45 anni, ha pensato di neutralizzarli affidandosi ad altri insetti, se non altro per tutelare i prodotti - sottoposti a vari standard di controllo - spediti in tutta Italia e in vari paesi europei. Questa stessa azienda ha subito un attentato doloso nel luglio del 2006: un incendio provocò danni ingenti al comparto produttivo. Dallo scorso anno è stato varato un progetto di implementazione per 1,2 milioni di euro in parte finanziati con risorse regionali: gli associati sono circa duecento e i frutti della terra sono ancora una speranza. Quella che sembrano aver perso sindaci e amministratori locali: del buco nero di Parete si parla sin dal 2003 nelle relazioni della commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Decine di pagine di audizioni e dossier sui sopralluoghi. I processi - quei pochi istruiti - si sono conclusi con un’assoluzione pressoché generalizzata in appello. Per la giustizia non ci sono colpevoli ma le fragole di Parete hanno perso l’innocenza.

1 commento:

Anonimo ha detto...

pasquali' si gruoss'