Saviano agli studenti: «Io, deluso dall'inerzia della politica, non farò mai il sindaco»
NAPOLI - Sapete una cosa? I boss del clan Mazzarella, quello che comanda qui a San Giovanni, allevavano squali e piranha nei loro garage». Lo scrittore cita il loro quartiere, e il nome della famiglia malavitosa che lo inquina, e tra gli studenti si diffonde un sonoro mormorio: è una platea sensibile, attenta, quella di una scuola di frontiera che ai ripetuti atti di vandalismo subiti ha risposto a suon di seminari e ore speciali di dibattito sulla legalità. «I camorristi vogliono ostentare il loro potere, impressionare la gente. Capisco che possiate subire il loro fascino anche a me è successo, lo ammetto: oggi però, piuttosto che negare il loro ascendente, preferisco lavorare, e scrivere, per smontarlo».
Quando l'auto della scorta parcheggia e fa scendere Roberto Saviano nel cortile dell'istituto professionale «Livatino », nessuno degli studenti raccolti nell'aula magna sa qual è il nome del relatore invitato a parlare di camorra. L'arrivo dello scrittore è una sorpresa per tutti: per motivi di sicurezza solo il preside Aristide Ricci e il gruppo di insegnanti impegnate nel progetto «I giovani e le periferie» sono al corrente della notizia. Quando gli studenti vedono Saviano, l'applauso scatta fragoroso, lungo e spontaneo: tutti in piedi, la sorpresa sul volto, per salutare quello che, a giudicare dall'entusiamo, per loro è un eroe.
Quasi due ore di intenso dibattito, in cui lo scrittore, sollecitato dalle domande dei ragazzi, descrive le dinamiche della criminalità organizzata, i loro affari, i loro interessi, anche internazionali: «Pensate che un'intercettazione ha rivelato che dopo l'11 settembre un clan di Nola sperava di poter fare affari sfruttando la ricostruzione dei luoghi devastati dall'attentato terroristico». Saviano non si sottrae quando gli studenti parlano di «politica corrotta» e «responsabilità dello Stato»: «Gli ultimi anni sono stati dolorosi.
Chiara Marasca
NAPOLI - Sapete una cosa? I boss del clan Mazzarella, quello che comanda qui a San Giovanni, allevavano squali e piranha nei loro garage». Lo scrittore cita il loro quartiere, e il nome della famiglia malavitosa che lo inquina, e tra gli studenti si diffonde un sonoro mormorio: è una platea sensibile, attenta, quella di una scuola di frontiera che ai ripetuti atti di vandalismo subiti ha risposto a suon di seminari e ore speciali di dibattito sulla legalità. «I camorristi vogliono ostentare il loro potere, impressionare la gente. Capisco che possiate subire il loro fascino anche a me è successo, lo ammetto: oggi però, piuttosto che negare il loro ascendente, preferisco lavorare, e scrivere, per smontarlo».
Quando l'auto della scorta parcheggia e fa scendere Roberto Saviano nel cortile dell'istituto professionale «Livatino », nessuno degli studenti raccolti nell'aula magna sa qual è il nome del relatore invitato a parlare di camorra. L'arrivo dello scrittore è una sorpresa per tutti: per motivi di sicurezza solo il preside Aristide Ricci e il gruppo di insegnanti impegnate nel progetto «I giovani e le periferie» sono al corrente della notizia. Quando gli studenti vedono Saviano, l'applauso scatta fragoroso, lungo e spontaneo: tutti in piedi, la sorpresa sul volto, per salutare quello che, a giudicare dall'entusiamo, per loro è un eroe.
Quasi due ore di intenso dibattito, in cui lo scrittore, sollecitato dalle domande dei ragazzi, descrive le dinamiche della criminalità organizzata, i loro affari, i loro interessi, anche internazionali: «Pensate che un'intercettazione ha rivelato che dopo l'11 settembre un clan di Nola sperava di poter fare affari sfruttando la ricostruzione dei luoghi devastati dall'attentato terroristico». Saviano non si sottrae quando gli studenti parlano di «politica corrotta» e «responsabilità dello Stato»: «Gli ultimi anni sono stati dolorosi.
Chiara Marasca
1 commento:
imparato molto
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