Olivero: «Bene l'Italia, ora spetta all'Europa. Il difficile viene adesso». Il racconto dei cooperanti Ipsia da Prizren
Roma, 21 febbraio 2008 - Negare il riconoscimento ora sarebbe stato «un tradimento delle promesse» e non avrebbe fatto altro che «far esplodere la rabbia e la frustrazione». Le Acli, impegnate in Kosovo dal 1999 con la propria ong Ipsia, commentano le vicende di questi giorni nei Balcani, la nascita dello Stato kosovaro, le attese della popolazione, l'azione della comunità internazionale, la reazione «deludente» dell'Unione europea, la «giusta decisione» del governo italiano, questa mattina, di concedere il proprio riconoscimento ufficiale.
«La situazione è estremamente delicata - premette il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero - la nascita della Repubblica del Kosovo è stata vissuta con grande attesa dalla popolazione, anche se il modo in cui ci si è arrivati non è sicuramente stato il migliore: con una dichiarazione unilaterale, di fatto decisa e sostenuta da parti di rilievo della Comunità Internazionale, ma senza una assunzione di responsabilità formale e politica in merito e senza arrivare a nessun tipo di accordo con la Serbia. Arrivare all'indipendenza era inevitabile ma arrivarci in altro modo avrebbe sicuramente fatto vivere questo momento con più serenità. Per nove anni l'Amministrazione Internazionale in Kosovo ha impostato l'apparato politico della Provincia come quello di uno Stato, promettendo e anticipando nei fatti l'indipendenza. Negare il riconoscimento ora sarebbe stato un tradimento delle promesse e non avrebbe fatto altro che far esplodere la rabbia e la frustrazione della popolazione».
Le Acli sono presenti dal 1999 in Kosovo, nella zona di Prizren e del sud ovest del paese, tramite la loro ong Ipsia (Istituto per la Pace, lo Sviluppo, l'Innovazione). Attualmente sono attivi due progetti: uno sportello informativo sul tema della migrazione, per facilitare l'integrazione degli emigranti kosovari in Italia ma anche la reintegrazione degli emigrati rientrati nella società kosovara; quindi un progetto di animazione estiva per i bambini delle scuole primarie, a Bresane e a Klina. I cooperanti delle Acli da Prizren hanno raccontato l'attesa e poi l'emozione di questi giorni, i festeggiamenti, i clacson delle auto, le bandiere lungo le strade, le scritte 'Auguri per l'indipendenza' sui balconi, nelle vetrine dei negozi. Le gente nelle piazze a ballare, mangiare e bere birra. Uno striscione appeso sulla facciata della moschea più vecchia, che augura felicità al popolo per l'indipendenza, e lo fa in tre lingue, albanese, turco e serbo.
«Il periodo difficile arriva adesso - spiega il presidente Olivero - Tutti i problemi restano sul campo. La reazione della Serbia, economica e diplomatica, si farà sentire, con il supporto della Russia. Il nuovo Stato dovrà dimostrare che l'identità kosovara non coincide con l'identità etnica kosovaro-albanese e che tutti gli abitanti del nuovo Stato hanno realmente pari dignità e diritti, qualsiasi sia la loro etnia o la loro religione». «Non è possibile non considerare - continua Olivero - che il Kosovo costituirà un precedente, e che basandosi sugli stessi principi altri territori (o parti dello stesso territorio kosovaro) potranno decidere di scegliere unilateralmente l'indipendenza. E non potrà essere accettabile l'impedire con la forza che questo avvenga».
In questo quadro delicato, la Comunità internazionale e l'Europa in particolare dovranno riuscire a fare - sostengono le Acli - «quello che finora, purtroppo, non hanno fatto»: assumersi la responsabilità di guidare e accompagnare le fasi di questo cambiamento perché non diventino traumatiche e pericolose. «L'affermazione unilaterale dell'indipendenza kosovara - spiega il presidente - ha mostrato di fatto il fallimento della mediazione delle Nazioni unite. La reazione in ordine sparso dell'Unione europea, con l'incapacità di arrivare ad una posizione comune sul riconoscimento del nuovo Stato, è stata assolutamente deludente. Ma stavolta l'Europa non potrà permettersi di abdicare, di rinunciare al suo ruolo e alle sue responsabilità. Le popolazioni dei Balcani hanno bisogno di poter contare su un'Europa finalmente unita e politicamente forte. Serbia e Kosovo potranno ritrovare un'unità più grande all'interno di un'Unione capace di far valere i diritti dei popoli e di ciascuna minoranza. L'Italia (qualsiasi sia il Governo del Paese) può e deve svolgere in questo un ruolo determinante. La decisione del Consiglio dei ministri di questa mattina ci sembra andare nella giusta direzione»
Roma, 21 febbraio 2008 - Negare il riconoscimento ora sarebbe stato «un tradimento delle promesse» e non avrebbe fatto altro che «far esplodere la rabbia e la frustrazione». Le Acli, impegnate in Kosovo dal 1999 con la propria ong Ipsia, commentano le vicende di questi giorni nei Balcani, la nascita dello Stato kosovaro, le attese della popolazione, l'azione della comunità internazionale, la reazione «deludente» dell'Unione europea, la «giusta decisione» del governo italiano, questa mattina, di concedere il proprio riconoscimento ufficiale.
«La situazione è estremamente delicata - premette il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero - la nascita della Repubblica del Kosovo è stata vissuta con grande attesa dalla popolazione, anche se il modo in cui ci si è arrivati non è sicuramente stato il migliore: con una dichiarazione unilaterale, di fatto decisa e sostenuta da parti di rilievo della Comunità Internazionale, ma senza una assunzione di responsabilità formale e politica in merito e senza arrivare a nessun tipo di accordo con la Serbia. Arrivare all'indipendenza era inevitabile ma arrivarci in altro modo avrebbe sicuramente fatto vivere questo momento con più serenità. Per nove anni l'Amministrazione Internazionale in Kosovo ha impostato l'apparato politico della Provincia come quello di uno Stato, promettendo e anticipando nei fatti l'indipendenza. Negare il riconoscimento ora sarebbe stato un tradimento delle promesse e non avrebbe fatto altro che far esplodere la rabbia e la frustrazione della popolazione».
Le Acli sono presenti dal 1999 in Kosovo, nella zona di Prizren e del sud ovest del paese, tramite la loro ong Ipsia (Istituto per la Pace, lo Sviluppo, l'Innovazione). Attualmente sono attivi due progetti: uno sportello informativo sul tema della migrazione, per facilitare l'integrazione degli emigranti kosovari in Italia ma anche la reintegrazione degli emigrati rientrati nella società kosovara; quindi un progetto di animazione estiva per i bambini delle scuole primarie, a Bresane e a Klina. I cooperanti delle Acli da Prizren hanno raccontato l'attesa e poi l'emozione di questi giorni, i festeggiamenti, i clacson delle auto, le bandiere lungo le strade, le scritte 'Auguri per l'indipendenza' sui balconi, nelle vetrine dei negozi. Le gente nelle piazze a ballare, mangiare e bere birra. Uno striscione appeso sulla facciata della moschea più vecchia, che augura felicità al popolo per l'indipendenza, e lo fa in tre lingue, albanese, turco e serbo.
«Il periodo difficile arriva adesso - spiega il presidente Olivero - Tutti i problemi restano sul campo. La reazione della Serbia, economica e diplomatica, si farà sentire, con il supporto della Russia. Il nuovo Stato dovrà dimostrare che l'identità kosovara non coincide con l'identità etnica kosovaro-albanese e che tutti gli abitanti del nuovo Stato hanno realmente pari dignità e diritti, qualsiasi sia la loro etnia o la loro religione». «Non è possibile non considerare - continua Olivero - che il Kosovo costituirà un precedente, e che basandosi sugli stessi principi altri territori (o parti dello stesso territorio kosovaro) potranno decidere di scegliere unilateralmente l'indipendenza. E non potrà essere accettabile l'impedire con la forza che questo avvenga».
In questo quadro delicato, la Comunità internazionale e l'Europa in particolare dovranno riuscire a fare - sostengono le Acli - «quello che finora, purtroppo, non hanno fatto»: assumersi la responsabilità di guidare e accompagnare le fasi di questo cambiamento perché non diventino traumatiche e pericolose. «L'affermazione unilaterale dell'indipendenza kosovara - spiega il presidente - ha mostrato di fatto il fallimento della mediazione delle Nazioni unite. La reazione in ordine sparso dell'Unione europea, con l'incapacità di arrivare ad una posizione comune sul riconoscimento del nuovo Stato, è stata assolutamente deludente. Ma stavolta l'Europa non potrà permettersi di abdicare, di rinunciare al suo ruolo e alle sue responsabilità. Le popolazioni dei Balcani hanno bisogno di poter contare su un'Europa finalmente unita e politicamente forte. Serbia e Kosovo potranno ritrovare un'unità più grande all'interno di un'Unione capace di far valere i diritti dei popoli e di ciascuna minoranza. L'Italia (qualsiasi sia il Governo del Paese) può e deve svolgere in questo un ruolo determinante. La decisione del Consiglio dei ministri di questa mattina ci sembra andare nella giusta direzione»
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