sabato, febbraio 16, 2008

I temi etici nell’urna

di Francesco Paolo Casavola
Si era cominciato con il richiedere un aggiornamento della legge 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza, rispetto alle evidenze delle esperienze cliniche e delle conoscenze scientifiche. Poi si è passati alla cosiddetta moratoria dell’aborto, formula evocativa della moratoria della pena di morte. Quindi l’episodio del preteso aborto illegale al Policlinico napoletano con intervento della polizia zelantemente allertata. Infine manifestazioni pubbliche di protesta delle donne a difesa del diritto come riconosciuto dalla legge in questione, nonché lettere a giornali, dichiarazioni di personalità, insomma una vera tempesta mediatica, con tutti gli ingredienti opportuni. Né va dimenticato che nel clima elettorale si ventila l’intitolazione di una lista politica, di candidati al Parlamento con programma antiabortista. Il primo sentimento che questa vicenda determina in quanti la vivono come destinatari di notizie dei media è di profondo turbamento. Un evento drammatico nella vita delle donne, ma di riflesso anche della coppia e delle famiglie, quale l’aborto, può diventare così platealmente, in una società democratica e civile, causa di scontro ideologico e partitico? Lungi da noi l’espediente farisaico, di quella falsa saggezza che vorrebbe su argomenti tanto inquietanti il silenzio. Ma si potrebbe discuterne con esperienza di vita e di scienza tra donne, madri mancate e no, tra medici ginecologi ostetrici psicologi assistenti sociali e quanti professionalmente sono coinvolti nell’attività di consultori e di cliniche, con la serietà e la franchezza che il tema richiede?
Innanzi tutto, lo spirito della legge, che voleva trarre l’aborto dalla clandestinità, con maggior danno anche fisico delle donne, aggravata discriminazione sociale tra le abbienti e le povere, per condurlo, con determinati presupposti, nella sfera del lecito, anzi dell’esercizio di un diritto, è stato bene interpretato e ha prodotto gli effetti sociali desiderati? È difficile non riconoscere la positività complessiva della disciplina legale, e anche la buona tecnica della costruzione del suo testo, pregio raro nella legiferazione italiana. Ovviamente nessuna legge è eterna e immodificabile. Qualora se ne voglia un miglioramento, si deve però evitare che non si rovesci in un peggioramento. È altrettanto ovvio che la legislatura da qualche giorno conclusa era la meno adatta ad affrontare una tale impresa, divisa com’è stata tra opposti radicalismi. È auspicabile che il nuovo Parlamento sia più adeguato al compito, ammesso che ne sia investito. Ci sono tuttavia materie, e questo è il caso, in cui le contrapposizioni di partito sono improprie. Nei problemi della vita umana, che si dislocano tra la esistenza personale e i modelli dei comportamenti sociali, è la riflessione etica che deve essere ascoltata dal legislatore. Non facciamo che il dibattito etico si irrigidisca in dogmi irriducibili, riproducendo sulla sua scala il conflitto politico. Se così accadesse, la sorte di una legge nuova o modificata sarebbe affidata all’aritmetica parlamentare o elettoral-refendaria, qualora si volesse tornare a interrogare il popolo. I luoghi della saggezza invece stanno nel dibattito pubblico, libero, critico e competente. Non nelle piazze e nelle strade o nelle associazioni in cui interessi e ideologie alimentano aggressività e intolleranza. Non dimentichiamo mai che una legge rispetto alle attese dei cittadini, non realizza tutto e solo il bene che ciascuno di essi vorrebbe, e neppure, per i pessimisti, il male minore, ma tutto e solo, questo sì, il bene possibile. Francesco Paolo Casavola

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