giovedì, ottobre 04, 2007

La Chiesa e il capitalismo

di Giovanni Bianchi
Hanno suscitato forte attenzione le parole di Benedetto XVI pronunciate il 23 settembre scorso prima in un’ omelia nella cattedrale di Velletri e poi nel tradizionale Angelus a Castelgandolfo a proposito delle responsabilità del sistema capitalistico e della possibilità di trovare un’alternativa a questo modello di organizzazione economica.

Per l’esattezza, parlando nella cattedrale della cittadina laziale e commentando il brano del Vangelo di Luca dove viene narrata la parabola detta dell’ “amministratore infedele” , il Papa aveva detto che la scelta fra Dio e mammona che Gesù impone ai suoi seguaci è in sostanza “la scelta fra la logica del profitto come criterio ultimo nel nostro agire e la logica della condivisione e della solidarietà”, aggiungendo che la logica del profitto “ se prevalente incrementa la sproporzione tra poveri e ricchi, come pure un rovinoso sfruttamento del pianeta”. Prevalendo la logica della condivisione e della solidarietà “ è possibile correggere la rotta e orientarla verso uno sviluppo equo, per il bene comune di tutti. In fondo si tratta della decisione fra l’egoismo e l’amore, fr ala giustizia e la disonestà, in definitiva fra Dio e Satana”. E, rifacendosi al profeta Amos, il Pontefice stigmatizza “chi si lascia assorbire da un’egoistica ricerca del profitto in tutti i modi possibili e che si traduce in una sete di guadagno, in un disprezzo dei poveri e in uno sfruttamento della loro situazione a proprio vantaggio”.

Più tardi, a Castelgandolfo, il Papa è ritornato sull’argomento ha ricordato che, nella visione dell’insegnamento sociale della Chiesa, la logica del profitto e quella dell’equa distribuzione dei beni non sono immediatamente in conflitto, ma che la seconda deve guidare ed orientare la prima, ribadendo che “l’emergenza della fame e quella ecologica stanno a denunciare, con crescente evidenza, che la logica del profitto, se prevalente, incrementa la sproporzione fra ricchi e poveri e un rovinoso sfruttamento del pianeta”. Citando poi l’enciclica di Giovanni Paolo II “Centesimus annus” (scritta nel 1991, e che allo stato rimane l’ultimo solenne atto magisteriale in materia sociale, in attesa che l’attuale Pontefice emani il testo che, a quanto si dice, sta scrivendo) il Papa ha ricordato che il capitalismo non va considerato l’unico modello valido di organizzazione economica. Questa affermazione Benedetto XVI la riconduce direttamente al paragrafo 35 dell’enciclica del suo predecessore, ed è un riferimento importante, perché in quel paragrafo il Papa polacco dice alcune cose di particolare rilevanza. Infatti, lì si dice che grande è lo spazio di impegno e di lotta per le forze sociali e quelle sindacali contro un sistema che per sua natura si basa sulla predominanza del capitale sull’ uomo, e che se la storia ha dimostrato che l’alternativa non poteva essere quella del socialismo reale, che “è stato solo un capitalismo di Stato”, essa poteva trovarsi in una “società del lavoro libero, dell’impresa e della partecipazione”, in sé non alternativa al mercato, il quale deve essere però adeguatamente controllato ed orientato dalle forze sociali e dallo Stato. In questo senso, per l'appunto, il capitalismo non è l’unica forma di organizzazione economica possibile , e che l’alternativa ad esso va costruita, in tempo di globalizzazione, a livello internazionale, e l’impresa non ha come unico scopo quello di assicurare il profitto di chi la dirige, ma trova in ultima analisi il suo scopo più importante in se stessa come comunità di uomini finalizzata alla costruzione di una società più giusta.

Non si tratta qui di inserire il Papa tedesco e quello polacco in un improbabile fronte unico anticapitalista (anche perché ormai sarebbe difficile trovare persone disponibili alla bisogna, anche e soprattutto a sinistra), ma di riflettere sul senso profondo di tali affermazioni. Esse in primo luogo fanno giustizia delle fantasie pseudo – teologiche di chi, sull’una e sull’altra sponda dell’ Atlantico, vorrebbe invece arruolare la Chiesa cattolica in una crociata per l’ Occidente e per il capitalismo.

In pari tempo, esse vengono a costituire un impegno preciso per quei credenti che invece intendono impegnarsi seriamente nella vita sociale e politica per la costruzione di una società più cristiana non perché inalbera crocifissi ad ogni angolo ma perché è maggiormente a misura d’uomo, a partire dall’uomo spogliato della sua dignità e dei suoi diritti (e per trovare situazioni del genere non occorre andare troppo lontano).

Qui però si apre un problema ulteriore, nel senso che ben poco sembra sia stato fatto nel corso di questi anni per rendere consapevoli i cattolici italiani della profondità e dell’ampiezza della sfida sociale che li attende, e della necessità di non adagiarsi in modo acquiescente rispetto alla logica del capitalismo come se essa fosse la più rispondente alle esigenze del messaggio evangelico. L’ insistenza spesso unilaterale e sistematica su questioni pur importanti come quelle eticamente sensibili hanno fatto dimenticare che fra i principi detti non negoziabili vi sono anche quelli relativi all’etica sociale, allo sviluppo sostenibile , alla giustizia verso i più deboli.

Sarebbe importante se questo messaggio risuonasse forte a partire dalla Settimana sociale dei cattolici italiani che si svolgerà nella seconda settimana di questo mese fra Pistoia e Pisa, sebbene le evidenti carenze del documento preparatorio, dominato da uno spirito di autosufficienza clericale purtroppo così diffuso di questi tempi, e la rigida impostazione del programma, che praticamente non lascia alcuno spazio al dibattito, non lascino ben sperare.

E tuttavia è importante che le importanti affermazioni magisteriali trovino orecchie disposte ad ascoltare e persone pronte ad agire, a meno di non voler dare ragione postumamente a Marx ed Engels quando nel “Manifesto del partito comunista” parlavano con sarcasmo del “socialismo cristiano” come dell’ “acqua santa con cui il prete benedice la rabbia degli aristocratici”.



A cura di Lucia Staff Circolo Acli "Ora et Labora"

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