A partire dall'esperienza associativa vissuta nelle ACLI e da quella amministrativa a Napoli e Castellammare di Stabia utilizzo questo spazio per affrontare i temi del dialogo tra le generazioni, del lavoro, della formazione, del welfare, della partecipazione e della loro necessaria innovazione.
domenica, dicembre 04, 2005
MEZZOGIORNO D'ITALIA: OLTRE L’EMERGENZA
Un’agenda del lavoro vista dal Sud
Proponendo nella scorsa primavera un’agenda del Lavoro, le Acli hanno inteso sollecitare un confronto tra le forze sociali del Paese su alcune proposte di interventi sul tema del lavoro alla luce di uno scenario generale di profondi cambiamenti della realtà economica e sociale: creare condizioni concrete per il rilancio dell’occupazione attraverso la riduzione del costo del lavoro, invertire la tendenza alla precarietà, tutelare la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro, favorire l’integrazione degli immigrati, sostanziare i diritti con iniziative concrete di sostegno alla famiglia.
Molti dei temi proposti assumono una specifica rilevanza e, per certi versi, caratteri di maggior emergenza sociale, se visti nel quadro della perdurante difficoltà del nostro Mezzogiorno a ridurre il ritardo di sviluppo rispetto alle altre aree del Paese: ha quindi senso approfondire la discussione alla luce delle più recenti dinamiche economiche e sociali del sud, ma soprattutto affrontando il tema del se e come sia necessario intervenire nel Mezzogiorno con politiche sociali “dedicate”.
È del tutto evidente che l’attenzione al Mezzogiorno ha avuto negli ultimi anni un andamento discontinuo: un sottofondo di richiamo ad una non risolta questione meridionale ha visto di volta in volta, quasi con una logica di pendolo, succedersi allarmi ed inviti a riprendere la logica dell’intervento straordinario ad analisi di segno opposto tese a superare il ricorso a politiche specifiche per il sud e riportare il discorso sull’economia e la società meridionale ad un quadro unitario di politiche nazionali.
Sta di fatto che, con riferimento all’opinione pubblica, di sud si parla quasi sempre per segnalare “emergenze”: povertà, disoccupazione, economia sommersa, carenza di infrastrutture, e soprattutto illegalità e criminalità organizzata.
In una più ristretta cerchia di policy makers e di addetti ai lavori si cerca di mettere in evidenza, con analisi ed approfondimenti più mirati, le dinamiche positive presenti ed il quadro di opportunità che il sud può rappresentare per la crescita complessiva del Paese.
Proporre una “Agenda del lavoro vista da sud” significa muoversi quindi su un doppio binario: assumere consapevolmente i dati oggettivi del divario di sviluppo, sia per quanto riguarda la crescita economica (reddito, imprese, occupazione) sia per quanto attiene alla qualità sociale complessiva (ambiente, istruzione, servizi sociali), individuare i deficit più evidenti ed intensificare le azioni di riequilibrio; identificare un quadro di priorità a partire dalle risorse di cui il sud dispone e sostenere il potenziale di sviluppo che localmente può essere espresso: settori su cui investire, sistemi territoriali che stanno già esprimendo capacità competitiva, fattori di attrazione per investimenti.
Si tratta in altri termini di incidere sia sugli elementi strutturali che frenano lo sviluppo sia sul recupero di fattori di identità culturale e sociale, ricomponendo e mettendo in relazione valori, saperi e tradizioni oggi forse troppo frammentate e disperse nelle realtà locali. Occorre in altri termini far emergere un capitale sociale positivo atto a confrontarsi con le sfide della competizione globale, restituendo anche una rappresentazione del Mezzogiorno meno schiacciata sul capitale sociale negativo dell’illegalità e dell’attesa assistenzialistica.
I temi da affrontare sono molti e complessi. Si possono segnalare: un più deciso investimento sulle risorse umane per arrestare un nuovo ciclo di abbandono del sud da parte dei giovani qualificati, migliorando l’offerta formativa e sostenendo la ricerca e l’innovazione; il sostegno al lavoro contro la precarietà attraverso strumenti di accompagnamento ai segmenti più deboli del mercato del lavoro; il sostegno alla creazione di impresa ed all’autoimprenditorialità e la lotta al sommerso; il rafforzamento dei circuiti di tutela e di rappresentanza; e, infine, la diffusione di un nuovo senso comune sulla legalità.
Giuseppe Avallone
dal sito nazionale delle ACLI (clicca il titolo)
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