Nelle baraccopoli rilevamento delle impronte digitali. Chi ha precedenti verrà espulso
ANNA MARIA ASPRONE Attendono in fila, tranquilli, silenziosi, il loro turno, per ore. Qualcuno si mette in posa per la foto continuando a tenere il suo bimbo allacciato al fianco, altri aspettano pazientemente fuori dalla baracca, sede dell’associazione «Asunen Romalen» (in italiano vuol dire «Sentiteci gente») dove sono stati allestiti i tavoli per il censimento. Una donna rom lascia la sua bambina tra le mani di un funzionario della Prefettura mentre un altro le tinge le dita con l’inchiostro per rilevarle le impronte. È andata avanti così, come una qualsiasi fila alle Poste, la terza giornata di censimento nel campo rom di via Cupa Perillo, a Scampia. Armati di pazienza, nonostante il sole impietoso e il caldo africano, la prima tranche dei circa settecento rom (compresi i ragazzi 14enni e quindi imputabili) che vivono ormai da anni nelle baracche del campo, allestito sotto la Perimetrale di Melito, si sono sottoposti al controllo di identità e alla verifica dei documenti. L’operazione è stata predisposta dal prefetto Alessandro Pansa in qualità di commissario delegato all’emergenza campi rom, in collaborazione con la Croce Rossa, la Protezione civile e la Questura (polizia scientifica). Ma il campo insediato tra la zona dell’ex centrale del latte e la «Piccola Svizzera», una sorta di villaggio costruito da una settantina di rom, poche centinaia di metri più avanti della baraccopoli (ma sempre sotto l’asse mediano), non è l’unico che sarà censito dal pool coordinato dalla prefettura. Ieri le operazioni hanno interessato il campo di via Cupa Perillo e il lotto «Rotonda A» tra Secondigliano e Scampia. Ma ci sono ancora all’incirca una ventina di insediamenti, tra abusivi e autorizzati, dove sarà portata avanti per tutta l’estate il censimento. Saranno effettuate comunque anche altre ricognizioni sul territorio per verificare se ce ne sono altri non registrati. Secondo stime presunte, che troveranno conferma solo a censimento concluso, sono circa 5400 i rom che vivono tra Napoli e provincia, di cui il 60% sono bambini sotto i dieci anni. A questi vanno poi aggiunti i circa 400 rom, che sono stanziali a Caserta mentre per le altre province è quasi impossibile quantificarne la presenza, poiché si tratta di gruppi nomadi che continuano a spostarsi, sfuggendo così a ogni conteggio. «Siamo consapevoli di quello che può scaturire da questo censimento ma siamo contenti che qualcuno si chiede chi siamo, quanti siamo, come e dove viviamo», dice Nihad Smajovic, detto Nino, rappresentante dell’associazione Asunen Romalen. «Da molti mesi siamo nell’occhio del ciclone. Tutti hanno paura di noi - aggiunge - ma viviamo in Italia da più di venti anni e i nostri figli sono nati qui. È vero che tra di noi il 60-70% non ha un regolare permesso di soggiorno, quindi non ha un titolo ufficiale per potersi inserire regolarmente nella società. Ma speriamo che dopo il censimento si possano creare le condizioni per una vita regolare anche per noi». Naturalmente si tratta di un censimento non di una schedatura. Per ora, chi li ha, fornisce i documenti di cui è in possesso. Per gli altri c’è solo il rilevamento delle impronte e la foto. Terminata l’operazione, al rom viene consegnato un attestato corredato dalla foto e dalle sue impronte, un facsimile della scheda preparata dalla Scientifica. Se poi dai controlli successivi all’identificazione, risulterà che qualcuno di loro ha problemi insoluti con la giustizia o non ci sono i presupposti per un’eventuale regolarizzazione, si prefigura l’ipotesi dell’espulsione. «Lo sappiamo - conclude Nino - ma anche noi vogliamo una possibilità concreta per smettere di fuggire e migliorare la vita nostra e il futuro dei nostri figli».
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