sabato, marzo 23, 2013

Effetto crisi: aumentano i poveri. Irpef, in dieci milioni non pagano nulla

Confcommercio: «E' boom di senza reddito ma gli italiani lavorano di più dei tedeschi» 
di Cinzia Peluso da Il Mattino

Seicentoquindici nuovi poveri al giorno. È il pesantissimo conto della crisi presentato da Confcommercio. Destinato a salire ancora, dopo cinque anni di recessione. Quattro milioni, la quota record che il popolo degli indigenti «in assoluto» toccherà alla fine del 2013. Mentre il Pil e i consumi crolleranno. Intanto, metà dei contribuenti nel 2012 ha dichiarato meno di 15.723 euro lordi, meno di 1.300 euro al mese. E un quarto, cioè quasi 10 milioni, non ha pagato nulla al fisco. Secondo le dichiarazioni il 90% ha un reddito che non arriva ai 35.601 euro lordi. E sono solo 28.000 i Paperoni con oltre 300.000 euro. Monta così il disagio sociale. E l’associazione del terziario guidata da Carlo Sangalli, inventa un nuovo indice, il Mic, Misery index Confcommercio, per misurarlo. «Pesati» disoccupazione, cassa integrazione, scoraggiati, variazioni dei prezzi. Ne esce un quadro peggiore di quello dei dati ufficiali. Il boom dei poveri si confronta con i 3 milioni e mezzo certificati ufficialmente dall’Istat. Ma c’è una sorpresa. Gli italiani lavorano più dei francesi e dei tedeschi. Con la differenza che la nostra produttività è più bassa. Cinque anni di crisi hanno quindi bruciato 100 miliardi di Pil. È stato l’effetto di un tonfo della domanda interna per 140 miliardi di euro. E nemmeno l’apporto delle esportazioni per 40 miliardi è riuscito a risollevare il Prodotto nazionale. Per dirla con le pariole di Sangalli, «l’orologio produttivo della nostra economia ha riportato indietro le lancette di quasi tredici anni, fermandosi alle soglie dei primi anni 2000». Ma, per il presidente di Confcommercio il vero problema è che «la crisi economica si sta trasformando in crisi sociale». Aprendo i lavori del forum annuale dell'associazione a Cernobbio, Sangalli ha ammonito che «senza una più robusta domanda interna per investimenti e consumi, l’uscita dal tunnel della crisi per il momento resta un miraggio». E a questo punto «c’è il rischio di mettere a repentaglio la coesione sociale». Ma le statistiche di Confcommercio, elaborate insieme allo Studio Ambrosetti, sfatano anche un falso mito. Gli italiani non sono un popolo di fannulloni. Chi ha un’occupazione lavora davvero. E i numeri parlano chiaro. Nel 2011 lavoratori dipendenti, professionisti e autonomi, in media sono stati impegnati per 1.774 ore a testa. Tradotto in termini percentuali significa il 20% in più dei francesi e il 26% in più dei tedeschi. E c’è anche un’altra sorpresa. Chi si è messo in proprio è ancora più stakanovista. I lavoratori indipendenti, autonomi o professionisti, in Italia lavorano quasi il 50% in più del lavoratore dipendente. In pratica, 2.338 ore contro 1.604. L’equivalente di tre mesi in più, compresi sabati e domeniche. Ma va anche notato che lo stesso fenomeno si verifica negli altri Paesi presi in considerazione dalla ricerca di Confcommercio. Eppure, a dispetto di queste cifre la produttività è bassa. 36 euro per ora lavorata è il prodotto medio dell’Italia. Un po’ più alto rispetto ai 34,6 euro del 1997. Ma di gran lunga più basso dei 44,8 euro per ora della Germania. Un gap che misura il 25% in più a favore dei tedeschi. Anche la Francia si differenzia con i suoi 50,3 euro per ora lavorata. Tradotto in percentuale è il 40% in più dell'Italia. La colpa del divario? È soprattutto di macchine obsolete e tecnologie superate. La crisi, quindi, corre. Appena cinque mesi fa i commercianti prevedevano una discesa del Pil dello 0,7% per quest’anno. Cifra che lievita ora al 2,4%. E che porterà alla chiusura di 90mila imprese nel biennio 2013-2014. E le previsioni annunciano anche una perdita di 1.700 euro per i consumi alla fine dell’anno prossimo. Un quadro che sarebbe ancora più negativo secondo il Codacons: «Quelli che faticano ad arrivare alla fine del mese sono ormai i due terzi della popolazione». Ma per il ministro del Lavoro Elsa Fornero i dati Confcommercio «in una certa misura non sono inattesi» e «il governo ha fatto quello che ha potuto, ha impedito tagli da 20 miliardi per le politiche sociali già previsti dal precedente esecutivo». A proposito di misure, Sangalli lancia un nuovo appello contro l’ipotesi di un aumento dell’Iva. «Sarebbe esiziale per una domanda già in caduta libera», avverte.

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