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Non solo i “peana” in nome della disobbedienza fiscale non hanno attecchito, ma alla fine le casse di Stato e Comuni ci hanno guadagnato più del previsto. L’Imu 2012 ha finalmente i suoi dati ufficiali, presentati ieri a Roma dal Dipartimento delle Finanze. A conti fatti la neonata imposta immobiliare ha incassato complessivamente 23,7 miliardi di euro, di cui 9,9 versati in fase di acconto e i restanti 13,8 in fase di saldo, chiamando alla cassa 25,8 milioni di contribuenti. Un ottimo raccolto, insomma, considerando che le stime della vigilia avevano calcolato un gettito pari a 21,8 miliardi, aumentato in realtà a 22 e mezzo in previsione delle variazioni decise dai Comuni, investiti del potere di incrementare (come anche di abbassare) le aliquote standard predisposte nel “Salva-Italia”. Morale: 1,2 miliardi di incasso “extra”, per il totale di 23,7. “Il grado di evasione è stato pari a quello sull'Ici – ha commentato il sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani – di conseguenza la grande massa dei contribuenti ha capito che era un sacrificio che andava fatto”.
Più nel dettaglio, il gettito sulla prima casa, che ha riunito agli sportelli quasi 18 milioni di contribuenti, ammonta a 4 miliardi, per un prelievo medio di 225 euro ad abitazione. È interessante notare, a questo proposito, che di questi 4 miliardi circa 3,4 miliardi, cioè l’85%, sono dovuti all’applicazione dell’aliquota standard del 4 per mille, suscettibile di modifiche fino a due punti millesimali in aumento o diminuzione. Se ne ricava dunque che i restanti 600 milioni, il 15% del totale, provengono dagli aggravi d’imposta decisi dai sindaci. Dicono i dati che il 17,8% dei Comuni ha innalzato l’asticella del prelievo fino al 5 per mille, mentre un altro 7,5% l’ha aumentata fino al tetto massimo consentito del 6 per mille.
In buona sostanza si è verificata una tendenza pressoché unanime, cristallizzata nei 2/3 dei Comuni che hanno lasciato invariata l’aliquota sulla prima casa inasprendo il prelievo su tutti gli altri immobili. Oltre a questi c’è da infine da segnalare una sparuta minoranza di sindaci “virtuosi” (6,4%) che ha deciso addirittura di abbassare l’imposizione dello 0,1 o 0,2 per mille. Sempre riguardo alle prime case, il Dipartimento delle Finanze pone l’accento sulla progressività dei prelievi, in effetti dall’analisi dei pagamenti emerge come gli importi medi crescano in concomitanza col reddito: fino a 10mila euro, ad esempio, l’importo mediamente versato è stato di 187 euro, mentre per i redditi compresi fra i 26 e i 55mila euro si è pagata un’imposta media pari a 267 euro, fino ad arrivare ai 629 euro versati da chi dichiara importi superiori a 120mila euro.
Quanto alle seconde abitazioni, o comunque agli immobili diversi dalle prime case, nel 2012 gli incrementi comunali d’imposta hanno provocato un aumento complessivo del 22,8% rispetto all’aliquota ordinaria del 7,6 per mille. In virtù dei rincari locali si è quindi arrivati a un prelievo medio del 9,33 per mille, che di fatto conserva un discreto margine di crescita, considerando il tetto massimo consentito del 10,6 per mille. In sostanza, dopo un 2012 nel quale il prelievo si è marcatamente concentrato sulle seconde case e i fabbricati ad uso strumentale, il rischio è che su questa tipologia di immobili possa gravare un ulteriore aumento nel 2013. In particolare potrebbero soffrirne le case locate, per le quali, in caso di tassazione ordinaria, non varrà nel 730/2013 l’esenzione Irpef applicata alle prime abitazioni e le seconde case sfitte.
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