mercoledì, aprile 25, 2012

I cattolici, la Resistenza e l’antipolitica



La grande tragedia italiana dal ’40 al ’43 non fu soltanto il disastro di una guerra perduta che si sarebbe trascinata per due anni sul territorio italiano, non soltanto la distruzione delle città, delle industrie, dei monumenti, non soltanto la dispersione di milioni di persone deportati, prigionieri, profughi, sfollati e fuggiaschi, ma anche e soprattutto il crollo morale, la delusione e la nausea per “la politica”: erano crollati gli ideali del Risorgimento che tenevano in piedi l’Italia unita.
Persone che avevano fatto del patriottismo la loro regola, per i doveri familiari, sociali e politici, si sentivano ingannati perché il patriottismo “fascista” aveva tradito tutti quegli ideali. E con la sua tracotanza banditesca, il fascismo aveva distrutto l’Italia ed essi si sentivano complici ingenui che avevano accettato quella droga, credendo di fare bene.
I cattolici soprattutto si sentivano ingannati perché avevano creduto nel Concordato, si erano illusi che avremmo portato la civiltà cristiana in Etiopia, avevano pensato che si era giustamente combattuto in Spagna per salvare il cattolicesimo perseguitato. Ed avevano persino accettato la guerra, come strumento per realizzare una giustizia fra popoli possidenti e popoli proletari, nonostante l’appello del Papa: “Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra”.
La delusione era grande e tutti pensavano che mai più sarebbero caduti nell’errore di occuparsi di politica, ma piuttosto sarebbero tornati alla indifferenza pre-risorgimentale di curare le proprie cose senza preoccuparsi di come sarebbe stato esercitato il potere dai vincitori.
Invece il naturale atteggiamento caritativo dei cattolici prevalse. Cominciarono a commiserare gli ebrei ingiustamente perseguitati, anche se a quel tempo i cattolici non fossero immuni da un certo antisionismo liturgico. Non potettero rifiutare un po’ di carità per i fuggiaschi ed i dispersi nel momento del “tutti a casa”. Non poterono non mostrarsi ospitali con i prigionieri fuggiti dai campi di concentramento. Accolsero per intima convinzione quelli che erano fuggiti dal reclutamento dei nazifascisti e furono infine solidali con quelli che si opponevano ai rastrellamenti ed alle rappresaglie, fino al punto di partecipare con formazioni proprie alla difesa armata.
Il mondo cattolico rifiutò “l’antipolitica” e si ritrovò protagonista di una Resistenza dura e serena, forte ma non vendicativa, caritatevole ma intransigente. Gli oltre 700 sacerdoti che furono uccisi durante la Resistenza ne furono l’ampia testimonianza. Furono questi valori a riportare i cattolici nell’agone politico, a farne la forza determinante nella redazione della Costituzione, a dare ad essi la primogenitura nella guida di un’Italia nuova.
Ai giorni d’oggi l’Italia è percorsa dalla bufera dell’antipolitica. Non è una bufera sorta per caso e senza colpe. Le dimenticanze, la mancanza di grandi progetti, gli abusi del proprio particolare, l’aver messo al primo posto l’amore per la ricchezza e gli interessi personali, le ruberie dei potenti e la mortificazione dei poveri, gli abusi dei prepotenti ed il rifiuto della giustizia agli onesti, sono le cause della grande crisi.
Ma non dell’antipolitica c’è bisogno, non nella fuga dalle responsabilità c’è la soluzione, non nell’astensionismo c’è il rifugio. C’è invece bisogno di severità con serenità, intransigenza con moderazione, di sacrifici con giustizia, di austerità con saggezza, di decisione con carità, di rinnovamento con responsabilità, di partecipazione con pazienza, di sforzo collettivo con fiducia.
Le virtù positive dei cattolici potrebbero salvare l’Italia e per fare questo può esserci d’esempio il ricordo di quando uniti e concordi partecipammo alla Resistenza e contribuimmo alla redazione della Costituzione, che segnò la rinascita italiana. Sono questi i motivi per cui l’Associazione Nazionale dei Partigiani Cristiani (ANPC) e le ACLI hanno deciso di lavorare insieme per costituire fra i giovani dei “Gruppi di Lavoro per la Resistenza e la Costituzione”, con l’intenzione di tramandare ad essi la grande tradizione politica dei cattolici.

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