lampascione
PRINCIPALI COSTITUENTI:
Amido, cellulosa, fibre solubili (mucillagini*), acqua, zuccheri, sali minerali, vitamine, principi antibiotici, zolfo, olio volatile, antimicrobiche, ecc..
(*) per mucillagini si intende una sostanza che contiene idrato di carbonio, che al contatto con l’acqua si gonfia e genera una sostanza viscosa utile per il nostro intestino in quanto rinfrescante ed emolliente. La sostanza viscosa, o gelatina, inoltre imprigiona gli alimenti rallentando così l’assimilazione di zuccheri e dei grassi.
LE MUCILLAGINI
Sono sostanze amorfe - costituite da polisaccaridi eterogenei che con acqua danno soluzioni colloidali non adesive [a differenza delle gomme]. Sono molto diffuse in natura e vengono estratte dalle piante che le contengono con acqua calda o bollente ma non sono ancora esattamente definite dal punto di vista chimico.
Le mucillagini sono difficilmente conservabili - pertanto vengono commerciate le droghe che le contengono come Altea - Malva - Calendula - Aloe - Psillio - Lino - Ispaghul.
L´azione farmacologica è legata alla capacità di rigonfiarsi in acqua producendo masse plastiche o dispersioni viscose che - se ingerite - possono avere azione lassativa meccanico-osmotica. Usate esternamente in impacchi hanno azione protettiva e antiinfiammatoria su cute e mucose lese.
Nella pratica fitoterapica le mucillagini sono sicure e hanno poche controindicazioni - si possono utilizzare efficacemente nei casi di stitichezza associata a stati infiammatori e nella stitichezza in gravidanza.
PROPRIETÀ:
Rinfrescante, diuretico, emolliente, lassativo, stimolante generale e degli organi digestivi, stimola l’appetito e attiva le funzioni gastriche, stimola la secrezione biliare, pulisce gli intestini (previene il cancro intestinale per la sua azione antipudrida). E' anche dotato di un buon potere diuretico, antinfiammatorio e antimicrobiche, particolarmente utile nei casi di infiammazione della vescica e dell'intestino, ma anche antimicrobiche e antifungine verso batteri e ceppi di funghi del genere candida del biofilm (una comunità di batteri associati fra loro).
Uso esterno: pestato e con l’aggiunta di un po’ di miele può essere impiegato per accelerare la maturazione dei foruncoli, ascessi e ogni altra infezione sottocutanea purulenta.
ATTENZIONE
Coloro che amano andare in campagna per rifornirsi di lampascioni, non credo che abbiano bisogno di consigli. Mentre coloro che vogliono avventurarsi in questa piacevole, seppur faticosa, passione vorrei solamente avvisarli di fare estrema attenzione alla possibile confusione che si potrebbe fare con i bulbi del COLCHICO (Colchicum autunnale) essendo quest’ultimo molto velenoso.
DA SFATARE: Alcune credenze popolari, attribuiscono a questo Bulbo poteri afrodisiaci. Non perdete tempo perché l'eventuale effetto benefico dei lampascioni è irrilevante, ai fini afrodisiaci, rispetto a quello molto più deciso dell'aglio.
LAMPASCIONI bulbi di passione
Scava, scava che qualcosa viene fuori. Questo avrà pensato il primo raccoglitore di bulbi che si ritrovò quasi a 40/50 cm sotto terra un cipollotto di forma tondeggiante e di colore rosso che Oribasio, medico greco di Bisanzio (403-325- a.C ) chiamò lampascione, tradotto in tardo latino diventa lampadio, lampiadonis, quindi lampada. La forma a lampadina pare che l’abbia, ma come avranno fatto a pensare alla lampadina senza avere la corrente elettrica? Misteri del cibo.
Ricercato anche per le sue presunte proprietà afrodisiache il lampascione acquista un posto di rilievo nei trattati di medicina e nelle diete proposte dai padri della medicina “Il bulbo commestibile. Il bulbo commestibile è noto a tutti come cosa che si può mangiare; salutare per lo stomaco, libera l’intestino, è rossastro e viene importato dalla Libia; è amaro, simile alla scilla, più salutare per lo stomaco, favorisce la digestione. Tutti sono aspri, danno calore e eccitano al rapporto sessuale…”. cosi lo descrive nel suo “De medicinali materia” Dioscoride Pedanio (medico greco del I secolo d. C.). Anche Galeno ne decanta le virtù ma mette in allarme per le flautenze che questo comporta. ”I bulbi sono di difficile cottura ma molto nutrienti e salutari per lo stomaco; inoltre sono purgativi e indeboliscono la vista, ma sono eccitanti nei rapporti sessuali.
Il proverbio dice: Per niente ti gioverà il bulbo se non hai vigore. In realtà sono afrodisiaci tra loro quelli chiamati regali, che sono superiori agli altri, tra i quali quelli rossastri. Invece quelli bianchi e quelli della Libia sono simili alla scilla; i peggiori tra tutti, però, sono quelli egiziani”. Il poeta Ovidio ne consiglia l’uso nelle arti amatorie dando anche un punteggio sulle qualità della provenienza “ Ecco, ti darò anche, per usare ogni dono della medicina, i cibi da evitare e da seguire. Il bulbo della Daunia o quello mandato a te dalle coste della Libia, ti sarà comunque nocivo. Nondimeno è opportuno evitare le afrodisiache ruchette e tutto ciò che prepara i nostri corpi all’amore, mettendo al primo posto quello derivante da Megara, poi quello della Libia e quindi quello della Daunia. Classificazione confermata anche da Plinio nel suo Naturalis Historia dove annota che ” I bulbi di Megara stimolano al massimo grado il desiderio amoroso”. E’ facile immaginare la corsa dei pazienti all’acquisto e ai mercanti e venditori alla speculazione sul prodotto tanto che l’imperatore Diocleziano ne impose addirittura il prezzo nel 301 d.C. nella sezione “de oleribus et pomis”. Quindi grande rispetto e considerazione per questo bulbo rosso, pietanza prelibata il cui uso nel Sud Italia è testimoniato a Roma in età antica, dove i Romani erano soliti offrirlo come cibo augurale nei pranzi nuziali per il suo potere afrodisiaco ed a corte nel tardo medioevo per le sue proprietà curative dello stomaco e del corpo. Tempo in cui i bulbi africani allora sul mercato valevano esattamente il doppio rispetto ai quelli di produzione italica. Nonostante i Romani avevano riempito di strade tutto l’impero, il prezzo di trasporto per mare era di due denari per miglio/tonnellata, quello per terra di cinquanta denari, oggi è esattamente l’opposto e i nostri lampascioni si sono presi, a distanza di parecchi secoli, la loro brava rivincita su quelli africani, quando si dice che la globalizzazione non fa bene!
Oggi il lampascione lavorato ha un costo abbastanza alto anche perché , a differenza di altri sottaceti o sott’oli, necessita di una lavorazione esclusivamente manuale che porta a un notevole incremento del prezzo di vendita. Anche se la migliore tradizione prevede che il lampascione venga cotto sotto la cenere e, una volta pulito, semplicemente condito, oppure fritto e condito con mosto cotto. In insalata, fritto in pastella, al forno col capretto, preparato con vino bianco e pancetta , legato a tocchi di salsiccia "a punta di coltello", oppure con pomodorini invernali appesi, origano e pecorino... il lampascione diventa una prelibatezza e, sinceramente, forse davvero invita alla goduria più sfrenata.
Lampascione, tesoro pugliese
salutare e versatile in cucina |
di Ezio Zigliani |
È durante un tour della Puglia che ci imbattiamo in uno dei prodotti più tipici di questa regione: il lampascione della Murgia. A finire sulle nostre tavole è in verità il bulbo di questo cipollotto selvatico imparentato con l’aglio che cresce, spontaneamente, nelle terre pugliesi e della Basilicata. A presentarci il lungo e meticoloso lavoro che anticipa la messa in vaso è la Famiglia De Carlo dell’omonimo frantoio di Bitritto (Ba).
Il lampascione può essere utilizzato in diverse ricette, ma per protrarre la conservazione è diffusa la messa sott’olio, rigorosamente extra vergine d’oliva: dopo la raccolta, manuale, i piccoli bulbi vengono puliti dalla terra e sottoposti a una lunga lessatura (che aiuta a eliminare parzialmente il sapore amarognolo che li caratterizza), al termine della quale si procede con un ulteriore eliminazione delle parti danneggiate. A differenza di altri sottaceti o sottoli il lampascione necessita di una lavorazione esclusivamente manuale che porta a un notevole incremento del prezzo di vendita. Esternamente la pianta è riconoscibile da foglie brevi e sottili sulle quali spicca un grappolino di fiori violacei. La tradizione prevede anche che il lampascione venga cotto sotto la cenere e, una volta pulito, semplicemente condito.
Chi invece coltiva direttamente nel suo orto i lampascioni è Pietro Zito, noto chef de “Antichi Sapori” a Montegrosso (Ba), recentemente reduce dalla 5a edizione di “Identità Golose”: in questo caso la ricetta presentata, in apertura a un menu luculliano, è il lampascione fritto (nella foto). Così come per la messa in vaso, prima della cottura in olio, è necessario lasciare i bulbi in ammollo per diverse ore. Assaggiamo i lampascioni fritti abbinati a una pennellata di Vincotto, un preparato tipico della Puglia derivante dalla cottura del mosto. Ne mangeremmo a decine, ma quando qualcuno ci avverte che oltre alle tante virtù esistono anche effetti collaterali, decidiamo di rinviare al giorno dopo la seconda razione.
I lampascioni hanno infatti anche particolari proprietà emollienti e lassative: i dietologi li consigliano, assieme ad altri vegetali fibrosi, a coloro che soffrono di stitichezza. Se consumato è un prodotto particolarmente ipocalorico, presenta diversi flavonoidi (dei composti polifenolici metaboliti secondari delle piante) e, secondo studi medici, aiutano ad abbassare i grassi e gli zuccheri del sangue, a prevenire la formazione di trombi e a ridurre la pressione.
Pietro Zito, che non ama essere definito chef, nei suoi mille menu, strutturati per la maggiore sull’utilizzo di prodotti locali ed erbe selvatiche, propone il lampascione anche al forno: uno dei suoi piatti conosciuti è il Tegame di agnello della Murgia al forno con lampascioni, patate e sponsale. |
Il Lampascione nella cucina di Puglia e Basilicata
Il lampascione, nella cucina tradizionale pugliese e lucana, si prepara dopo aver ripulito i singoli bulbi di ogni traccia di terra e di radici, e dopo averli tenuti in acqua per circa un'ora (per consentir loro di perdere il liquido - amaro - che trasuderanno dopo essere stati "sbucciati").
I bulbi vanno cucinati interi, ma dopo averli intaccati nella parte inferiore (quella più larga) con un coltello, in maniera diversa a seconda della preparazione, che può essere in padella semplice, in padella con le uova o sott'olio.
Nei primi due casi andranno incisi con numerosi tagli perpendicolari a formare una stella dalle molte punte, di modo che durante la cottura possano aprirsi come piccoli fiori. In tal modo possono essere stufati in padella con un coperchio, aggiungendo solo olio e poco sale, e schiacciandoli leggermente col dorso di una forchetta, oppure soffritti (poco), poi schiacciati leggermente con la forchetta e infine uniti alle uova sbattute con la sola aggiunta di un pizzico di sale.
Incisi invece con una semplice croce, i lampascioni possono essere bolliti in acqua e aceto (una parte di acqua e una di aceto) con l'aggiunta di circa due pugni di sale grosso per 5 litri d'acqua. Una volta raffreddati potranno essere posti in olio di oliva senza altri aromi, o con l'aggiunta di aromi quali timo, origano e peperoncino.
Si tratta di un prodotto che in tutte le preparazioni va cucinato con molta semplicità, poiché il già forte sentore di amaro è sufficiente a dargli il tipico carattere che fa di questa radice una vera leccornia per gli intenditori. I lampascioni hanno un profumo dolciastro e aromatico, e un sapore che coniuga una decisa nota amara con un retrogusto dolce molto rotondo e delicato.
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