venerdì, giugno 25, 2010

QUEI NUOVI ITALIANI SENZA CITTADINANZA

http://www.piuvoce.net/newsite/articolo_opinionista.php?id=180


L`Agenda per crescere: includere le nuove presenze

QUEI NUOVI ITALIANI
SENZA CITTADINANZA
L’immigrazione è una risorsa (da gestire con cura, perché le persone sono più preziose ma anche più delicate dei diamanti e del petrolio). Lo si è detto spesso, malgrado la “cattiva stampa” che spesso, per ragioni di bottega politica, colpisce gli stranieri che vivono nel nostro Paese. Ma forse non si è ancora abbastanza riflettuto sul contributo demografico che gli immigrati danno alla crescita dell’Italia e sulle sue importanti conseguenze. Se ne avvede invece, traendone le opportune valutazioni, il Documento preparatorio per la 46ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che ai figli dei nostri immigrati dedica il titolo “includere le nuove presenze”.
I bambini ed i ragazzi stranieri regolarmente soggiornanti in Italia erano, al dicembre 2009, circa 900mila. Tra questi, 520 mila erano quelli nati nel nostro Paese. Li conosciamo già molto bene, perché li vediamo assieme ai nostri figli e molti di loro frequentano le nostre parrocchie ed oratori, provenendo in maggioranza da famiglie di fede cristiana.
Tutti loro, comunque, condividono con i bambini e i ragazzi italiani della loro stessa età gli impegni, i desideri, i problemi, i sogni, le mode e le angosce di una cittadinanza in formazione, affidata per la sua piena riuscita agli adulti di oggi. Questi ragazzi parlano l’italiano meglio della lingua del paese di origine, che in molti casi nemmeno conoscono. La loro inflessione dialettale è veneta in Veneto e siciliana in Sicilia.
L’Italia è dunque l’unico Paese nel quale questi ragazzi possano davvero identificarsi, a condizione che non ne siano tenuti ai margini; ed è comunque un Paese dal quale non andranno via né per scelta né per obbligo. Perciò sarebbe bene non trattarli solo come ospiti. Essi rappresentano infatti una grande possibilità di sviluppo per il nostro Paese, ma potrebbero anche costituire un problema se il sentimento di appartenenza alla società italiana non verrà assecondato, sostenuto e radicato in loro con opportune strategie.
Ecco perché l’attuale legge sulla cittadinanza, almeno riguardo ai bambini che nascono o comunque crescono in Italia, andrebbe cambiata. Così com’è, infatti, essa costituisce una vera bomba ad orologeria che potrebbe scoppiare, con grave danno per tutti, col crescere delle seconde e terze generazioni di stranieri/italiani.
Oggi l’unica significativa disposizione che riguarda le “seconde generazioni” è quella che consente loro, se nati in Italia, di chiedere la cittadinanza al compimento del diciottesimo anno, ma non più tardi del diciannovesimo compleanno, purché dimostrino il possesso continuativo sia del permesso di soggiorno che della residenza anagrafica dalla nascita sino al momento dell’acquisizione della cittadinanza italiana.
È questa una norma che funziona poco e male. Le poche proiezioni disponibili ci dicono infatti che su 100 ragazzi nati in Italia e qui ancora residenti al compimento dei diciotto anni sono ben 42 quelli che rimarranno stranieri anche dopo la maggiore età e nonostante l’intera vita trascorsa in Italia; o perché non hanno, tutta intatta, la continuità di residenza anagrafica e di soggiorno per tutti e 18 gli anni, oppure perché i loro genitori non erano ancora regolarmente soggiornanti al momento della nascita.
È un dato preoccupante, perché significa, ad esempio, che solo nel 2009 vi sono stati circa 19mila diciottenni stranieri nati e vissuti in Italia che sono rimasti stranieri. Se poi proiettiamo i dati del 2009 sino al 2014, avremo almeno 200mila tra i 18 ed i 30 anni di nati e residenti nel Paese che non saranno italiani. Se infine vi aggiungessimo i loro coetanei nati all’estero ma vissuti in Italia da quando ancora non avevano compiuto 6 anni, ne otterremmo forse una città di 450mila stranieri/italiani (o pochi di meno, se i meccanismi di naturalizzazione per residenza dovessero funzionare meglio del solito).
Un grande fenomeno di “decrescita di cittadinanza” ci attende dunque nel prossimo futuro ed è esattamente il contrario di ciò di cui avremmo bisogno. Per questa ragione un appello per una nuova legge nell’interesse del Paese è stato lanciato da Caritas Italiana, Fondazione Migrantes, A.C.L.I., Comunità di Sant’Egidio, Fondazione Centro Astalli, e Comunità Papa Giovanni XXIII. Chi vuole sottoscriverlo – visto che, tra l’altro, proprio in questi giorni il Parlamento tornerà a discutere di cittadinanza - può farlo anche telematicamente su www.santegidio.org

Paolo Morozzo della Rocca

Paolo Morozzo della Rocca
Ordinario di Diritto Privato,
Università di Urbino
Comunità di Sant`Egidio

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